Antonino Rallo
29-03-09, 23: 12
Norme sempre più ambigue e restrittive.
Negli ultimi anni, allevare regolarmente fringillidi ed indigeni in generale è diventata un’impresa assai ardua se non impossibile. La normativa nazionale e regionale vigente in tema di detenzione e di allevamento di fauna selvatica autoctona, ha più volte suscitato perplessità e dubbi interpretativi soprattutto in dottrina e Giurisprudenza. Tali questioni emersero per la prima volta nel 1992, con l’introduzione nel nostro ordinamento della c.d. “Legge sulla caccia” (L. 11 febbraio, 1992, n. 157). Il problema infatti, che affligge gran parte di allevatori e amatori è quello di essere soggetti ad una disciplina che trova la sua fonte normativa e regolamentazione in una serie di leggi riguardanti proprio la caccia. Come è possibile che il legislatore nazionale abbia assimilato il cacciatore all’allevatore/amatore? Mi sembra una forzatura quello di equiparare un soggetto che uccide ad uno che alleva.
Inoltre è da notare che l'art. 17 della legge nazionale recita"le regioni autorizzano.....". Invece molto spesso ritroviamo nei regolamenti regionali la dizione: ".....può autorizzare". Non vi sembra una discrezionalità abusiva quella delle regioni che possono o meno concedere l’autorizzazione ai fini dell’allevamento di fauna selvatica autoctona?
Se un amatore in una mostra ornitologica acquista una coppia di fringillidi con relativa documentazione, nel momento in cui fa domanda alla propria provincia per essere in regola può ritrovarsi senza risposta. A chi mi devo rivolgere per far rispettare il mio diritto ad allevare e la legge nazionale?
La legge nazionale infatti, non prevede nessuna limitazione numerica di soggetti. Sarebbe un paradosso un controllo delle nascite rispetto alla libera uccisione di molti animali cacciabili. Invece alcune regioni pongono limiti assurdi; in Toscana ad esempio, è possibile allevare una sola coppia di fringillidi.
Alcune regioni prevedono un registro di allevamento, alcune vidimato altre non vidimato. Comunicazione a fine anno dei soggetti detenuti. Rinnovo autorizzazione ogni anno, ogni 5 anni, o ogni 6 anni, o non necessaria (Lombardia).
Alcune regolamentano oltre alla detenzione e allevamento delle specie cacciabili e fringillidi (come previsto dalla legge nazionale) anche gli esotici, ignorando che esiste la CITES. Quindi non di loro competenza.
Volendo equiparare ad esempio il “Decreto 30 giugno 1998 G.U.R.S. 26 settembre 1998, n. 48 Allegato A rubricato “ALLEVAMENTI DI FAUNA SELVATICA A SCOPO AMATORIALE ED ORNAMENTALE” e il Regolamento regionale n. 16 del 4 agosto 2003 della Regione Lombardia capiamo subito la sostanziale differenza di disciplina. Ed in particolare occorre focalizzare la nostra attenzione nella lettura di queste disposizioni:
- Art. 38 del decreto 30 giugno 1998 (regione Sicilia): “L'art. 38, ultimo comma, della legge regionale 1 settembre 1997, n. 33 consente, previa apposita autorizzazione rilasciata dall'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste, l'allevamento di fauna selvatica omeoterma (uccelli e mammiferi ivi incluso l'istrice) autoctona, a scopo ornamentale ed amatoriale, e condizionato al
rispetto di un disciplinare che deve essere adottato tenendo conto di quanto disposto dalla legge 7 febbraio 1992, n. 150, artt. 8 e 8bis, come modificati dalla legge 13 marzo 1993, n. 59.
Gli allevamenti amatoriali ed ornamentali della detta fauna devono essere conformi alle condizioni ed alla disciplina di seguito dettate.
Alle direttive del presente disciplinare devono adeguarsi anche gli allevamenti amatoriali ed ornamentali di tartarughe di mare e di testuggini sia di terra che di acqua dolce.
