marco cotti
28-02-08, 09: 27
Il Passero del Giappone è uccello che si presta più di ogni altro ad essere impiegato nell'allevamento degli Astrildidi ed i giapponesi furono i primi ad utilizzarlo a questo fine, seguiti ben presto dagli europei.
Come è noto, nel 1960 l'esportazione degli uccelli dall'Australia venne proibita per giuste ragioni protezionistiche.
Lo studio del comportamento animale era ancora agli inizi ed i prodotti alimentari disponibili sul mercato non avevano raggiunto l'elevato standard attuale, per cui si fu obbligati a ricorrere a qualsiasi mezzo per riprodurre specie ornitiche delicate e rare.
Intervenne a questo punto il Passero del Giappone che, prodotto di reincroci, non è in possesso di specifiche caratteristiche etologiche e non ha espresso caratteristiche semantiche originali nei propri pulii pur avendo (reincrocio sin che si vuole, ma è un uccello) assunto dalle forme parentali ancestrali il carattere appreso dell'accettazione e del riconoscimento della prole in funzione del luogo in cui questa si trova, e cioè il nido (per la discussione, cfr. TRUFFI, 1980).
Si adatta così con estrema facilità a covare le uova e ad allevare i piccoli di tutte le specie di Astrildidi a becco grosso ed anche alcune di quelle a becco sottile che pure gli sono filogeneticamente meno vicine.
Unica condizione per il positivo esito dello svezzamento è che si tratti di uccelli che nei primi giorni di vita non richiedano tassativamente un'alimentazione strettamente insettivora. Anche in questo caso però il risultato può non essere compromesso se si dispone di soggetti preventivamente abituati ad alimentarsi almeno in parte con prede vive, che somministreranno così ai nidiacei loro affidati.
Decisivo, perché l'allevamento abbia luogo, è l'impiego di Passeri del Giappone che abbiano uova o piccoli allo stesso stadio di sviluppo di quelli dei quali devono prendersi cura.
E' però consigliabile sostituire le loro uova e trasferire ad altri i loro piccoli ad evitare che la stessa coppia debba dedicarsi contemporaneamente all'allevamento dei propri nidiacei (che sarebbero immancabilmente meglio alimentati ed accuditi, almeno in linea di larga massima) e di quelli di altre specie. Da quando, l'allevamento dei diamanti australiani si è rivelato economicamente positivo, le coppie di riproduttori vengono isolate ed alloggiate in gabbie da cova (a volte anche piuttosto anguste) ponendo loro a disposizione nidi rudimentali in cui le femmine depongono uova che vengono regolarmente sottratte e passate alle balie per la cova e lo svezzamento, procedimento che provoca una ovideposizione più numerosa di quanto non si verificherebbe se i genitori naturali dovessero accudire alla propria nidiata.
Si tratta però di una selezione totalmente negativa perché innesca un processo paragonabile a quanto avviene nell'allevamento dei polli o delle quaglie condotto su scala industriale.
I piccoli Astrildidi appena sgusciati dall'uovo vengono imprintizzati dalla specie che vedono per prima (e questo irreversibile processo si verifica in un breve spazio di tempo) e che di loro si occupa; in natura quindi dai propri genitori, nella situazione che stiamo esaminando dai Passeri del Giappone. Nel corso dell'allevamento le cose procedono a tal punto che i giovani svezzati da questi ultimi saranno in seguito incapaci di accoppiarsi con i propri conspecifici, manifestando una netta tendenza preferenziale a scegliere i Passeri del Giappone (con i quali per ef*fetto dell'imprintizzaziane finiscono per identificarsi) come partners sessuali.
E' questo uno dei motivi per cui negli allevamenti amatoriali di uccelli esotici si incontrano facilmente tanti ibridi con il Passero del Giappone, dovuti il più delle volte al caso.
Le balie perciò, ai fini di un corretto allevamento, vanno usate solo in casi estremi e quando non esiste nessun'altra possibilità, per sopravvenuti imprevisti motivi, di salvare uova o nidiacei ed anche in questo caso occorre poi drasticamente isolare i giovani non appena raggiunta l'indipendenza ed allontanare dalla loro vista i genitori adottivi a svezzamento avvenuto.
E' chiaro che le positive caratteristiche di domesticità evidenziate hanno fatto del Passero del Giappone un soggetto ideale per l'ibridazione amatoriale. Quasi sempre sono state impiegate le femmine, proclivi alla deposizione senza difficoltà alcuna, accoppiate a maschi di altre specie, tutte però appartenenti alla famiglia degli Astrildidi.
