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marco cotti
16-10-08, 08: 39
La basilare importanza attuale e prospettica dell'ibridazione nel contesto dell' ornitofilia
di G. P. Mignone

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Premessa

L'interesse vivissimo che ho sempre avuto per la storia selettiva e il ruolo fondamentale dell'ibridazione nel contesto dell'ornitofilia, la ferma convinzione che brevi descrizioni della genesi evolutiva della selezione (mi richiamo, in particolare, ai miei libri ed i miei articoli sull'Harzer e sul Malinois, editi dall'Encia) servono potentemente a fissare l'attenzione di chi legge, mi hanno consigliato di scrivere questo mio primo lavoro per «IL MONDO DEGLI UCCELLI» sulla genesi selettiva ornitofila e sull'apporto fondamentale e determinante dato ad essa dall'ibridazione.

Gli studi di Mendel

Dal 1854 al 1868 gli studenti della scuola secondaria di Briinn (l'odierna Brno, in Cecoslovacchia) ebbero per insegnante di fisica e di storia naturale l'abate Agostiniano Johann Gregor Mendel (1822-1884. Si v. SII Mondo degli Uccelli» n. 2 1975 pagg. 22-23), al secolo Padre Giovanni.



Nel suo tempo libero, il monaco coltivava piselli nell'orto del monastero; queste leguminose, peró, non servivano per i pasti del refettorio, ma addirittura per studiare le leggi dell'eredità genetica.

Coltivando parecchie varietà di tale pianta (a fiori rossi o bianchi, a seme liscio o rugoso, ecc.), Mendel li incrociava fra loro, studiandone la relativa discendenza nelle varie generazioni.
Nel corso di otto anni, Mendel coltivó ed esaminò ventimila piante di piselli; l'8 febbraio 1865 comunicava i suoi risultati alla locale Società Scientifica, redigendo anche una poderosa memoria che venne pubblicata l'anno dopo sotto il titolo: Versuche ueber Pflanzenhybrìdenu (Ricerche 'sugli ibridi tra piante) nelle Verhandlungen d. Naturforschenden Vereins in Brúnn (Atti dell'Associazione Naturalisti di Brno, allora Bruno) voi. IV, 1866; ristampata negli stessi Atti al voi. XLIX, 1911.

In questa sua memoria (quarantasette pagine in tutto), il Mendei dà notizia di alcune modalità ben definite e relative alla trasmissione ereditaria dei caratteri: esse sono ora conosciute come leggi di Mendel.



Questa memoria fu dimenticata e fu riscoperta 34 anni dopo nel 1900 simultaneamente e indipendentemente da Erich Correns (Berlino), Ugo de Vries (Leida) e da Cari Erich Tschermak (Vienna). Ecco il perchè della ristampa negli stessi Atti dell'Associazione Naturalisti di Brúnn nel successivo volume XLIX del 191,1.E vorrei anche aggiungere un particolare molto sintomatico: il celebre fisico Erwin Schródinger, premio Nobel 1933, narra in un suo lucido saggio (Der Geist der Naturwissenschaft, Eranos-Jahrbush, voi. 1-4, Pag. 491, annata 1946) che un suo anziano amico, subito dopo la riscoperta della memoria di Mendel ai principii del secolo, si fece portare il relativo volume dalla biblioteca della sua accademia, e trovò le pagine ancora intonse!

Primo approccio a Mendel

Quali sono stati esattamente i risultati ottenuti da Mendel?
Mendel, in sintesi, riferiva nella sua memoria i seguenti risultati:
1) Incrociate fra loro varietà di piante di pisello
con un fiore purpureo con altre dal fiore bianco, esse avevano generato ibridi tutti con fiore rosso (1.a Legge o Legge della dominanza).

In altre, più semplici, nell'accoppiamento tra due individui con caratteri diversi (es.: ciuffato per non ciuffato) si osserva, nella discendenza, non un mescolamento, ma che un carattere di ciascuno prevale sull'altro ed è detto dominante mentre l'altro che non compare è detto recessivo (dal latino recedere che significa ritirarsi, rinunciare).