Requisiti
Il richiedente l'autorizzazione non deve essere mai stato condannato o sanzionato per violazione alle leggi e disposizioni faunistico-venatorie e dimostrare anche a mezzo di atto notorio, la legittima provenienza dei soggetti che alleva o che intende allevare, tenuto conto delle disposizioni di cui alla legge 7 febbraio 1992, n. 150, così come modificata dalla legge 13 marzo 1993, n. 59.
E' possibile che l'eventuale dotazione iniziale di riproduttori avvenga mediante azione di cattura da effettuarsi sotto il diretto controllo della R.F.V. competente per territorio”.
- Art. 22 del Regolamento regionale n. 16 del 4 agosto 2003, (regione Lombardia): “Allevamenti
1. L'allevamento di fauna selvatica autoctona, limitatamente alle classi mammiferi e uccelli, a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale avviene nel rispetto di quanto previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria di cui al D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, dalla legge n. 150 del 7 febbraio 1992 in materia di commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione e di detenzione di specie pericolose, nonché dalla legge n. 473 del 22 novembre 1993 in materia di maltrattamento degli animali, ed è soggetto ad autorizzazione della Provincia territorialmente competente.
2. Nella domanda di autorizzazione inoltrata alla Provincia, il richiedente indica le proprie generalità, la sede dell'allevamento e l'elenco delle specie che intende allevare.
3. Per gli allevamenti a scopo amatoriale o ornamentale di uccelli selvatici appartenenti alle famiglie dei Fringillidi nei quali siano presenti fino a trenta capi, ed alle specie tordo bottaccio, tordo sassello, merlo e cesena, non è richiesta l'autorizzazione provinciale di cui al comma 1.
Dalla lettura delle due disposizioni capite bene che ci troviamo di fronte ad una vera e propria ingiustizia. Se è vero che la legge è uguale per tutti, sotto il profilo formale, in quanto tutti i cittadini dello Stato italiano sono soggetti alla legge senza discriminazioni….., d’altro canto è lo stesso Stato che ha il compito di garantire effettivamente questa uguaglianza (intesa in senso sostanziale), cioè mettendo tutti nella condizione di non essere discriminati (Art. 3 della Costituzione).
Ed invece, la discriminazione c’è: Se io fossi nato a Milano anziché a Marsala, stante la norma di cui all’art. 22 reg. regionale Lombardia, potrei allevare a scopo amatoriale o ornamentale qualsiasi fringillide a patto che non superi il numero di 30 capi. Capite bene che la disposizione prevista dall’art. 22 reg. regionale lombardo è l’unica norma regionale, nel quadro dell’ordinamento italiano, in grado di disciplinare in maniera tassativa: la qualifica del soggetto che alleva (allevatore o amatore); la specie di volatili allevabili (fringillidi etc); tipologie d’allevamento (amatoriale, ornamentale, a fini commerciali e non commerciali); numero di soggetti allevabili (non più di 30 capi).
La suddetta norma oltre che essere chiara è una disposizione “giusta” che le altre regioni non hanno adottato o preso in considerazione. Allevare a scopo amatoriale o ornamentale non deve essere considerata una pratica illegale soggetta pertanto, a restrizioni o tollerata. Impedire agli appassionati di ornitologia o a semplici amatori, la regolare detenzione dei fringillidi, significa favorire la criminalità organizzata ed il mercato nero dei volatili di cattura.
Orbene, ritornando alla realtà (che è regolata e non creata dal diritto) non vi può essere dubbio sul fatto che molti allevino soggetti di illecita provenienza ma, estendere tale limitazione a tutti gli amatori è qualcosa che ha del paradossale.
Spero che il mio pensiero non venga cestinato dai moderators del forum e che nelle mie parole non si colga solo retorica e provocazione. Amo gli animali ed in particolare i fringillidi. Il mio articolo vuole essere solo lo spunto per un’attenta riflessione da parte di tutti. Chi meglio di noi amatori e allevatori sa quali sono i sacrifici, le difficoltà, le delusioni e le gioie dietro questa passione che ha del NATURALE.
Un saluto a tutti gli amici del forum.
