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marco cotti
06-08-09, 22: 21
ALLEVARE ROSEICOLLIS,
MERAVIGLIOSA…FATICA!
Consigli pratici e semplici suggerimenti per chi si avvia
all’allevamento degli agapornis

di Giuseppe Vercellotti

La mia esperienza con gli Agapornis ha avuto inizio quasi per caso, qualche anno fa, mentre vagavo nel turbinio di odori e suoni di una fiera ricercando i banchi dei venditori di animali, che più di tutti gli altri mi hanno sempre affascinato. Appena giunto fui colpito da alcune batterie sul fondo del banco, dentro le quali saltellavano e svolazzavano dei bellissimi pappagallini verdi e rossi. Sulla gabbia un cartello: Inseparabili a faccia rosa. Tornato a casa non riuscivo a pensare ad altro che a quegli uccelli, ed il giorno seguente mi recai alla fiera e comprai i miei primi due, bellissimi Agapornis roseicollis.

I primi tempi li alloggiai in una gabbietta che avevo in casa, che un tempo aveva ospitato due usignoli del Giappone, ma ben presto mi resi conto che sarebbero stati molto più felici in spazi più ampi, così feci costruire da un fabbro una volieretta da interno che si adattasse all’insolito locale in cui avevo avuto il permesso dei miei genitori di mettere gli uccelli: una scala.
I miei due inseparabili dimostrarono subito di apprezzare la loro nuova casa, che avevo “arredata” con rami di leccio, materiale da imbottitura, pioli in legno e due nidi a cassetta. Ma ben presto mi accorsi che c’era qualcosa che non andava: due nidi imbottiti, quattro uova (ovviamente non fecondate) per nido e indifferenza tra i due Agapornis. A questo punto non avevo dubbi sul sesso dei miei uccelli: erano due femmine! Qualche tempo dopo questa scoperta mi procurai due maschi certi e da allora nei miei nidi sono finalmente comparsi i pulli tanto attesi.

Ritengo che il racconto della mia esperienza possa essere in qualche modo utile a chi da poco si è accostato ai meravigliosi Agapornis, se prende in considerazione schematicamente alcuni punti fondamentali dell’allevamento, non solo degli inseparabili, ma di tutti gli uccelli in generale. Premetto che io ho trovato preziosissimo il libro “Gli Inseparabili” di Gianni Ravazzi, e che riporto il frutto della mia esperienza condotta sulle tracce di una buona guida, con alcune differenze che ho trovato necessarie per soddisfare i miei singoli uccelli.

Il locale e le gabbie

Il locale in cui tengo i miei uccelli, come ho già detto, è una scala; nonostante sia un locale insolito, questa si presta abbastanza bene allo scopo in quanto è luminosa (la parte che dà sul tetto è tutta trasparente), asciutta e isolata dal trambusto casalingo. Per evitare l’inconveniente di avere una temperatura eccessiva e valori di umidità troppo bassi, ho schermato la parte vetrata in modo che la luce entrante non colpisse direttamente le gabbie e i nidi. Attualmente possiedo sedici Agapornis roseicollis e mi sento di sottolineare che avere un locale separato dal resto della casa diventa una vera esigenza con l’aumento del numero degli uccelli, in quanto i loro richiami acuti possono dare fastidio ed inevitabilmente si trovano semi e pagliuzze ovunque. È ovvio che se si possiede una sola coppia gli inconvenienti sono minimi e si può più a lungo godere della loro presenza in casa.
Per quanto riguarda gli alloggi, utilizzo la volieretta cui ho fatto accenno prima per tenere i soggetti giovani e quelli che non sono in riproduzione, lasciando che nella maggior parte dei casi le coppie vi si formino naturalmente; solo allora le trasferisco in gabbie da cova. Sul fondo di tutte le gabbie metto del tutolo di mais, il quale ha un gran potere assorbente ed è facilmente sostituibile, in quanto non si incrosta al fondo della gabbia come fa la sabbia. Nella volieretta metto spesso intere piante di bambù e rami di altre piante, che gli inseparabili si divertono a sminuzzare: credo che sia utile non solo come passatempo, ma anche e soprattutto perché saltando da un ramo all’altro allenano le zampe ad afferrare oggetti di dimensioni diverse ed usano il becco e le unghie, evitando che crescano troppo.