Quindi, tornando alla memoria di Mendel, non un solo fiore bianco e nemmeno un colore intermedio, come si sarebbe potuto supporre per mescolamento dei caratteri.

2) Questi ibridi - vedremo più avanti che cosa intende Mendel per ibridi - incrociati a loro volta tra loro avevano generato delle piantine con fiori rossi e altre con fiori bianchi nella proporzione di 1/4 con fiori bianchi e i rimanenti 3/4con fiori rossi
Questo quarto di bianchi fecondato con il suo polline (auto-impollinazione) generò tutte piantine bianche. Con lo stesso procedimento dai 3/4 di piantine rosse, invece, ricavò fiori rossi e bianchi, nel rapporto di 3:1 (2.a Legge o Legge della disgiunzione dei caratteri).
Cioè, spiegando meglio il fenomeno osservato da Mendel, quando uno dei caratteri è dominante (fiori rossi) gli F1 derivanti da fiore rosso per fiore bianco, accoppiati fra loro, danno discendenza con fenotipo (o, nel nostro caso, colore perchè per fenotipo si intende l'aspetto rispetto ad un carattere) per il 25% o 1/4 di individui omozigoti o puri (fiori bianchi) e per 3/4 o 75% di dominanti (fiori rossi), dei quali 1/4 0 25% di omozigoti o puri e 1/2 o 50% di eterozigoti o impuri.

In altre parole, i recessivi (fiori bianchi) sono puri e dei dominanti (fiori rossi) soltanto 1/3 è puro e il resto no.

3) Nel suo scritto Gregor Mendel proponeva inoltre alcuni principii genetici fondamentali, tra cui il principio della segregazione e quello dell'assortimento indipendente (3.a Legge o Legge della indipendenza dei caratteri e della loro libera possibilità di combinazione).

In altre parole, nell'incrocio di più coppie di caratteri diversi, l'eredità di ciascuna coppia (va inteso che un carattere della coppia proviene dal padre e uno dalla madre) si trasmette in modo indipendente da quella delle altre coppie di caratteri. Questa è, invero, la legge che conta più di tutte, quella che ha determinato la rivoluzione, non ancora conclusa; di Mendel e che anche per l'ornitofilo è basilare.

Questa 3.a Legge ha per base e spiegazione che i risultati degli accoppiamenti (Mendel scriveva di incroci) sono del tutto casuali, ma - badate bene - nel senso che non si danno associazioni preferenziali di un carattere con l'altro e allora possiamo capire come da due campioni possa anche derivare una stirpe di mediocri.

Come sappiamo e come vedremo meglio più avanti, ciascun organismo essendo la complessa risultante dell'azione di moltissimi geni (dal termine generazione o unità elementari di eredità paterne o materne), ciascuno dei quali viene tramandato indipendentemente dagli altri, da una generazione alla successiva. Essa risponde dunque alla domanda che spesso ricorre tra noi: «Perchè ogni essere vivente è diverso dagli altri»?

Secondo approccio a Mendel
In definitiva che cosa assodò Mendel?

In sintesi, Mendel potè stabilire che gli F7 (o prima generazione di ibridi) sono uniformi (1.a legge); mentre gli F2 (o seconda generazione di ibridi) rivelano la separazione dei caratteri

• un ritorno allo stato di purezza delle razze ibridate (2.a e 3.a legge).

Quindi, e in altre parole, che la natura sembrava non ammettere miscugli di caratteri diversi

• che, anzi, si manifestavano forze tendenti a riportare le razze mischiate allo stato originario (spiegheró più avanti il perchè di questa conclusione).

Le leggi di Mendel, comunque, avevano il merito di permettere ai cultori di genetica di prevedere con una precisione quasi matematica (meglio dovrei dire statistica o probabilistica) i risultati di ogni possibile accoppiamento.

