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marco cotti
15-03-12, 14: 52
CONSIDERAZIONI NELLA STORIA DEL DIAMANTE MANDARINO IN ITALIA

(Club dell'esotico - News n°83 2011)

Non è il primo anno che tengo diverse coppie di D.M. in allevamento, per cui tirando le dovute considerazioni sull'andamento riproduttivo di questa specie, devo riconoscere che negli ultimi anni il numero dei novelli è alquanto ridotto, per cui occorre che analizzi più a fondo il mio sistema di allevamento, come ritengo che altri allevatori debbano fare. Se torno indietro di molti anni, diciamo
I primi anni sessanta , non posso altro che ricordare questo tipo di allevamento come molto semplice e con un numero di novelli più che soddisfacente.
In questi anni il D.M. d'allevamento in Italia era poco più grande di un D.M. di Timor. Le mutazioni allora conosciute erano: il grigio, il "fulvo", il bianco, i}pezzato e si iniziavano a vedersi i primi soggetti "mascherati", di cui allora non si conosceva il tipo di eredità che questa nuova mutazione possedeva nel suo patrimonio genetico.
Con i primi D.M. "mascherati", i più scaltri e attenti allevatori capirono che da questi soggetti si ottenevano, usando il maschio della mutazione, delle femmine molto chiare. Il passo successivo fu quello di ibridare questi maschi con altri esotici australiani per ottenere degli ibridi femmine di colore chiaro, il che voleva dire a quel tempo vincere nelle principali mostre italiane, approfittando della novità del nuovo colore.
Un grande ibridista di quel periodo fu e continuò ad esserlo per vari anni l'amico Gatti Edgardo di Ferrara, con cui ho dialogato a lungo e imparato tantissimo per quanto riguarda gli ibridi fra i Diamanti Australiani.
Non mi vergogno di dire oggi che in quel periodo fui molto perplesso sull'ottenimento di tali ibridi di sesso femminile e nessun maschio di quel colore; chiaramente compresi che tale fattore mutato era legato al sesso, ma non mi era chiaro come il fattore di diluizione agisse e in quale percentuale.
Gli I.E.I. di allora si fondavano su una conoscenza molto limitata, ove s ava per noto e per scontato l'esistenza di soggetti mutati dal fattore albino, lutino, si ventilava la definizione di "fulvo", riferita a fattori mutati che interessavano in particolare turgidi di cattura e in qualche passere, i pezzati, su cui si discusse moltissimo su come tale fattore doveva interessare l'intero piumaggio del soggetto in quanto tali esemplari erano piuttosto frequenti nelle mostre di quel periodo. Successivamente venne pubblicato il libretto dedicato al D.M. e le sue mutazioni,scritto da Ciryl Rogers, in cui facevano bella mostra alcune tavole a colori riproducenti alcune mutazioni.
Quelle indicazioni contribuirono notevolmente ad aprire le nostre conoscenze su muta zioni e colori diversi. In contrapposizione a tutto ciò nel gruppo I.E.I. di allora prevalse un netto e significativo rifiuto nel non voler allargare i criteri di giudizio aggiornandoli a quanto di nuovo e tecnico i paesi del nord avevano già recepito e messo in pratica. In merito ai nostri allevatori italiani occorre ricordare che questi effettuavano un tipo di allevamento in colonie, vale a dire in voliera, per cui l'assortimento ottenuto dalle diverse coppie che presentavano varie mutazioni, davano luogo a figli dal colore di base quasi sempre simile al tipo ancestrale e portatori di diversi fattori mutati che nel tempo erano destinati ad estinguersi. Col tempo qualcosa compariva nel fenotipo, il più di ogni fattore mutato era insito, ma non manifestato.
Sicuramente questo era il peggior modo per cercare di selezionare una mutazione, la forma e la taglia dei soggetti.
Moltissimi erano i piccoli allevati, ma la loro qualità era alquanto scadente sotto i punti di vista che riguardavano il fenotipo.
Nei primi anni settanta fui tanto ingenuo da accettare la presidenza dell'allora Gruppo di Specializzazione (l'attuale C.T.N.). Il temine ingenuo va riferito al fatto che personalmente riponevo nei giudici I.E.I. di allora, una fiducia e una stima sulle loro presunte conoscenze nel merito tecnico, mentre non mi rendevo conto che la loro posizione era poco incline all'accettare nuove proposte mirate al riconoscimento di nuove mutazioni.
