Alamanno Capecchi
24-06-11, 16: 47
In una bella mattina estiva del 1875 si lesse sui giornali che erano apparse nella provincia di Verona nuvole di cavallette devastatrici ; e che dietro ad esse erano arrivati branchi di uccelli dalle piume splendide, non mai prima veduti. Quegli uccelli si stabilirono poi nella provincia, distrussero le cavallette, nidificarono, ed allevati i figliuoli, partirono. Adempiuta la loro missione provvidenziale, scomparvero per sempre.
Tutti, scienziati e dilettanti d'ornitologia, si posero in moto... Alle cavallette dunque, alle cavallette soltanto dovea attribuirsi l'improvvisa apparizione.
Eccone il racconto.
Il giorno 3 di giugno, verso le quattro pomeridiane, gli abitanti di Villafranca veronese, uno dei comuni più colpiti dal tremendo flagello, furono chiamati fuori delle loro case a contemplare un maraviglioso spettacolo. Prima un manipolo di diciotto o venti, poi un branco di cento, poi un esercito di quattordici o quindicimila ... giunsero nel paese, e fra grida infinite occuparono le alte mura del vecchio e diroccato castello. Era una investigazione sommaria dei luoghi, a cui una potenza misteriosa li aveva indirizzati. Giunta la sera, si dispersero; e quelli di Villafranca pensavano con rammarico di non doverli più rivedere, quando verso le tre antimeridiane del giorno successivo furono svegliati dai gridi assordanti di tutta la colonia già di ritorno, la quale in quell'ora mattutina prese possesso definitivo del castello, coprendone i tetti e le mura in guisa da farli comparire tinti de' suoi colori, viventi della sua vita.
La scena da clamorosa diventò battagliera. I nuovi arrivati, colla preponderanza della audacia e del numero, cominciarono subito a cacciar lontano dai loro buchi i vecchi e pacifici abitatori di quei luoghi. Storni, Passere, Rondini, Colombi, tutti furono travolti, dopo combattimento lungo ed ostinato, in fuga precipitosa. Terminata la battaglia contro gli stranieri, i vincitori litigarono tra loro per accaparrarsi i posti migliori; ed ebbero soltanto pace dopo essersi distesi dal castello ( dice il De Betta da cui traggo questa storia) ai tetti delle case adiacenti, circa per la metà del paese, e dopo avervi rinnovato ad ogni passo la lotta per la cacciata delle Passere, delle Rondini …
Allogatisi finalmente, con sollecitudine incredibile si diedero a ripulire gli alberghi conquistati ; ne gettarono fuori sassi, cocci, immondizie, scheletri di animali morti, grandi e piccoli ; poi nel giorno 5 di giugno cominciarono a fabbricarvi i nidi. Questi ( è sempre il De Betta che li vide e che ne parla) riempivano in lungo e in largo ciascun domicilio; rozzamente composti di legnetti, di ramoscelli, di paglia, di fieno, di gramigna e di altre erbe secche, incavati nel mezzo, contenevano fino dal giorno 17 del giugno istesso cinque o sei ova, bianche di colore, con leggiera tendenza al verdognolo. Della gioia, anzi dell'ebbrezza dei bene scossi congiungimenti non mi fermo a parlare; accadevano a qualunque ora; e narrano di qualche coppia, che nell'estasi di quel felice istante, immemore di sé e del mondo, cadde sulla via pubblica e lasciossi prendere senza difficoltà.
Intanto i pulcini sbocciarono felicemente dall'ovo, e si presentarono prosperosi alla nuova patria. I vecchi ne avevano la massima cura; dall'alba erano in movimento per provveder loro il cibo; e s'alternavano in tale fatica per l'intiera giornata ; partivano uniti a bande di trenta o quaranta, e così uniti rientravano, portando ampia raccolta di cavallette a casa. Nei primi giorni di luglio finì l'allevamento; e i giovani uscirono subito fuori, vestiti della fosca divisa infantile. Poco stettero quindi a cominciare i preparativi della partenza. Nella mattina del 12 luglio tutti fecero un'improvvisa e generale volata alla campagna, donde giunta la sera, non ritornarono; nel pomeriggio del 13 si raccolsero in numero stragrande a congresso negli orti del castello; e finalmente nel giorno 14 diedero l'ultimo addio a Villafranca, emigrando verso il mezzogiorno a piccole fermate, lasciando in lutto il paese, lasciando desolati cacciatori e trafficanti, che avevano venduto fino a diciotto lire per coppia questi bellissimi uccelli, in barba alle nostre leggi.