Con queste leggi gli studiosi si proposero di ricercare nell'organismo le testimonianze materiali atte a giustificare i fenomeni ereditari rivelati dalle statistiche, e gli ornitofili a spiegare i loro tentativi di nuovi accoppiamenti tra uccelli con caratteri diversi.

Il dott. Hans Duncker di Brema, al tempo in cui era direttore della rivista «KANARIA» di Lipsia e come vedremo più avanti, iniziò l'indirizzo mendeliano in ornitofilia.
Le leggi di Mendel hanno essenzialmente una portata statistica, come ho già precisato, e quanto all'affermazione che la natura sembrava non ammettere miscugli di caratteri diversi, essa va quindi solamente intesa in tal senso. Come sappiamo:

F1 = ibrido di 1.a generazione tra specie diverse;

F2 = ibrido di 2.a generazione derivante da FI x F1;

F3 - ibrido di 3.a generazione derivante da F2 x F2.

La F4 o quarta generazione non rientra ìnfatti più nella collocazione degli ibridi, perchè presenta o l'aspetto delle due specie di partenza

• caratteristiche proprie intermedie.

Tuttavia lo schema di cui sopra non è sempre possibile in ibridologia, perchè nei reincroci F1 x FI uno dei due sessi risulta sterile; in tal caso, si opera con retroincroci del tipo:

R1 = F1 x una delle specie originarie;

R2 = R1 x R1, oppure R1 x specie originaria.

E' il caso tipico dei Rosso-Arancio, un canarino ottenuto per ibridazione introgressiva.
In altre parole, se si producono ibridi da due specie e si prosegue poi con reincroci con una sola delle due specie (R1, 2...), ebbene questo processo, ripetuto continuamente, dà come risultato una popolazione di individui che, sebbene in gran parte assomiglia al genitore dominante (canarino), cioè a quello che più è intervenuto negli accoppiamenti successivi, possiede anche le caratteristiche dell'altro genitore.


Terzo approccio a Mendel

Perchè Mendel riuscì là ove i suoi predecessori avevano fallito?

Carlo Darwin, nella sua opera fondamentale «Origine della Specìe», uscita sei anni prima della presentazione della memoria di Mendel, aveva già riconosciuto quanto poco fosse soddisfacente la teoria, allora prevalente, della «eredità a mescolamento» (blending inheritance).
Guardando retrospettivamente possiamo ora vedere con dhiarezza in che cosa consisteva l'errore dei predecessori di Mendel: essi trattarono, dunque, come unità i complessi di caratteristiche di individui, razze e specie, e, partendo da queste basi, cercarono di trovare delle regole che governassero l'eredità di tali complessi.
Il Mendel fu il primo a capire che ciò che bisognava studiare non era l'eredità di complessi di caratteri, bensì quella di caratteri singoli («mutatis mutandis» questo errore si ritrova spesso tra i cultori di canarini da canto Harzer e Malinois e sarebbe qui troppo lungo e forse fuori luogo spiegare il perchè di tale persistenza).
Non solo, ma i suoi esperimenti di ibridazione tra piante riguardano soltanto i prodotti di incrocio di riproduttori appartenenti solamente a varietà diverse (Ibridi intraspecifici o mendeliani) e che sono quindi in grado di riprodursi; non, quindi, ibridi interspecifici o provenienti da riproduttori appartenenti a specie diverse.

Quarto approccio a Mendel

Perchè la memoria di mendel fu dimenticata per 34 anni?
Per quanto sia difficile presagire le vie della storia, mi sembre che debbasi pensare che il darwinismo - ho precisato nel terzo approccio che nel 1859 Carlo Darwin (si v. «Il Mondo degli Uccelli» n. 1/1975 pag. 25) aveva dato alle stampe la sua opera fondamentale sulla Origine delle Specie» - sarebbe stato soltanto fuoco di paglia se nel 1900 Ugo de Vries, un olandese, non avesse scoperte, e con lui Correns di Berlino e Tschermak di Vienna, le mutazioni.