In quell'anno ricevetti da parte della Signora Trocini M. Cristina, successivamente divenne giudice I.E.I. per lungo tempo, fino alla sua immatura scomparsa, una proposta in cui mi chiedeva essendo il Presidente del Gruppo di Specializzazione I.E.I., di prendere in considerazione il riconoscimento di alcune mutazioni che interessano il D.M. e formulare dei criteri di giudizio nel merito. Anche se non condivisi per intero l'insieme delle varie proposte che riguardavano la descrizione del fenotipo di alcune mutazioni, quali ad esempio il Petto Nero, in quanto la proposta e le relative foto allegate, portavano a mio avviso, nel definire l'insieme della mutazione in modo errato; in quanto le foto riproducevano dei soggetti di forte carenza alimentare per cui la "melanizzazione" era distribuita in forma diversa da soggetto a soggetto e in quantità variabile.
Decisi con piacere di mettere all'ordine del giorno del direttivo del Gruppo I.E.I. i vari contenuti positivi, tali e quali come erano stati proposti e formulati dalla Signora Tirocini.
Il mio intendimento era mirato a cercare di iniziare una discussione di ordine e natura tecnica sui D.M. , per aprire uno spiraglio al nuovo, al tecnicismo, alla realtà evidente che vedeva le altre federazioni europee già allineate su questi livelli.
Questi argomenti furono ripetutamente messi all'ordine del giorno per tre riunioni consecutive, ottenendo sempre quale riscontro la desolante risposta evasiva e diplomatica nel rinviare a tempi più lontani il tutto, con la motivazione espressa dagli allora consiglieri e dal Presidente del Collegio I.E.I., che se si fosse approvato il tutto o parte di esso, il Collegio I.E.I. si sarebbe esposto a critiche sul giudizio del D.M. in mutazione, per cui poteva essere controproducente esporsi su tali giudizi, non valeva la pena inutili rischi e critiche, cosi dissero loro.
Inutile dire che pochi mesi dopo riflettendo su quei risultati e su quelle motivazioni, oltre ad altri dettagli su argomentazioni tecniche, naturalmente senza ottenere alcun esito favorevole, consegnavo nelle mani del Presidente della F.O.I. il mio mandato quale Presidente del Gruppo di Specializzazione I.E.I., motivando il gesto per l'inettitudine e la mediocrità il Collegio Direttivo I.E.I. voleva e intendeva restare. Mai più diedi la mia disponibilità ad incarichi all'interno degli I.E.I.
Ricordo nel merito, che diverse Federazioni europee avevano già riconosciuto e standardizzato diverse mutazioni del D.M. e di altri esotici di comune allevamento. Con un minimo di modestia e di buona volontà bastava prendere atto di quanto pubblicato all'estero e trarne delle facili conclusioni.

Nel tempo successivo nacque un Club del D.M. nella zona attorno a Conegliano (Veneto), in cui si integrarono vari allevatori del D.M., apportandovi delle conoscenze allora all'avanguardia, in quanto tenevano in considerazione quanto era stato visto nelle mostre europee.
Per intenderci erano gli anni in cui si discuteva sul tipo di nome da assegnare a quei soggetti "diluiti", che essi si ostinavano a chiamare "argento", dal termine Silver in uso in particolare in Germania.
Contemporaneamente, grazie allo spirito d'iniziativa e capacità dimostrata al Club e dall'A.O.N. che stava facendo i primi tentativi per ottenere nelle loro mostre specialistiche un buon numero di D.M., in particolare al socio Russo e al socio Giorgio Truffi di cui ricordiamo un piccolo manuale dedicato a questo esotico.
Forse in quell'epoca nacque il primo approccio con il tecnicismo che il termine mutazione meritava.
Nel 1977 in concomitanza con lo svolgimento dei campionati Italiani in Faenza,ove fece la prima apparizione il Club dell'Esotico con il suo primo "mini-mercato" dell'esotico. Col passare degli anni nel suo operato il Club dell'Esotico si trovò al suo interno un giovane allevatore che nell'impatto con il Club abbandonò l'allevamento dei canarini Gloster e si dedicò anima e corpo all'allevamento in selezione del D.M., studiandone a fondo i principi attivi genetici che ogni mutazione poteva dare nel fenotipo per arrivare a un soggetto tipo, di buona qualità.
E' doveroso ricordare l'importanza di questo personaggio che risponde al nome di Giovanni Agostani ha avuto nello sviluppo e diffusione dei D.M. in Italia; tutti ricordiamo con stima e infinita riconoscenza le doti principali che questo allevatore ci ha trasmesso e insegnato, quale l'acuta intelligenza nel capire e comprendere con estrema facilità lo sviluppo tecnico e applicativo delle varie mutazioni presenti all'epoca. Un grazie di cuore con sincera riconoscenza a nome mio e credo a tutti gli allevatori di D.M.. Quegli anni furono i più vivi e proficui per il D.M., con il contributo del gruppo di Torino a cui faceva capo il compianto Giudice I.E.I. Greco Ubert, di grande spessore tecnico, i lombardi con Gaffurri, Perego, Brambilla, ai toscani Bardi, Pieri e tanti altri bravissimi allevatori.