L’autore, che ha tratto questa storia dal De Betta, ormai lo conoscete: ha uno stile inconfondibile.
L’ uccello “misterioso”? Il Temminck lo “chiamava” Pastor …
Tutti, scienziati e dilettanti d'ornitologia, si posero in moto... Alle cavallette dunque, alle cavallette soltanto dovea attribuirsi l'improvvisa apparizione.
Eccone il racconto.
Il giorno 3 di giugno, verso le quattro pomeridiane, gli abitanti di Villafranca veronese, uno dei comuni più colpiti dal tremendo flagello, furono chiamati fuori delle loro case a contemplare un maraviglioso spettacolo. Prima un manipolo di diciotto o venti, poi un branco di cento, poi un esercito di quattordici o quindicimila ... giunsero nel paese, e fra grida infinite occuparono le alte mura del vecchio e diroccato castello. Era una investigazione sommaria dei luoghi, a cui una potenza misteriosa li aveva indirizzati. Giunta la sera, si dispersero; e quelli di Villafranca pensavano con rammarico di non doverli più rivedere, quando verso le tre antimeridiane del giorno successivo furono svegliati dai gridi assordanti di tutta la colonia già di ritorno, la quale in quell'ora mattutina prese possesso definitivo del castello, coprendone i tetti e le mura in guisa da farli comparire tinti de' suoi colori, viventi della sua vita.
La scena da clamorosa diventò battagliera. I nuovi arrivati, colla preponderanza della audacia e del numero, cominciarono subito a cacciar lontano dai loro buchi i vecchi e pacifici abitatori di quei luoghi. Storni, Passere, Rondini, Colombi, tutti furono travolti, dopo combattimento lungo ed ostinato, in fuga precipitosa. Terminata la battaglia contro gli stranieri, i vincitori litigarono tra loro per accaparrarsi i posti migliori; ed ebbero soltanto pace dopo essersi distesi dal castello ( dice il De Betta da cui traggo questa storia) ai tetti delle case adiacenti, circa per la metà del paese, e dopo avervi rinnovato ad ogni passo la lotta per la cacciata delle Passere, delle Rondini …
Allogatisi finalmente, con sollecitudine incredibile si diedero a ripulire gli alberghi conquistati ; ne gettarono fuori sassi, cocci, immondizie, scheletri di animali morti, grandi e piccoli ; poi nel giorno 5 di giugno cominciarono a fabbricarvi i nidi. Questi ( è sempre il De Betta che li vide e che ne parla) riempivano in lungo e in largo ciascun domicilio; rozzamente composti di legnetti, di ramoscelli, di paglia, di fieno, di gramigna e di altre erbe secche, incavati nel mezzo, contenevano fino dal giorno 17 del giugno istesso cinque o sei ova, bianche di colore, con leggiera tendenza al verdognolo. Della gioia, anzi dell'ebbrezza dei bene scossi congiungimenti non mi fermo a parlare; accadevano a qualunque ora; e narrano di qualche coppia, che nell'estasi di quel felice istante, immemore di sé e del mondo, cadde sulla via pubblica e lasciossi prendere senza difficoltà.
Intanto i pulcini sbocciarono felicemente dall'ovo, e si presentarono prosperosi alla nuova patria. I vecchi ne avevano la massima cura; dall'alba erano in movimento per provveder loro il cibo; e s'alternavano in tale fatica per l'intiera giornata ; partivano uniti a bande di trenta o quaranta, e così uniti rientravano, portando ampia raccolta di cavallette a casa. Nei primi giorni di luglio finì l'allevamento; e i giovani uscirono subito fuori, vestiti della fosca divisa infantile. Poco stettero quindi a cominciare i preparativi della partenza. Nella mattina del 12 luglio tutti fecero un'improvvisa e generale volata alla campagna, donde giunta la sera, non ritornarono; nel pomeriggio del 13 si raccolsero in numero stragrande a congresso negli orti del castello; e finalmente nel giorno 14 diedero l'ultimo addio a Villafranca, emigrando verso il mezzogiorno a piccole fermate, lasciando in lutto il paese, lasciando desolati cacciatori e trafficanti, che avevano venduto fino a diciotto lire per coppia questi bellissimi uccelli, in barba alle nostre leggi.
L’autore, che ha tratto questa storia dal De Betta, ormai lo conoscete: ha uno stile inconfondibile.
L’ uccello “misterioso”? Il Temminck lo “chiamava” Pastor …