Una mutazione, come sappiamo, rappresenta un cambiamento nel patrimonio ereditario o, come anche si dice nel pool dei geni, ed esse, per il fatto che si trasmettono ereditariamente sono appunto il terreno adatto su cui può lavorare la selezione naturale e produrre le specie nel modo descritto da Darwin, con l'eliminazione degli inetti e la sopravvivenza dei più adatti.

Darwin parlava invece di piccole variazioni, non di mutazioni che non conosceva ancora, ma appunto qui stava il punto debole di tutta la sua teoria, perchè le piccole variazioni continue viste da Darwin non sono ereditarie ed è chiaro che esse non sono basate sulla struttura della sostanza ereditaria, ma sono accidentali.
Pertanto con De Vries basta sostituire nella teoria ria di Darwin il termine «mutazioni» al termine «piccole variazioni accidentali» per ottenerne la conferma sperimentale e, pertanto, il mutazionismo sostituì le mutazioni alle insensibili e accidentali variazioni che Darwin aveva posto alla base di tutta la sua grande teoria.

La nuova teoria di De Vries-Correns-Tschermak realizzava quindi una sintesi con quella del grande scienziato e naturalista inglese, eliminando il suo punto più debole e cioè quello attinente alle variazioni non ereditarie: la selezione naturale diveniva in tal modo assai più comprensibile. De Vries, inoltre, mostró che le mutazioni non erano affatto causate dall'ambiente e ciò provocò un nuovo cedimento delle teorie espresse nell'opera di Lamarck (si v. «Il Mondo degli Uccelli» n. 4/1975 pagg. 21-22).

Ecco dunque perchè ci si interessò delle leggi della trasmissione ereditaria già enunciate 34 anni prima dal Mendel che nulla sapeva di mutazioni ed ecco infine perchè la sua dimenticata memoria fu riscoperta soltanto nel 1900 simultaneamente e indipendentemente da Correns (Berlino), de Vries (Leida) e Tschermak (Vienna) che studiavano le mutazioni.
Così le date di nascita delle due grandi teorie di Mendel da una parte, di De Vries-CorrensTschermak dall'altra coincidono e non è da meravigliarsi che la prima, quella di Mendel, dovesse raggiungere una certa maturità prima che la loro correlazione apparisse evidente.

Il pool dei geni

Come abbiamo visto, poichè il processo evolutivo è basato su variazioni qualitative e quantitative del corredo genetico, è importante prendere in considerazione il ruolo delle mutazioni che producono questa variabilità. Possiamo dunque immaginare che queste mutazioni introducano o, meglio, abbiano introdotto un vero e proprio carico genetico nel pool dei geni o patrimonio genetico.

Per ciascun cromosoma o gruppo di geni materno c'è un cromosoma o gruppo di geni corrispondente nell'assetto paterno, per cui se ambedue i cromosomi hanno lo stesso gene esattamente nello stesso posto o locus, si dice che l'individuo è omozigote per quel gene o carattere e cioè è puro per quel carattere.

Se il gene è un mutante letale, l'individuo morirà e, naturalmente non potrà riprodursi. Se il gene è suddiviso, cioè dannoso senza essere letale, l'individuo omozigote puro spesso sopravviverà fino a trasmetterlo alla generazione successiva (es.: Bianchi recessivi o inglesi).

Un individuo che ha due geni differenti nello stesso posto o locus si chiama eterozigote o impuro per quel carattere determinato da quei geni. Può quindi essere eterozigote per un gene mutante o uno normale; per due differenti geni normali; per due differenti geni mutanti.

L'effetto dei geni mutanti nell'eterozigote può variare da una recessività completa, quando il loro effetto è completamente mascherato da un gene normale, ad una dominanza completa quando è il gene normale ad essere mascherato. Casi di dominanza parziale non sono infrequenti: cioè l'effetto del gene mutante non è completamente mascherato, ma si fa sentire in modo più o meno forte. A causa dell'effetto di mascheramento un eterozigote puó portare un certo numero anche alto sia di geni normali che letali o subletali e trasmetterli alle generazioni successive.