Antonino Rallo
Negli ultimi anni, allevare regolarmente fringillidi ed indigeni in generale è diventata un’impresa assai ardua se non impossibile. La normativa nazionale e regionale vigente in tema di detenzione e di allevamento di fauna selvatica autoctona, ha più volte suscitato perplessità e dubbi interpretativi soprattutto in dottrina e Giurisprudenza. Tali questioni emersero per la prima volta nel 1992, con l’introduzione nel nostro ordinamento della c.d. “Legge sulla caccia” (L. 11 febbraio, 1992, n. 157). Il problema infatti, che affligge gran parte di allevatori e amatori è quello di essere soggetti ad una disciplina che trova la sua fonte normativa e regolamentazione in una serie di leggi riguardanti proprio la caccia. Come è possibile che il legislatore nazionale abbia assimilato il cacciatore all’allevatore/amatore? Mi sembra una forzatura quello di equiparare un soggetto che uccide ad uno che alleva.
Inoltre è da notare che l'art. 17 della legge nazionale recita"le regioni autorizzano.....". Invece molto spesso ritroviamo nei regolamenti regionali la dizione: ".....può autorizzare". Non vi sembra una discrezionalità abusiva quella delle regioni che possono o meno concedere l’autorizzazione ai fini dell’allevamento di fauna selvatica autoctona?
Se un amatore in una mostra ornitologica acquista una coppia di fringillidi con relativa documentazione, nel momento in cui fa domanda alla propria provincia per essere in regola può ritrovarsi senza risposta. A chi mi devo rivolgere per far rispettare il mio diritto ad allevare e la legge nazionale?
La legge nazionale infatti, non prevede nessuna limitazione numerica di soggetti. Sarebbe un paradosso un controllo delle nascite rispetto alla libera uccisione di molti animali cacciabili. Invece alcune regioni pongono limiti assurdi; in Toscana ad esempio, è possibile allevare una sola coppia di fringillidi.
Alcune regioni prevedono un registro di allevamento, alcune vidimato altre non vidimato. Comunicazione a fine anno dei soggetti detenuti. Rinnovo autorizzazione ogni anno, ogni 5 anni, o ogni 6 anni, o non necessaria (Lombardia).
Alcune regolamentano oltre alla detenzione e allevamento delle specie cacciabili e fringillidi (come previsto dalla legge nazionale) anche gli esotici, ignorando che esiste la CITES. Quindi non di loro competenza.
Volendo equiparare ad esempio il “Decreto 30 giugno 1998 G.U.R.S. 26 settembre 1998, n. 48 Allegato A rubricato “ALLEVAMENTI DI FAUNA SELVATICA A SCOPO AMATORIALE ED ORNAMENTALE” e il Regolamento regionale n. 16 del 4 agosto 2003 della Regione Lombardia capiamo subito la sostanziale differenza di disciplina. Ed in particolare occorre focalizzare la nostra attenzione nella lettura di queste disposizioni:
- Art. 38 del decreto 30 giugno 1998 (regione Sicilia): “L'art. 38, ultimo comma, della legge regionale 1 settembre 1997, n. 33 consente, previa apposita autorizzazione rilasciata dall'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste, l'allevamento di fauna selvatica omeoterma (uccelli e mammiferi ivi incluso l'istrice) autoctona, a scopo ornamentale ed amatoriale, e condizionato al
rispetto di un disciplinare che deve essere adottato tenendo conto di quanto disposto dalla legge 7 febbraio 1992, n. 150, artt. 8 e 8bis, come modificati dalla legge 13 marzo 1993, n. 59.
Gli allevamenti amatoriali ed ornamentali della detta fauna devono essere conformi alle condizioni ed alla disciplina di seguito dettate.
Alle direttive del presente disciplinare devono adeguarsi anche gli allevamenti amatoriali ed ornamentali di tartarughe di mare e di testuggini sia di terra che di acqua dolce.
