Esperienza d’allevamento


La mia esperienza col Verdone testa nera (Carduelis ambigua) ha inizio con due coppie di cattura, acquistate nel mese di Ottobre da un commerciante della mia zona, solerte importatore di fringillidi esotici. Gli uccelli portati a casa, ad una più attenta osservazione, si sono rivelati molto tipici e soprattutto docilissimi.
Sono stati sistemati per coppie in gabbie da 90 cm, preventivamente foderate ai lati con del nylon, onde evitare agli uccelli di ferirsi fra le sbarre, e collocati all’aperto.
L’alimentazione loro fornita si basa su di un misto di semi composto da: scagliola, perilla bianca, girasole nero piccolo, panico, cicoria, lattuga bianca, canapuccia e, in dosi minori, lino, avena e nijer. Inoltre, pastone di tipo secco tagliato con quello morbido nella percentuale del 50%, saltuariamente mela e lattuga e sempre a disposizione del grit unito a sali minerali in granuli e osso di seppia.
L’acqua per il bagno viene fornita almeno due volte a settimana anche nel periodo invernale. Solitamente non faccio mai uso di vitamine o altri integratori particolari e quando si avvicina il periodo della riproduzione, preparo i soggetti con del polline d’api mischiato al pastone (10% di polline per kg di pastone) con l’aggiunta di camelina sativa per una settima circa, e al contempo vario la miscela aumentando le dosi e aggiungendo quei semi più inclini a favorire l’estro dei soggetti, come il papavero blu e la canapuccia. Voglio precisare che tutti i volatili del mio allevamento sono alimentati con miscele molto proteiche dove la percentuale della perilla bianca è abbastanza elevato; dico questo perché i soggetti sono sistemati all’aperto ed è fisiologicamente provato che un uccello per sopportare i rigori dell’inverno ha bisogno di bruciare calorie e queste vengono fornite dai semi ricchi di lipidi.
Il Verdone testa nera si può considerare un uccello piuttosto robusto e, a differenza dei nostri Verdoni indigeni, nel periodo autunnale non soffre di turbe intestinali ed è meno soggetto alla coccidiosi. Nella fase invernale sono rimasto sorpreso nel vederli svolazzare nella gabbia con piumaggio attillato senza risentire minimamente della temperatura abbastanza rigida, non dimostrando alcun problema neanche di fronte all’eccessiva umidità. Nonostante si tratti di soggetti dal facile mantenimento, come tutti gli animali, vanno mantenuti nel migliore dei modi fornendo loro l’optimum di cui si dispone, sia da un punto di vista alimentare che ambientale.
Trattandosi di uccelli di cattura e di fresca importazione, non avendo effettuato alcuna muta in gabbia, nutrivo seri dubbi sulle loro possibilità riproduttive, ma come i più temerari allevatori verso la fine di Marzo ho infrascato l’angolo alto destro del frontale della gabbia con piante finte e rametti di pino ed ho inserito il cestino di vimini da 10 cm. Il giorno 10 del mese di Aprile ho sorpreso una delle due femmine rivestire il cestino con juta, cocco e cotone, componendo una discreta coppa.
Terminato il nido la femmina vi ha deposto quattro uova che ho preferito non sostituire con quelle finte per non disturbarla. Durante la cova il maschio non ha minimamente interferito, anzi era solito imbeccare la compagna sul bordo del nido mentre questa era accovacciata. L’atteggiamento molto pacato del maschio ne ha evitato la separazione dalla femmina; questo comportamento sereno si è poi manifestato anche negli altri maschi da me allevati, a differenza dei Verdoni indigeni sia ancestrali (soprattutto), che mutati (leggermente meno), i quali non si creano scrupoli a molestare le compagne alle volte sino a scondizionarle o a distruggere intere nidiate. Il corteggiamento, così come il canto, è del tutto simile a quello del Verdone europeo, l’unica differenza consiste nel timbro più acuto delle note emesse da quest’ultimo. L’incubazione dura 13 giorni e non si rende necessaria la speratura in quanto le uova feconde all’ottavo giorno circa assumono un colore più scuro. Alla scadenza di questo periodo sono nati due pulli e successivamente gli altri; dal momento che non avevo balie ho lasciato l’incombenza di allevare i piccoli ai propri genitori che così bene si erano comportati sino ad allora. Per abituare i soggetti a nutrirsi dei vari alimenti necessari allo sviluppo dei nidiacei, ne ho iniziato la somministrazione prima della deposizione.
Alla nascita, ho alimentato gli adulti con uovo sodo (la mattina solo per la prima settimana) unito a del pastone secco, canapuccia bollita (per almeno venti minuti) e una fettina di mela; il pomeriggio dadini di semola (latte, uova e semola), nuovamente della canapa bollita e un po’ di lattuga. Non ho fornito insetti e sono riusciti a svezzare in tre covate 10 testa nera. A testimonianza della loro crescita regolare, preciso che intorno al quinto giorno ho inanellato i primi due nati e successivamente gli altri con anello di tipo A preventivamente mascherato con del cerotto (va comunque bene anche l’anello Y); al quattordicesimo giorno hanno abbandonato il nido e intorno al trentesimo giorno si sono resi indipendenti. Una volta svezzati, gli uccelli sono stati sistemati in volierette da 120 cm ed alimentati con una miscela di semi con prevalenza di scagliola, con della canapuccia bollita (rinnovata due volte al giorno), spighe di panico, perilla bianca in una vaschetta a parte e saltuariamente mela e lattuga.
Per quanto concerne la seconda coppia, in quell’anno non si è riprodotta e la femmina si è limitata a portare per tutta la gabbia il materiale da nido senza mai decidersi a costruirne uno.
Una considerazione importante, anche se potrebbe sembrare scontata, sta nel fatto che i migliori soggetti nascono da genitori molto tipici; all’uopo andranno ricercate quelle femmine che più di altre manifestino un cappuccio evidente con disegno sul dorso molto marcato e una barra alare giallo intenso.
I maschi invece dovranno avere un cappuccio molto netto provvisto di nero lucido con la minima presenza di brinature come spesso accade. Un difetto ricorrente, riscontrato nei vari esemplari di allevamento, è la presenza di piumette acianiche che si localizzano soprattutto all’altezza del capo.

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Testo, foto e allevamento di
Francesco Giacalone.
Parte dell’articolo pubblicato sulla rivista Alcedo N° 29, Periodo Settembre-Ottobre 2006.