Pertanto quella che noi chiamiamo Specie in realtà, vista geneticamente, altro non è se non un miscuglio eterogeneo di tutta una serie di piccole Specie determinato dal suo carico genetico e, in particolare, dalle mutazioni.
Genesi a doppio indirizzo dell'evoluzione selettiva in ornitofilia: 1) indirizzo delle diluizioni o sottrazioni al pool dei genì; 2) indirizzo delle ibridazioni o sommazioni al pool dei geni.

I colori della livrea del canarino sono, come tutti sappiamo, in parte già conosciuti a partire dal classico - anche se scientificamente opinabile - lavoro di mons. Hervieux di Chanteloup, dal titolo «Nuovo Trattato utilissimo de' Cannarini» apparso nella prima metà del secolo decimottavo. Soltanto di recente, peró, abbiamo cominciato a comprendere come l'organismo del canarino ed il suo carico genetico possano esprimere le differenze strutturali, talvolta sottili, esistenti tra i caratteri ancestrali e quelli localizzati in selezione.

Debbo per altro notare che la selezione ha potuto meglio progredire non soltanto per via genetica, come potrebbe apparire ad un esame affrettato, ma anche attraverso una corretta interpretazione della struttura dei colori nelle penne, come risulta dagli ormai vecchi spunti di Duncker-Steiner et altri.
Ho curato personalmente infatti, per i tipi Encia, la traduzione italiana del «Manuale sui canarini di colore» dell'olandese Veerkamp, lavoro che non esito a definire un caposaldo della selezione intesa in senso corrente ornitofilo (1.o Indirizzo) del Sassone di colore e debbo dire quanto furono importanti e basali i temi dunckeriani sull'ibridismo e steineriani sulla struttura delle penne nella nascita di questo libro e inoltre, in chiave moderna, una serie di studi strutturali svolti da W. Beckmann, diretto collaboratore di Veerkamp.
In effetti, gli studi dello svizzero dott. H. Steiner, cui si ispirarono altresì, oltre che Beckmann - Veerkamp, i fondamentali lavori di Cremer e, successivamente, quelli del gruppo inglese composto da Taylor, Warner e Crew, sulla struttura delle penne e dei pigmenti dell'ondulato risalgono al lontano 1932 e inaugurano infatti un successivo valido apporto alla genetica degli accoppiamenti ed alla prevedibilità dei risultati. Poco prima, cioè, dell'abbandono di altri paralleli studi da parte del tedesco dott. Hans Duncker sull'ibridazione Cardinalino x Canarina, poi proseguiti dal suo collaboratore Julius Henniger, come vedremo meglio più avanti.

Le nostre conoscenze selettive hanno avuto, in concreto due grandi serie pressocchè parallele di sviluppo, di cui la prima ha seguito l'indirizzo delle diluizioni o sottrazioni al pool dei geni
e la seconda l'indirizzo dell'apporto di nuovi geni al pool per ibridazione.
Vediamole assieme partitamente, per rapidissime sinossi.






Dall'evoluzione selettiva, molto schematicamente riportata nelle quattro tabelle di cui sopra, si vede ben chiaramente che dal canarino Verde ancestrale l'ornitofilia segue un preciso processo evolutivo a doppio indirizzo:
A) Apporto di nuovi pigmenti per ibridazione, o sommazioni al pool dei geni (Tab. 4);

B) Sia in campo lipocromico sia in campo melaninico si sfruttano le sole possibilità delle diluizioni o sottrazioni al pool dei geni (Tabb. 1 -2-3).
Seguiamo ora gli sviluppi.