Requisiti
Il richiedente l'autorizzazione non deve essere mai stato condannato o sanzionato per violazione alle leggi e disposizioni faunistico-venatorie e dimostrare anche a mezzo di atto notorio, la legittima provenienza dei soggetti che alleva o che intende allevare, tenuto conto delle disposizioni di cui alla legge 7 febbraio 1992, n. 150, così come modificata dalla legge 13 marzo 1993, n. 59.
E' possibile che l'eventuale dotazione iniziale di riproduttori avvenga mediante azione di cattura da effettuarsi sotto il diretto controllo della R.F.V. competente per territorio”.
- Art. 22 del Regolamento regionale n. 16 del 4 agosto 2003, (regione Lombardia): “Allevamenti
1. L'allevamento di fauna selvatica autoctona, limitatamente alle classi mammiferi e uccelli, a scopo alimentare, di ripopolamento, ornamentale ed amatoriale avviene nel rispetto di quanto previsto dal Regolamento di Polizia Veterinaria di cui al D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320, dalla legge n. 150 del 7 febbraio 1992 in materia di commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo di estinzione e di detenzione di specie pericolose, nonché dalla legge n. 473 del 22 novembre 1993 in materia di maltrattamento degli animali, ed è soggetto ad autorizzazione della Provincia territorialmente competente.
2. Nella domanda di autorizzazione inoltrata alla Provincia, il richiedente indica le proprie generalità, la sede dell'allevamento e l'elenco delle specie che intende allevare.
3. Per gli allevamenti a scopo amatoriale o ornamentale di uccelli selvatici appartenenti alle famiglie dei Fringillidi nei quali siano presenti fino a trenta capi, ed alle specie tordo bottaccio, tordo sassello, merlo e cesena, non è richiesta l'autorizzazione provinciale di cui al comma 1.
Dalla lettura delle due disposizioni capite bene che ci troviamo di fronte ad una vera e propria ingiustizia. Se è vero che la legge è uguale per tutti, sotto il profilo formale, in quanto tutti i cittadini dello Stato italiano sono soggetti alla legge senza discriminazioni….., d’altro canto è lo stesso Stato che ha il compito di garantire effettivamente questa uguaglianza (intesa in senso sostanziale), cioè mettendo tutti nella condizione di non essere discriminati (Art. 3 della Costituzione).
Ed invece, la discriminazione c’è: Se io fossi nato a Milano anziché a Marsala, stante la norma di cui all’art. 22 reg. regionale Lombardia, potrei allevare a scopo amatoriale o ornamentale qualsiasi fringillide a patto che non superi il numero di 30 capi. Capite bene che la disposizione prevista dall’art. 22 reg. regionale lombardo è l’unica norma regionale, nel quadro dell’ordinamento italiano, in grado di disciplinare in maniera tassativa: la qualifica del soggetto che alleva (allevatore o amatore); la specie di volatili allevabili (fringillidi etc); tipologie d’allevamento (amatoriale, ornamentale, a fini commerciali e non commerciali); numero di soggetti allevabili (non più di 30 capi).
La suddetta norma oltre che essere chiara è una disposizione “giusta” che le altre regioni non hanno adottato o preso in considerazione. Allevare a scopo amatoriale o ornamentale non deve essere considerata una pratica illegale soggetta pertanto, a restrizioni o tollerata. Impedire agli appassionati di ornitologia o a semplici amatori, la regolare detenzione dei fringillidi, significa favorire la criminalità organizzata ed il mercato nero dei volatili di cattura.
Orbene, ritornando alla realtà (che è regolata e non creata dal diritto) non vi può essere dubbio sul fatto che molti allevino soggetti di illecita provenienza ma, estendere tale limitazione a tutti gli amatori è qualcosa che ha del paradossale.
Spero che il mio pensiero non venga cestinato dai moderators del forum e che nelle mie parole non si colga solo retorica e provocazione. Amo gli animali ed in particolare i fringillidi. Il mio articolo vuole essere solo lo spunto per un’attenta riflessione da parte di tutti. Chi meglio di noi amatori e allevatori sa quali sono i sacrifici, le difficoltà, le delusioni e le gioie dietro questa passione che ha del NATURALE.
Un saluto a tutti gli amici del forum.
Antonino Rallo