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Visualizza la versione completa : Appunti, riflessioni, interrogativi e …cardellini nostrani. - G.Monaco



gmonaco
11-10-09, 16: 24
Da una discussione tra amici.
Letture, discussioni, esperienze dirette ci pongono spesso davanti a situazioni che ci costringono a dover fare delle scelte. Scelte che molte volte se non ben ponderate possono pregiudicare o limitare il risultato di un anno di lavoro.
Capita frequentemente che un allevatore illustra il tipo di alimentazione che fornisce ai propri beniamini e ancora più frequentemente, non esita a precisare che sta semplicemente trattando del risultato di proprie intuizioni, esperienze o anche ricerche e rimanda a chi ascolta o legge l’ultima parola. Dopo anni che si va ripetendo, ormai con monotonia, questa diffusa convinzione, sarebbe opportuno convogliare tutte le energie per giungere ad un risultato utile. Statistico o meno la differenza sarebbe interamente colmata dal fatto che giungendo a qualcosa di obiettivamente condivisibile, il neofita, ma non solo lui, potrebbe beneficiare di un corretto riferimento. Le somministrazioni, le frequenze, la varietà degli alimenti così disparati se messi a confronto inducono a credere abbastanza realisticamente, nel pieno rispetto delle intuizioni e delle esperienze di ognuno, che i nostri animaletti hanno notevoli capacità di adattamento anche alimentari. Escludendo il periodo della riproduzione ed in particolare l’allevamento dei pulli, ho avuto l’opportunità di vedere uccelli in buona salute anche in condizioni alimentari estreme. La scarsa quantità e varietà di semi offerti non intaccava minimamente né la loro vitalità né la compostezza del piumaggio. Scontato che questi due indizi siano sufficienti per indicare uno stato di salute ottimale. Al contrario ho conosciuto allevatori, in questo specifico caso mi riferisco a piccoli allevatori, che nonostante dedicassero ai loro beniamini tutte le attenzioni alimentari del caso, non riuscivano ad ottenere risultati soddisfacenti né in termini di salute né di piumaggio. Da questa riflessione si può giungere a qualche prima considerazione: incide maggiormente l’alimentazione o la consolidata robustezza del soggetto? L’allevatore su cosa deve puntare, sulla quantità (…sempre a disposizione una vaschetta di…), sulla qualità o sulla varietà? Molte, forse troppe volte, i risultati nei vari allevamenti, anche involontariamente sono raffrontati a quelli che si raggiungono con razze allevate da decenni. Orientando il confronto verso l’allevamento del canarino finiamo addirittura fuori pista. Viceversa, e continuo a ribadire nel pieno rispetto delle convinzioni di ogni allevatore, esistono in tema di allevamento delle certezze accertate. Indugiamo quindi sull’introduzione di soggetti di cattura in allevamento.
Quanti e quali problemi riemergono? Non occorrono forse diversi anni di selezione per superare i problemi di mortalità che insorgono nelle prime generazioni? Uova chiare, morti embrionali, decessi nei primi giorni di vita o in fase di muta, non sono forse tutte da mettere in conto? Tenendo fuori tutte le problematiche relative alle varie patologie. Fermo restando che anche in questo caso andrebbe accertato, in relazione alla vetustà di allevamento della specie, quale problema potrebbe essere definitivamente ridotto o vanificato attraverso una determinata alimentazione o altri espedienti. In quale misura l’insuccesso di una data alimentazione può aver pregiudicato uno stato di salute non al top? I problemi più importanti nascono da un adattamento tuttora in atto alla vita captiva o la colpa è tutta da ricercarsi nell’alimentazione fornita, nelle mancata somministrazione di farmaci, nell’insalubrità dell’ambiente di allevamento? E’ corretto ricercare le soluzioni dei nostri insuccessi solo nelle problematiche appena esposte e non dare rilevanza al tempo trascorso dall’inizio dell’allevamento di quella determinata specie? La gestione disinvolta dell’allevamento va esclusa, ma è pensabile che svariate problematiche saranno cancellate solo dalla pazienza e dal tempo? Solo il ricorso ad alchimie riesce a volte ad invertire un percorso ormai segnato. Ma quando il ricorso a tale pratica inizia ad avere una certa frequenza, quale dote ereditaria sarà trasferita alla prole? L’allevamento con una porticina della cassetta del pronto soccorso che si apre e si chiude continuamente quale garanzia futura può offrire? Non è forse una mirata selezione l’arma vincente?
Per ritornare sui soggetti di cattura non possiamo non considerare anche le cause non ascrivibili a nostri comportamenti. Quando introduciamo nel nostro allevamento un soggetto proveniente da un altro aviario, sappiamo quando l’ultimo progenitore selvatico del soggetto acquisito è stato immesso nel suo ceppo?