In campo melaninico (Tab. 2), la prima scoperta di degradazione pigmentaria la dobbiamo alI'Helder, nel 1910), e concernente il primo fattore riduttivo o fattore di diluizione del tipo di canarino Agata. Accoppiando e selezionando questi mutanti, Helder e altri dimostrarono trattarsi di una diluizione del canarino Verde ancestrale; inoltre, le prime prove positive di selezione avevano dato come conseguenza che il numero di differenti pigmenti che un singolo soggetto ancestrale può produrre doveva essere, in effetti, molto elevato. Se un Verde può produrre più pigmenti che possono legare e specificatamente portare a più colori che, nè il soggetto nè i suoi progenitori avevano mai mostrato prima in natura, bisognava ammettere che il soggetto potesse formare pigmenti per una lata gamma di cromaticità.
Gli studi successivi dell'Helder, con la scoperta del tipo Isabella ottenuto subito dopo dall'accoppiamento di un maschio Bruno (tipo già conosciuto dal 1709) con una femmina Agata di nuovo tipo, non fanno che rafforzare queste deduzioni.
La strada, poi, dell'albinismo (varietà lipocromiche gialle e bianche, Tab. 1) era già stata imboccata fin dai tempi di Hervieux e sarà perfezionata con gli INO/Satiné ai giorni nostri.

I successivi sviluppi fondamentali dei pigmenti melaninici, nell'ambito di questi indirizzi selettivi (Tab. 3), furono dati dalla fortunata scoperta da parte del Brokmeier del 2.o fattore riduttivo o fattore Pastello, che si ebbe all'inizio dell'anno 1957 nell'allevamento Harzer dell'ornitofilo Koller, mentre il precedente sviluppo degli Opale aveva avuto una gestazione più lunga, già iniziata infatti al principio degli anni Cinquanta. I primi mutanti erano apparsi nel 1949 da Róssner e Miiller e, successivamente, nel 1962 ai Campionati Mondiali di Bruxelles.

Parallelamente, un altro gruppo di ornitofili procedeva in un indirizzo opposto a quello inaugurato dall'Helder: quello, cioè, dell'apporto di nuovi geni per ibridazione (Tab. 4).

Un punto di svolta.

Quattro date dense di tentativi, pochi nomi di ornitofili segnano questa fondamentale e importantissima, alla modestia del mio parere, acquisizione nel settore dell'ornitofilia di colore:
Anno 1914 - Bruno Lotzen (pseud. Matern) di Rastenburg;
Anno 1915 - Balsen e Dhams di Kónigsberg; Anno 1926 - Hans Duncker di Brema;
Dall'anno 1930 in poi - A. K. Gill e Julius Henniger.
I prussiani Lotzen, Balsen e Dhams, quasi contemporaneamente, ottengono i primi ibridi di Cardinalino per Canarina e scoprono la loro parziale fertilità. II dott. Duncker di Brema tenta e studia i primi esperimenti per arrivare al canarino rosso. Infatti, nel 1926, Duncker pensa che il Cardinalino sia ereditariamente omozigote e, in particolare (quando si parla di omozigoti, come sappiamo, occorre sempre specificare, in possesso di doppio fattore genetico per il rosso e privo di fattori per il giallo. Partendo da questa ipotesi, purtroppo non corretta, si aspetta dall'accoppiamento Cardinalino per Canarina gialla degli Arancio (per sommazione dei fattori in causa e cioè rosso + giallo) e dei colori mogano (rosso + nero, per quanto attiene alle melanine).
Questa prima serie di esperimenti dura fino al 1933, poi viene abbandonata.
Nel 1933 Duncker, convinto dai risultati che altri pigmenti impediscono l'apparizione del rosso, studia un metodo selettivo con cui separare nella discendenza i fattori del rosso dagli altri fattori. In tal senso, si orienta verso le canarie Bianche recessive o inglesi. Ma da queste ottiene prole color rame e grigio.