L’alimentazione

Io sono solito somministrare ai miei Agapornis un misto di semi che compro dal mio negoziante di fiducia, la cui composizione è 25% di miglio, scagliola e panico; inoltre ci sono semi di girasole (bianco e nero), avena, frumento e mais, canapa e lino; qualche arachide. Uso niger solo in tracce, in quanto non viene apprezzato dai miei uccelli; alcuni, inoltre, non amano molto il girasole e spesso lo avanzano, quindi modifico la composizione della miscela secondo le preferenze dei singoli Agapornis. Non faccio mai mancare loro del pastoncino all’uovo (che comunque viene considerevolmente consumato solo quando ci sono pulli nel nido) e grit marino (ricavato da gusci di ostrica frantumati) in mangiatoie distinte. Anche l’osso di seppia è sempre presente per un giusto apporto di sali minerali. Quasi nessuno dei miei volatili mangia frutta fresca e tra la verdura sono appetiti solo la lattuga ed il tarassaco, che non somministro mai in quantità eccessive (soprattutto alle coppie in cova), perché rammolliscono le feci. Visto che gli Agapornis roseicollis possono morire per avitaminosi, somministro loro nei beverini qualche goccia di limone (che peraltro disinfetta) e una volta al mese anche vitamine idrosolubili (IDROPLURIVIT). Infine lascio a disposizione in una mangiatoia dell’olio di fegato di merluzzo liofilizzato, che regola il metabolismo, e talvolta frutta secca e pane secco.


La riproduzione

Quando le coppie sono formate (12-14 mesi di età minima dei soggetti), le tolgo dalla volieretta e le metto nelle gabbie da cova, dove godono di maggior tranquillità per quanto riguarda la costruzione del nido e gli accoppiamenti. Così facendo aumenta il numero delle uova fecondate, in quanto la copula (non semplicissima negli uccelli, visto che devono giustapporre le cloache) non viene interrotta da altri soggetti presenti nella stessa gabbia. Ogni gabbia è attrezzata con un nido a cassetta di 25x20x15 cm, con foro di entrata di 5 cm di diametro, mangiatoia per i semi, pastoncino all’uovo, grit e osso di seppia. Nel tempo ho notato che alcuni uccelli preferiscono intrecciare foglie e rametti per dividere il nido in due camere ed abbozzare una cupola a ricoprire la camera in cui vengono deposte le uova; altri preferiscono riempire il nido con pezzetti di corteccia finemente sminuzzati e deporre semplicemente le uova in una concavità ricavata dallo spessore dell’imbottitura, nella parte più lontana dall’ingresso del nido.
A seconda delle preferenze dei singoli uccelli nella costruzione del nido, sono solito fornire loro del bambù (di cui utilizzano foglie e rametti intrecciandoli) oppure rami di alberi con corteccia tenera, come cipresso, leccio e alberi da frutta. Personalmente non ho mai usato rami di salice perché non sono facilmente reperibili in zona. Dopo la costruzione del nido, variabile da coppia a coppia in modalità e tempi, i miei uccelli depongono nel nido tra le quattro e le sette uova che entrambi i genitori covano assiduamente per circa tre settimane. Come molti altri allevatori anch’io ho avuto dei problemi di schiusa relativi alla bassa umidità (soprattutto in estate), per cui più di una volta sono intervenuto nebulizzando acqua sui genitori, che lo apprezzano abbastanza, e sulle uova. In un paio di casi ho anche aiutato i pulli ad uscire dall’uovo, anche se devo riconoscere che, sebbene l’esito dell’operazione sia sempre stato positivo, i piccoli da me aiutati non sono mai divenuti robusti e belli come gli altri, ed uno è morto prima dello svezzamento. Per questo motivo mi sono riproposto di non intervenire troppo spesso in questo senso in futuro, ed eventualmente di allevare tali pulli allo stecco, cercando di aumentare la loro aspettativa di vita.
Mi sento comunque di affermare che questo comportamento non è assolutamente conforme ai meccanismi di selezione naturale, pertanto tali uccelli nati solo per nostro volere non contribuiscono positivamente al pool genico della specie e non sarebbero di nessun aiuto in casi di reintroduzione in natura. Intorno all’ottavo giorno di vita inanello ogni pullus: io trovo sia più veloce e agevole fare passare nell’anello le tre dita più lunghe prima ed il più corto poi, facendo scorrere l’anello sulla zampina.
Quando i piccoli sono svezzati, in un periodo che varia tra le quattro e le sei settimane, li separo dai genitori e li metto in volieretta con gli altri novelli e adulti: passa qualche giorno prima che si stabilisca la nuova gerarchia, e quindi i primi tempi i “duelli” sono frequenti, ma non ho mai avuto bisogno di togliere alcun soggetto per incompatibilità con gli altri.
A seconda del numero di pulli nati e svezzati stabilisco per ogni singola coppia quante cove devono essere portate a termine; in genere, comunque, preferisco non superare il numero di tre cove per stagione. Tolgo ogni uovo deposto al termine della terza cova e in genere lo do in “adozione” a coppie con poche uova, marcandole a matita, così da poter distinguere i piccoli delle due diverse coppie tenendoli in osservazione a partire dalla schiusa.