Le vecchie notizie risalenti ad oltre cinquant'anni fa (e mai più riconfermate) relative ad avvenute ibridazioni con il Canarino domestico e forse altri uccelli del genere Serinus appaiono in verità scarsamente credibili.
Elencare le ibridazioni ottenute di cui esiste traccia nella letteratura (non in tutti i casi affidabile) non è cosa semplice e fatalmente si corre il rischio di presentare dati incompleti oppure di prestare a certe notificazioni, necessitanti di verifica, più credibilità di quanto nella realtà non meritino.
Praticata anche negli allevamenti italiani, tanto è vero che alle esposizioni vengono presentati F 1 di notevoli caratteristiche che giustamente ottengono lusinghieri riconoscimenti, l'ibridazione del Passero del Giappone si è sviluppata in tre differenti direzioni.
La prima, con precisi intendimenti scientifici e sistematici (scuola tedesca, e molto dobbiamo in questo senso al Russ, che se ne occupò alla fine del secolo scorso) per stabilirne le origini.
La seconda (scuola tedesca in un primo tempo, successivamente olandese e danese ed ultimamente ancora tedesca) volta alla ricostruzione di soggetti monocolori scuri e con nette squamature sulle parti inferiori allineate e precise come previsto dai più rigorosi standards di eccellenza, anche se forse attualmente un po' lontani dallee realtà di allevamento tanto è vero che i criteri di giudizio tedeschi prevedono in ogni categoria sia soggetti con disegno sia a ventre chiaro e non disegnato.
La terza, di scuola latina (se così si può affermare, dato che assolutamente nulla di concreto è stato fatto se non lasciando che il caso si sbizzarrisse a suo piacere) si è sviluppata senza alcuna finalizzazione razionale e tendendo a produrre ibridi ai soli fini espositivi, appaganti sotto il profilo estetico, giudicati in relazione alla maggiore o minore estrinsecazione delle caratteristiche delle specie che hanno contribuito alla loro realizzazione.
Analizziamole in dettaglio.
Allevato dai giapponesi sin dagli inizi del 1700 (e in un tempo relativamente breve arrivarono a selezionarne oltre quaranta varietà, tutte abbastanza stabilmente fissate) e di probabile provenienza cinese, il Passero del Giappone fece la sua prima comparsa in Europa ad una esposizione inglese nel 1860. Successivamente il Russ ne importò alcune coppie in Germania negli ultimi anni dell'ottocento e ne curò l'allevamento, rendendolo se non popolare almeno abbastanza conosciuto con il pubblicarne note pertinenti su una rivista amatoríale da lui diretta.
Lonchura malabarica cantans
Lonchura punctulata
Per lungo tempo si è ritenuto che all'origine avessero contribuito incroci fra specie e sottospecie asiatiche e persino africane, quali il Domino Lonchura punctulata ed il Becco d'argento Lonchura malabarica cantans, dato che questi uccelli sotto certi aspetti presentano caratteri fenotipici di disegno e colore che richiamano ab*bastanza da vicino quelli del Passero del Giappone. Da qui la tesi ancora oggi diffusa di " uccello artificiale ".
La letteratura è invece attualmente concorde nell'affermarne la diretta discendénza dal Cappuccino a coda lunga Lonchura striata, anch'esso da lungo tempo presente allo stato captivo negli allevamenti amatoriali asiatici.
Lonchura striata
Il Cappuccino a coda lunga presenta un'ampia suddivisione in sottospecie e razze geografiche, che hanno tra loro differenze più o meno marcate. Le stesse variazioni si riscontrano nel disegno scuro del Passero del Giappone e non furono inizialmente notate forse perché nei primi ottant'anni del suo allevamento come uccello da gabbia tutte le attenzioni erano dedicate a produrre soggetti pezzati di bianco. Con la domesticazione tutti gli animali manifestano prima o poi uno schiarimento del pelo o delle penne perché non necessitano più di protezione mimetica in quanto già protetti dall'uomo.
Originariamente si ebbero solo alcune parti del piumaggio di colore bianco che a seguito dell'allevamento di selezione si estesero sino allo schiarimento totale con tutte le gradazioni intermedie, da una preponderanza delle zone di colore scuro ad una preponderanza di quelle chiare. Per consentirci di identificare l'effettiva derivazione e collocazione di questi Astrildidi domestici è necessario fare riferimento ad alcune differenze di certe razze originarie di Lonchura striata, i cui areali, ricavati da ALI e RIPLEY (1974) e da CHENG ( 1976 ) sono riportati in cartina.
segue...
