MaurizioDiStefano
20-09-09, 23: 29
GENOCIDI
Ombre sul futuro di uno sporco passato
di Maurizio Di Stefano
Erano gli anni novanta e, come ogni estate, la mia zona era popolata da numerose fiere estive ed autunnali. Lunghe passeggiate, qualche chiacchiera con amici e parenti e gli occhi sempre in movimento, alla ricerca di questo o quel venditore ambulante di animali che poteva avere qualche uccelletto particolare, qualche nuovo esotico, qualcosa di diverso dai soliti canarini, da provare, da sperimentare.
Ricordo perfettamente i gabbioni da 120 carichi di padda, canarini del mozambico, bengalini, tessitori, tutti ovviamente di importazione (di cattura). Decine, centinaia di animali smerciati come quasi fossero oggetti, cose. Come quasi fossero niente.
Io, come quasi tutti quelli che condividono questa fantastica passione, troppo spesso mi farmai a barattare per diecimila lire uno di quei piccoli pennuti colorati, tornando a casa con una gran voglia di accudirlo, di "sistemarlo", di trovargli un posticino nel mio "allevamento" che soddisfacesse adeguatamente tutte le sue esigenze.
La voglia di "avere", di "possedere" uno di quei fantastici pennuti, che troppo spesso viene scambiata per una sorta di "egoistico padroneggiare" nei confronti di un essere più piccolo ed indifeso, era in realtà un'immenso desiderio di esprimere, attraverso tutte le pratiche quotidiane che l'allevamento comporta, un profondo desiderio d'amore verso un altro essere vivente.
Ripensando oggi, col senno di poi, a quei tempi, mi vengono alla mente alcune considerazioni che ritengo molto importanti: tutto ciò era un autentico scempio.
L'Influenza Aviaria (con i decreti dell'UE che sono seguiti) ha, fortunatamente, messo fine ad uno dei più grandi genocidi animali di tutti i tempi, perpetrato per anni nei confronti di numerose specie letteralmente decimate da decenni di catture indiscriminate. E tutto ciò continua ancora adesso, spesso in maniera illagale.
Vari tipi di esotici quasi sterminati, pappagalli giunti sull'orlo dell'estinzione, come del resto altri ormai di comunissima diffusione in allevamento, come il cardinalino del venezuela ed il negrito della bolivia.
Immagini come quella sopra, decine di uccelli ammassati e praticamente condannati a morte, NON possono far parte del nostro mondo. PUNTO. Questo è un assunto di base da cui ogni considerazione deve partire, altrimenti deponiamo le armi e smettiamo di allevare domani mattina, tutti quanti, nessuno escluso.
La nostra dignità di allevatori, l'enorme quantità di "sapere empirico" accumulato in centinaia di anni, devono portare ad una riconsiderazione che il mondo ha di noi e della nostra attività, altrimenti il nostro futuro sarà breve, molto più breve di quanto si possa immaginare.
A qualche anno di distanza dalla suddetta Influenza Aviaria, si vocifera che le importazioni potrebbero essere riaperte. Io mi auguro, come so che ogni buon allevatore farà, che questo non avvenga mai più.
Purtroppo però, troppo spesso, considerazioni economiche sono alla base di ogni discorso riguardante l'opportunità o meno di intraprendere determinati provvedimenti. Il giro di denaro mosso dalle importazioni di uccelli è qualcosa difficilmente quantificabile, e comunque di ammontare molto rilevante, quindi le decisioni degli organi preposti devono sempre fare i conti con le forze in campo.
Ma come non considerare le casse di legno piene di cenerini ammassati moribondi?
Come dimenticare il genocidio del cardinalino del venezuela?
E, più recente, le migliaia di negriti della bolivia che avevano giusto il tempo di morire, o, forse, nemmeno quello.
Animali catturati in un determinato habitat e sbattuti in un ecosistema a loro del tutto estraneo, con un clima diverso, un'alimentazione diversa, nulla di familiare con ciò che era il loro mondo.
Come vedete non è, come spesso si discute, un semplice sentimento "uccello libero, uccello in gabbia", il discorso è molto, molto più profondo ed articolato, ed il nodo centrale non è, a mio avviso, il dilemma "libertà - cattività", seppur rivesta una certa importanza.
Certo è, mi si obietterà, che tutte le specie che oggi possediamo comunemente in allevamento provengono da quel giro che ora tanto si condanna. E' vero, ma c'è sempre, dopo aver vagliato attentamente l'effettiva opportunità di intraprendere un'azione, "modo e modo" di realizzarla. Non sono di certo io a poter dire quale sia (e se ci sia) un modo "etico" per realizzare delle importazioni controllate e regolari, so solo di certo che quello che avveniva fino a qualche anno fa era un genocidio ingiustificato (solo una considerazione.. pensate a quanti cenerini in più ci sarebbero oggi se, invece che ammassarli nei soliti modi, quei cenerini fossero stati trasportati in apposite strutture, seguiti, nutriti adeguatamente e poi venduti. Invece che catturarne un milione per farne arrivare sul mercato diecimila, magari ne avrebbero dovuti catturare, per avere lo stesso risultato, "solo" undicimila).
Il nostro hobby non deve, non può, macchiarsi ancora di certi delitti, di certe atrocità, non può dipingere ancora di se stesso una tela dai toni tanto cupi. Questo è l'augurio più grande che mi sento di fare per i prossimi anni.
Il tempo in quei mercati d'estate si è fermato, con quell'odore forte di polvere da sparo, con quei fuochi d'artificio a celebrare l'ennesimo martire cristiano. Centinaia di martiri animali però, sfiniti ed impauriti tra gli applausi generali, non hanno ricevuto le preghiere di nessuno.