Pulizia e Malattie

Quando si tengono degli animali in casa, la prima cosa da fare è garantire loro una vita almeno dignitosa, e ciò deve essere fatto a partire dalla pulizia degli alloggi, dai quali, vista la loro condizione captiva, non possono uscire di frequente. Ritengo che la pulizia delle gabbie, la loro periodica disinfezione e manutenzione siano le basi per garantire ai nostri uccelli una vita sana e prospera.
Ormai da quattro anni allevo Agapornis e mai ho avuto uccelli malati né morti, e questo penso sia frutto di impegno nel provvedere alla pulizia e all’igiene delle gabbie e dell’ambiente. Ovviamente può capitare che nonostante la nostra dedizione qualche esemplare si ammali (per quanto mi riguarda ho avuto alcuni problemi di salute con ondulati ed esotici) e per questo può essere utile ricorrere ad una gabbia-infermeria riscaldata, che agevola l’organismo nella lotta al malessere. Un’ulteriore accortezza per evitare l’insorgere di problemi sanitari ed epidemie consiste nel sottoporre a quarantena i soggetti appena acquistati, non immettendoli subito nei locali di allevamento.
Resta sempre e comunque vero che prevenire è meglio che curare!


Credo che tutte le fatiche e disagi che comporta l’allevamento degli Agapornis siano più che ripagati dalle esperienze meravigliose che la vicinanza con questi pappagallini ci offre, in virtù della perfezione della natura che in questi animali si manifesta pienamente. Inoltre, mi auguro che l’impegno degli allevatori giunga a preservare l’integrità delle specie in natura, evitando che un eccessivo numero di esemplari catturati porti creature stupende come gli Agapornis all’estinzione. Nella sventurata eventualità che ciò dovesse accadere, spero che il patrimonio genetico delle specie, custodito con amore nei nostri allevamenti, possa essere il fondamento della loro reintroduzione in natura.

Sempre ricordando l’importanza ecologica e conservativa insita nell’allevare con successo Agapornis, spero che la mia umile esperienza possa contribuire a raggiungere obiettivi tanto nobili.