Il successivo impiego di Bianche dominanti o tedesche non dà risultati migliori. In effetti, sugli accoppiamenti Cardinalino del Venezuela per Canarina Bianca dominante e (o) recessiva, il dott. Hans Duncker ha, fin dal 1932, pubblicato in «VSgel ferner Lànder» e, successivamente, a Lipsia sulle colonne di «Kanaria» una densa, esauriente relazione.
I risultati di questi studi, per chi vuole approfondirne gli aspetti di dettaglio, sono peraltro riportati nella bella monografia di Zamparo intitolata «Canarino rosso» e pubblicata per i tipi del l'Encia nel novembre del 1954: lavoro - questo del Zamparo - molto profondo e tratto sia dalle esperienze e teorie del Duncker, sia da quelle del dott. Bennet («A study of the nature of the Orange Canary») sia, infine, da quelle del Kerrison. Inoltre, ne ha trattato anche Martin Weijling, il noto ornitofilo olandese, nel suo lavoro dal titolo «De Rootfactoren in de Kanarie» apparso a Tilburg nel 1953.

Il dott. Duncker, in precedenza convinto che il Cardinalino fosse in possesso dei fattore rosso, ma non del giallo, corregge dunque le sue ipotesi di partenza del 1926 attribuendo al Cardinalino il possesso di un solo fattore del rosso e di uno del giallo e da qui insiste e consiglia costantemente (non si discosterà più da questa teoria) l'ormai classico accoppiamento Cardinalino per Canarina Bianca recessiva, sostenendo che la discendenza avrebbe dovuto essere portatrice di un fattore rosso e di uno giallo. Considerando poi che questi due fattori provenivano dal Cardinalino (e pertanto puri) si sarebbe potuto, per successivi tentativi in selezione, riunirli nella discendenza e, almeno teoricamente, arrivare al canarino rosso puro.

Ma i risultati smentiscono anche questo secondo indirizzo, senza dare il tanto agognato canarino rosso previsto in teoria.

A questo punto si inserisce Henniger, un ammiratore e seguace di Duncker, il quale parte da ipotesi diverse. Abbandona l'impiego dei Bianchi recessivi inglesi e suggerisce, in loro sostitúzione, l'impiego di gialli provenienti da Bianchi, sottolineando che si può avanzare verso il rosso soltanto se si impiegano riproduttori eterozigoti per il giallo.
Resta soltanto da dire che da allora si intende correttamente l'unione Rosso-Arancio per RossoArancio e si cura, attraverso una attenta selezione, I'intensìficazione del rosso.

I falliti tentativi del dott. Duncker e poi del suo continuatore Julius Henniger stanno, a mio modesto parere, in una impropria applicazione in senso stretto, quasi matematico, delle leggi dell'eredità scoperte da Mendel nel caso degli ibridi interspecifici, com'è appunto il caso del
Cardinalino e del Canarino.

E ora vengo all'osservazione finale.

Per centinaia di anni, a partire da Hervieux, non escludendo le razze di forma e posizione, si è cercata una soluzione del fenomeno selettivo cosatntemente intaccando (1.o Indirizzo) quella strutturazione pigmentante il mantello del cana rino ancestrale, come ebbe giustamente anche a scrivere il dott. Morbilli: «Ogni nuova mutazione verificatasi «nel canarino Sassone ha sempre avuto, quale caratteristica «costante, quella di provocare diluizioni».

Mi pare esiste, entro questo importante e fondamentale orizzonte, una visione vissuta, condenda direi: essere cioè il condensato di un prevalente indirizzo a senso unico, da servire come pietra di paragone, senza vie d'uscita, almeno apparenti, dell'intera storia selettiva ornitofila.

In parole povere, l'insieme dei caratteri recessivi accumulati da secoli nel pool dei geni del canarino ancestrale ha rappresentato da sempre, per i suoi cultori, una preziosa miniera ge-' netica che essi, lavorando sui soli effetti della degradazione pigmentaria, hanno intaccato sempre più in profondità.
Viene però da pensare in primis che questo indirizzo ci porti letteralmente, dal punto di vista selettivo e facendo salvo il 2.o indirizzo, cioè quello dell'ibridazione con specie affine, in un vicolo chiuso; la seconda motivazione negativa è poi data dal fatto che l'organismo omozigote produce- spesso una prole più scarsa e meno vigorosa di un eterozigote.