Riporto due affermazioni di un vecchietto che ho conosciuto e che ho ascoltato più volte per amplificare l’assoluta negatività di certe pratiche. Questo signore ha vissuto un periodo della sua vita durante il quale, lo affermava con decisione ciò che cito testualmente “i cardellini m’impazzivano”. All’epoca se li procurava principalmente prelevando le uova dai nidi per farle covare dai canarini. Così come andava affermando che i cardellini lo facevano impazzire senza alcun entusiasma e con convinzione andava però ripetendo che “mai un cardellino mi è venuto buono”. Nell’ibridazione e con il canto aveva avuto risultati apprezzabili solo acquistando soggetti di cattura. Sosteneva che, a differenza del cardellino nato in gabbia (con il suo sistema), quello di cattura era maggiormente temprato.
Ritornando sull’alimentazione. Nel tempo si è consolidata la mia convinzione che poiché l’impegno maggiormente profuso ai nostri amici alati, è quello dedicato alla somministrazione di semi ed alimenti vari, siamo così condizionati da sconfinare e portati a credere che la salute del soggetto, quindi tutto il suo ciclo vitale, dipenda quasi esclusivamente dall’alimentazione. Se così non fosse, probabilmente non si farebbe ricorso a certi luoghi comuni:
ü Semi appetiti e semi non appetiti.
ü E’ una forzatura somministrare nuovi semi solo dopo che le vaschette contengono solo bucce, non è forse una forzatura miscelare nel beverino tutto quanto si ritiene possa essere utile?
ü Questo seme possiede determinate proprietà non deve mancare mai.
ü Talaltro seme è troppo grasso quindi deve essere impiegato solo in una determinata percentuale. Anche se, magari dopo aver stabilito le varie percentuali e preparato in modo maniacale la miscela dei semi, si butta via tutto prima che nelle vaschette siano presenti solo le bucce.
ü Il tale alimento o seme lo fornisco a giorni alterni, ogni tre giorni, una volta a settimana oppure sempre a libera disposizione. Manca solo il modo di somministrare: non ancora pervenuto.
ü La soffiasemi non va utilizzata perché andiamo ad operare su semi che possono essere stati inquinati dalle feci, oppure se ne consiglia l’utilizzo anche perché spolvera ulteriormente i semi.
ü Non parliamo poi delle varie manipolazioni e delle aggiunte che subiscono i pastoncini del commercio.
Una vera babele.
Per concludere. Tralasciando queste più o meno acquisite ma discordanti convinzioni, ritorno sull’adattamento della specie con una personale esperienza relativa a cardellini nostrani e canarini. Soggetti alimentati, ma più in generale, gestiti allo stesso modo. Cosa che non può assolutamente avere rilevanza statistica e deve essere presa come una semplice narrazione di un avvenimento per una libera riflessione.
Ecco in sintesi il comportamento delle coppie che hanno prima allevato in purezza poi baliato l’altra specie e poi ritornate in purezza, nella stessa stagione riproduttiva.
Riferisco quindi di comportamenti riscontrati nelle stesse coppie e nella stessa stagione cove, perché ho voluto personalmente accertami delle risposte a situazioni invertite nello stesso periodo cove. Evitando di dare voce a conclusioni che mi avrebbero potuto condurre ancora più lontano dalla realtà, se avessi rimandando all’anno successivo l’inversione dei compiti di allevamento delle medesime coppie.
Nello stesso periodo cove ho quindi riscontrato e non in una sola coppia, risposte totalmente diverse ad una invariata linearità comportamentale di allevamento della prole. Ecco i fatti nello specifico.
Passando dall’allevamento in purezza all’allevamento baliato, sia per i cardellini nostrani che per i canarini e viceversa, questi i risultati: uova di cardellini provenienti da una coppia che aveva allevato in purezza, passate alla canarina non hanno portato a nessun risultato. Le uova lasciate alla coppia di cardellini, stesso risultato: i pulli tutti morti ugualmente a pochi giorni dalla schiusa. La stessa cardellina nella successiva covata (quarta) ha poi superbamente baliato tre canarini.
La coppia di canarini che non era riuscita ad allevare neanche un cardellino, con un’altra covata, ancora nel ruolo di balia, ha allevato e svezzato un’intera covata di cinque soggetti provenienti dalla stessa coppia. Mai ho variato l’alimentazione anche in presenza di questo evidente andamento altalenante.
I casi negativi che ho registrato, non facendo ricorso ad alcun accertamento veterinario, saranno stato l’effetto di chissà quale causa ma, semplicisticamente, le insufficienti difese di un ceppo ancora esposto a problemi di adattamento non possono essere dimenticate.
Alimentazione, ambiente e farmaci, che per irrevocabile scelta non uso, anche se costituissero l’eccellenza del mio piccolo allevamento, oggi sicuramente non basterebbero a ricondurre i miei nostrani ad una ordinarietà di comportamento che potrebbe solo somigliare a quello dei consimili in natura.
Giuseppe Monaco

Pantaleo Rodà
11-10-09, 19: 19
Ciao gmonaco...concordo pienamente con tutto quello che dici. Senza selezione ed adattamento delle specie alla vita captiva imposta loro dall'uomo oggi non avremmo tutta l'enorme varietà e la facilità di allevamento delle varie specie domestiche (credo che nessuno direbbe che ci sia la stessa facilità di allevamento di un cane o di un lupo!). Solo che non tutti la pensano a questo modo e le discussioni andranno avanti all'infinito...almeno così ci sono argomenti di cui discutere![[[]]]