Come è noto, nel 1960 l'esportazione degli uccelli dall'Australia venne proibita per giuste ragioni protezionistiche.
Lo studio del comportamento animale era ancora agli inizi ed i prodotti alimentari disponibili sul mercato non avevano raggiunto l'elevato standard attuale, per cui si fu obbligati a ricorrere a qualsiasi mezzo per riprodurre specie ornitiche delicate e rare.
Intervenne a questo punto il Passero del Giappone che, prodotto di reincroci, non è in possesso di specifiche caratteristiche etologiche e non ha espresso caratteristiche semantiche originali nei propri pulii pur avendo (reincrocio sin che si vuole, ma è un uccello) assunto dalle forme parentali ancestrali il carattere appreso dell'accettazione e del riconoscimento della prole in funzione del luogo in cui questa si trova, e cioè il nido (per la discussione, cfr. TRUFFI, 1980).
Si adatta così con estrema facilità a covare le uova e ad allevare i piccoli di tutte le specie di Astrildidi a becco grosso ed anche alcune di quelle a becco sottile che pure gli sono filogeneticamente meno vicine.
Unica condizione per il positivo esito dello svezzamento è che si tratti di uccelli che nei primi giorni di vita non richiedano tassativamente un'alimentazione strettamente insettivora. Anche in questo caso però il risultato può non essere compromesso se si dispone di soggetti preventivamente abituati ad alimentarsi almeno in parte con prede vive, che somministreranno così ai nidiacei loro affidati.
Decisivo, perché l'allevamento abbia luogo, è l'impiego di Passeri del Giappone che abbiano uova o piccoli allo stesso stadio di sviluppo di quelli dei quali devono prendersi cura.
E' però consigliabile sostituire le loro uova e trasferire ad altri i loro piccoli ad evitare che la stessa coppia debba dedicarsi contemporaneamente all'allevamento dei propri nidiacei (che sarebbero immancabilmente meglio alimentati ed accuditi, almeno in linea di larga massima) e di quelli di altre specie. Da quando, l'allevamento dei diamanti australiani si è rivelato economicamente positivo, le coppie di riproduttori vengono isolate ed alloggiate in gabbie da cova (a volte anche piuttosto anguste) ponendo loro a disposizione nidi rudimentali in cui le femmine depongono uova che vengono regolarmente sottratte e passate alle balie per la cova e lo svezzamento, procedimento che provoca una ovideposizione più numerosa di quanto non si verificherebbe se i genitori naturali dovessero accudire alla propria nidiata.
Si tratta però di una selezione totalmente negativa perché innesca un processo paragonabile a quanto avviene nell'allevamento dei polli o delle quaglie condotto su scala industriale.
I piccoli Astrildidi appena sgusciati dall'uovo vengono imprintizzati dalla specie che vedono per prima (e questo irreversibile processo si verifica in un breve spazio di tempo) e che di loro si occupa; in natura quindi dai propri genitori, nella situazione che stiamo esaminando dai Passeri del Giappone. Nel corso dell'allevamento le cose procedono a tal punto che i giovani svezzati da questi ultimi saranno in seguito incapaci di accoppiarsi con i propri conspecifici, manifestando una netta tendenza preferenziale a scegliere i Passeri del Giappone (con i quali per ef*fetto dell'imprintizzaziane finiscono per identificarsi) come partners sessuali.
E' questo uno dei motivi per cui negli allevamenti amatoriali di uccelli esotici si incontrano facilmente tanti ibridi con il Passero del Giappone, dovuti il più delle volte al caso.
Le balie perciò, ai fini di un corretto allevamento, vanno usate solo in casi estremi e quando non esiste nessun'altra possibilità, per sopravvenuti imprevisti motivi, di salvare uova o nidiacei ed anche in questo caso occorre poi drasticamente isolare i giovani non appena raggiunta l'indipendenza ed allontanare dalla loro vista i genitori adottivi a svezzamento avvenuto.
E' chiaro che le positive caratteristiche di domesticità evidenziate hanno fatto del Passero del Giappone un soggetto ideale per l'ibridazione amatoriale. Quasi sempre sono state impiegate le femmine, proclivi alla deposizione senza difficoltà alcuna, accoppiate a maschi di altre specie, tutte però appartenenti alla famiglia degli Astrildidi.