Nel Collegio I.E.I. si stava distinguendo per la sua praticità e capacità tecnica l'amico fraterno Giudice Internazionale Gianni Ficeti, sempre attento e impegnato anche attualmente nella veste di Presidente della C.T.N. - I.E.I. , al riordino degli standard del D.M., in particolare; da alcuni anni un altro Giudice ha preso a cuore le sorti del D.M., nelle vesti di allevatore-espositore, di componente di pieno titolo della C.T.N. - I.E.I., di Giudice l'amico di tutti Manuele Piccinini, credo che attualmente sia il più completo e concreto tecnico nell'attuale mondo dei D.M. in generale.
Ci tengo a ricordare in questo scritto, quale augurio per il loro futuro da esperti di D.M. e di Giudici I.E.I., il giovane Stefano Angelini e l'ancor più giovane Alessandro Valicelli, oggi affermati allevatori e espositori, domani auguro a loro una felice affermazione nel nostro mondo, io ci conto personalmente e pertanto li invito a prepararsi ad assumersi le future responsabilità tecniche del D.M..
Non si può non ricordare che per arrivare allo stato attuale, oggi più che soddisfacente, che tutto ciò è costato impegno, delusioni, e anche tanta volontà nel credere sul futuro di questo esotico, sono stati quindici anni a partire dai primi anni ottanta, che hanno segnato gli anni più oscuri e vuoti del settore I.E.I. per quanto concerne il D.M. e altro. Anni che si "illuminarono" con la pubblicazione, da parte della C.T.N., di tre diversi standard in anni successivi ed ognuno di questi scritti descrivevano degli standard di alcune mutazioni con poca o quasi nullo riscontro con la realtà di allevamento. Furono momenti di grande confusione, di malcontento, di rabbia per quanto ci era dato leggere in quelle disposizioni di natura tassativa per il giudizio dei D.M.. Andare a giudicare era diventato una umiliazione, un affronto al tecnicismo, una continua formulazione di ricorsi (da parte dello scrivente) senza mai ottenere un riscontro in merito.
Ricordo tutto ciò perché io in quegli anni contestai quegli scritti, mettendo nero su bianco, e mai accettando quegli standard fuori da ogni logica e riscontro tecnico; ripeto che per tre volte furono rifatti e la morale è stata chi io sono uscito dal Collegio I.E.I., gli altri (quelli che deliberarono gli standard) sono ancora all'interno del Collegio, anche se godono di una considerazione tecnica alquanto discutibile. Anche per questo mi è difficile capire la posizione e i fini della F.O.I..
Oggi, grazie alla particolare attenzione e capacità dell'attuale C.T.N. - I.E.I., al non trascurabile impegno del Club dell'Esotico, per il tramite del Club Zebravinken organizzatore delle tre principali mostre specialistiche in Italia, stiamo vivendo un periodo positivo ricco per il numero dei soggetti esposti, ad una presenza qualitativa riferita al fenotipo, veramente buona.. In cinque-sei anni si sono ottenuti dei risultati migliorativi veramente soddisfacenti. piciamo quindi veramente grazie a tutti questi personaggi fin qui ricordati, ma non di ;peno ringraziamo i nostri allevatori impegnatissimi nello svolgere una accurata selezione presso i propri allevamenti.
Attualmente esistono molti presupposti per far si che il D.M. in mutazione possa aspirare ad una ancor maggiore diffusione presso gli allevatori di esotici, per giungere ad un maggior numero di soggetti esposti almeno nelle tre sopraccitate mostre organizzate sotto l'egida dal Club Zebravinken.
Dovendo tirare alcune considerazioni personali, ritengo che manchi allo stato attuale un piccolo incitamento finale mirato innanzi tutto su un Club del D.M. di maggior consistenza numerica di soci, una consistente maggior presenza di articoli tecnici nella nostra rivista NEWS, e su ILO. organo ufficiale della F.O.I, più partecipazione alle esposizioni nelle tre mostre specialistiche del Club, una maggior consistenza numerica delle categorie a concorso nelle più importanti mostre, (almeno tre mostre per Raggruppamento) e per finire, non ultimo per importanza, una massiccia partecipazione degli allevatori alle riunioni tecniche che si dovranno svolgere presso le principali mostre specialistiche.
Il Diamante Mandarino è in procinto di decollare, di occupare all'interno dell'ornitologia tutta (F.O.I.-CLUB) quello spazio che si merita, che gli compete e per cui noi ci siamo impegnati in prima persona.

Terenzo Forgani