Ombre sul futuro di uno sporco passato
di Maurizio Di Stefano
Erano gli anni novanta e, come ogni estate, la mia zona era popolata da numerose fiere estive ed autunnali. Lunghe passeggiate, qualche chiacchiera con amici e parenti e gli occhi sempre in movimento, alla ricerca di questo o quel venditore ambulante di animali che poteva avere qualche uccelletto particolare, qualche nuovo esotico, qualcosa di diverso dai soliti canarini, da provare, da sperimentare.
Ricordo perfettamente i gabbioni da 120 carichi di padda, canarini del mozambico, bengalini, tessitori, tutti ovviamente di importazione (di cattura). Decine, centinaia di animali smerciati come quasi fossero oggetti, cose. Come quasi fossero niente.
Io, come quasi tutti quelli che condividono questa fantastica passione, troppo spesso mi farmai a barattare per diecimila lire uno di quei piccoli pennuti colorati, tornando a casa con una gran voglia di accudirlo, di "sistemarlo", di trovargli un posticino nel mio "allevamento" che soddisfacesse adeguatamente tutte le sue esigenze.
La voglia di "avere", di "possedere" uno di quei fantastici pennuti, che troppo spesso viene scambiata per una sorta di "egoistico padroneggiare" nei confronti di un essere più piccolo ed indifeso, era in realtà un'immenso desiderio di esprimere, attraverso tutte le pratiche quotidiane che l'allevamento comporta, un profondo desiderio d'amore verso un altro essere vivente.
Ripensando oggi, col senno di poi, a quei tempi, mi vengono alla mente alcune considerazioni che ritengo molto importanti: tutto ciò era un autentico scempio.
L'Influenza Aviaria (con i decreti dell'UE che sono seguiti) ha, fortunatamente, messo fine ad uno dei più grandi genocidi animali di tutti i tempi, perpetrato per anni nei confronti di numerose specie letteralmente decimate da decenni di catture indiscriminate. E tutto ciò continua ancora adesso, spesso in maniera illagale.
Vari tipi di esotici quasi sterminati, pappagalli giunti sull'orlo dell'estinzione, come del resto altri ormai di comunissima diffusione in allevamento, come il cardinalino del venezuela ed il negrito della bolivia.
Immagini come quella sopra, decine di uccelli ammassati e praticamente condannati a morte, NON possono far parte del nostro mondo. PUNTO. Questo è un assunto di base da cui ogni considerazione deve partire, altrimenti deponiamo le armi e smettiamo di allevare domani mattina, tutti quanti, nessuno escluso.
La nostra dignità di allevatori, l'enorme quantità di "sapere empirico" accumulato in centinaia di anni, devono portare ad una riconsiderazione che il mondo ha di noi e della nostra attività, altrimenti il nostro futuro sarà breve, molto più breve di quanto si possa immaginare.
A qualche anno di distanza dalla suddetta Influenza Aviaria, si vocifera che le importazioni potrebbero essere riaperte. Io mi auguro, come so che ogni buon allevatore farà, che questo non avvenga mai più.
Purtroppo però, troppo spesso, considerazioni economiche sono alla base di ogni discorso riguardante l'opportunità o meno di intraprendere determinati provvedimenti. Il giro di denaro mosso dalle importazioni di uccelli è qualcosa difficilmente quantificabile, e comunque di ammontare molto rilevante, quindi le decisioni degli organi preposti devono sempre fare i conti con le forze in campo.
Ma come non considerare le casse di legno piene di cenerini ammassati moribondi?
Come dimenticare il genocidio del cardinalino del venezuela?
E, più recente, le migliaia di negriti della bolivia che avevano giusto il tempo di morire, o, forse, nemmeno quello.
Animali catturati in un determinato habitat e sbattuti in un ecosistema a loro del tutto estraneo, con un clima diverso, un'alimentazione diversa, nulla di familiare con ciò che era il loro mondo.
Come vedete non è, come spesso si discute, un semplice sentimento "uccello libero, uccello in gabbia", il discorso è molto, molto più profondo ed articolato, ed il nodo centrale non è, a mio avviso, il dilemma "libertà - cattività", seppur rivesta una certa importanza.
Certo è, mi si obietterà, che tutte le specie che oggi possediamo comunemente in allevamento provengono da quel giro che ora tanto si condanna. E' vero, ma c'è sempre, dopo aver vagliato attentamente l'effettiva opportunità di intraprendere un'azione, "modo e modo" di realizzarla. Non sono di certo io a poter dire quale sia (e se ci sia) un modo "etico" per realizzare delle importazioni controllate e regolari, so solo di certo che quello che avveniva fino a qualche anno fa era un genocidio ingiustificato (solo una considerazione.. pensate a quanti cenerini in più ci sarebbero oggi se, invece che ammassarli nei soliti modi, quei cenerini fossero stati trasportati in apposite strutture, seguiti, nutriti adeguatamente e poi venduti. Invece che catturarne un milione per farne arrivare sul mercato diecimila, magari ne avrebbero dovuti catturare, per avere lo stesso risultato, "solo" undicimila).
Il nostro hobby non deve, non può, macchiarsi ancora di certi delitti, di certe atrocità, non può dipingere ancora di se stesso una tela dai toni tanto cupi. Questo è l'augurio più grande che mi sento di fare per i prossimi anni.
Il tempo in quei mercati d'estate si è fermato, con quell'odore forte di polvere da sparo, con quei fuochi d'artificio a celebrare l'ennesimo martire cristiano. Centinaia di martiri animali però, sfiniti ed impauriti tra gli applausi generali, non hanno ricevuto le preghiere di nessuno.