Le vecchie notizie risalenti ad oltre cinquant'anni fa (e mai più riconfermate) relative ad avvenute ibridazioni con il Canarino domestico e forse altri uccelli del genere Serinus appaiono in verità scarsamente credibili.
Elencare le ibridazioni ottenute di cui esiste traccia nella letteratura (non in tutti i casi affidabile) non è cosa semplice e fatalmente si corre il rischio di presentare dati incompleti oppure di prestare a certe notificazioni, necessitanti di verifica, più credibilità di quanto nella realtà non meritino.
Praticata anche negli allevamenti italiani, tanto è vero che alle esposizioni vengono presentati F 1 di notevoli caratteristiche che giustamente ottengono lusinghieri riconoscimenti, l'ibridazione del Passero del Giappone si è sviluppata in tre differenti direzioni.
La prima, con precisi intendimenti scientifici e sistematici (scuola tedesca, e molto dobbiamo in questo senso al Russ, che se ne occupò alla fine del secolo scorso) per stabilirne le origini.
La seconda (scuola tedesca in un primo tempo, successivamente olandese e danese ed ultimamente ancora tedesca) volta alla ricostruzione di soggetti monocolori scuri e con nette squamature sulle parti inferiori allineate e precise come previsto dai più rigorosi standards di eccellenza, anche se forse attualmente un po' lontani dallee realtà di allevamento tanto è vero che i criteri di giudizio tedeschi prevedono in ogni categoria sia soggetti con disegno sia a ventre chiaro e non disegnato.
La terza, di scuola latina (se così si può affermare, dato che assolutamente nulla di concreto è stato fatto se non lasciando che il caso si sbizzarrisse a suo piacere) si è sviluppata senza alcuna finalizzazione razionale e tendendo a produrre ibridi ai soli fini espositivi, appaganti sotto il profilo estetico, giudicati in relazione alla maggiore o minore estrinsecazione delle caratteristiche delle specie che hanno contribuito alla loro realizzazione.
Analizziamole in dettaglio.
Allevato dai giapponesi sin dagli inizi del 1700 (e in un tempo relativamente breve arrivarono a selezionarne oltre quaranta varietà, tutte abbastanza stabilmente fissate) e di probabile provenienza cinese, il Passero del Giappone fece la sua prima comparsa in Europa ad una esposizione inglese nel 1860. Successivamente il Russ ne importò alcune coppie in Germania negli ultimi anni dell'ottocento e ne curò l'allevamento, rendendolo se non popolare almeno abbastanza conosciuto con il pubblicarne note pertinenti su una rivista amatoríale da lui diretta.
Lonchura malabarica cantans
Lonchura punctulata
Per lungo tempo si è ritenuto che all'origine avessero contribuito incroci fra specie e sottospecie asiatiche e persino africane, quali il Domino Lonchura punctulata ed il Becco d'argento Lonchura malabarica cantans, dato che questi uccelli sotto certi aspetti presentano caratteri fenotipici di disegno e colore che richiamano ab*bastanza da vicino quelli del Passero del Giappone. Da qui la tesi ancora oggi diffusa di " uccello artificiale ".
La letteratura è invece attualmente concorde nell'affermarne la diretta discendénza dal Cappuccino a coda lunga Lonchura striata, anch'esso da lungo tempo presente allo stato captivo negli allevamenti amatoriali asiatici.
Lonchura striata
Il Cappuccino a coda lunga presenta un'ampia suddivisione in sottospecie e razze geografiche, che hanno tra loro differenze più o meno marcate. Le stesse variazioni si riscontrano nel disegno scuro del Passero del Giappone e non furono inizialmente notate forse perché nei primi ottant'anni del suo allevamento come uccello da gabbia tutte le attenzioni erano dedicate a produrre soggetti pezzati di bianco. Con la domesticazione tutti gli animali manifestano prima o poi uno schiarimento del pelo o delle penne perché non necessitano più di protezione mimetica in quanto già protetti dall'uomo.
Originariamente si ebbero solo alcune parti del piumaggio di colore bianco che a seguito dell'allevamento di selezione si estesero sino allo schiarimento totale con tutte le gradazioni intermedie, da una preponderanza delle zone di colore scuro ad una preponderanza di quelle chiare. Per consentirci di identificare l'effettiva derivazione e collocazione di questi Astrildidi domestici è necessario fare riferimento ad alcune differenze di certe razze originarie di Lonchura striata, i cui areali, ricavati da ALI e RIPLEY (1974) e da CHENG ( 1976 ) sono riportati in cartina.
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