Ho scritto di ritener salvo il 2.o indirizzo d'ibridazione o di sommazioni al patrimonio genetico ereditario che è in antitesi del 1.0 indirizzo e che comporta problemi biologici e genetici ben ampi, come mi sono indugiato a riportare nei tentativi dunckeriani e di altri ancora.
D'altronde, anche se sono stati proposti numerosi meccanismi per spiegare il lussureggiamento degli ibridi (per sommazioni al pool dei geni), il risultato finale è sempre lo stesso: un organismo più eterozigote è più robusto di uno meno eterozigote.

C'è quindi un carico implicito nell'omozigosi, verso cui ha teso la selezione nel 1.o indirizzo sopra illustrato e inaugurato dall'Helder, che alla fine privilegia l'eterozigosi e, in ultima analisi (se ce ne fosse bisogno) e nelle sue difficoltà di varia natura, l'ibridazione che appare così l'unico indirizzo valido, in senso attuale e prospettico, della selezione.

Significato e scopi dell'ornitofìlía

Molti hanno detto e dicono che se i nostri antenati di un secolo fa dovessero risuscitare resterebbero meravigliati a fronte del progresso che l'uomo ha fatto nella seconda metà del secolo scorso ed in quello attuale, nel campo delle scienze e della tecnica, non ultima l'ornitofilia. Progresso tale da potersi dire che l'uomo ha fatto più cammino in cento anni che non in tutti i secoli e millenni precedenti presi insieme. E questo è vero: basta scorrere anche fugacemente il piccolo trattato di ornitologia dell'Untersteiner apparso nel 1902 per i tipi dei Manuali Hepli e dedicato poi in special modo al
I'onitofilia e compararlo con i testi attuali.
Le differenze sono molte e abissali.
Ora, alla base di tutto questo, sta una serie di fenomeni naturali che l'ornitofilo ha dovuto prima scoprire, per poterli poi sfruttare. Prima di tutto bisogna sapere se un carattere tipico di un soggetto che si intende modificare o anche semplicemente coltivare o mantenere è prevalentemente sotto il controllo dell'ambiente o del patrimonio ereditario, oppure sotto entrambi.
La dimostrazione di ció è stato quindi l'assunto principale e il problema di base studiato dalle generazioni di questo secolo, a partire dal 1900, cioè da quando si riscoprirono gli importantissimi studi di Gregorio Mendel, a quelli di Konrad Lorenz.
Se un carattere (per esempio una varietà di colore) è controllato geneticamente, non si puó far altro che selezionare per tale varietà e a poco o nulla servirà controllare l'ambiente. Se si vuole ottenere una buona produzione di novelli, e soprattutto si vogliono buone ed eccellenti riproduttrici e nutrici insieme,saranno specialmente la tecnica ed i metodi dell'ornitofilo e le attrezzature usate, cioè l'ambiente, che si faranno sentire e c'è poco da sperare dalla selezione o, meglio, dalla genetica. Se si vogliono costruire ottimi stamm di cantori o cantori singoli bisognerà destreggiarsi nel migliore dei modi perchè il canto è sotto il controllo dell'ambiente e del patrimonio ereditario.
Ma se si vogliono ottenere varietà nuove di colore, di forma e (o) di posizione, di canto basate su caratteri ereditari, nessuno deve mettersi in mente che i nuovi caratteri possano risultare da interventi magici: la strada maestra ancor oggi è anzitutto non tanto l'indirizzo delle successive diluizioni, ma la sintesi per sommazione, cioè l'ibridazione in senso lato, per mezzo di accoppiamenti basati su diversificazioni ereditarie preesistenti e dopo, soltanto dopo, la trasformazione graduale di un carattere per opera della selezione.





G.P.Mignone

roberto ghidini
19-10-08, 20: 27
Bellissimo e interessante anche quest altro articolo di Mignone //[[]]
Grazie anche a Marco per avercelo postato $]]^

Antonio Iaria
20-10-08, 00: 01
Complimwnti.Ottimo articolo !