Caro Maurizio,
perdonami ma senza riferimenti precisi ho difficoltà a discutere.
Stavamo parlando del Lazio, e non di tutte le altre Regioni, la cui normativa comunque in parte conosco e che non prevede in ogni caso, cioè in tutte le Regioni, l'autorizzazione all'allevamento degli indigeni. Magari più avanti, con un po' più di fantasia, mi metterò a fare la lista delle regole Regione per Regione, ma ora sono un po' stanco.
Quello che vorrei far comprendere, ed approfitto del tuo intervento per ribadirlo in modo ancor più chiaro, è quanto segue:
Riguard l'allevamento degli indigeni nel Lazio, il problema si pone in questi termini:
1) Non esiste una norma che esplicitamente consenta tale allevamento, magari disciplinandolo nelle modalità. Per capirci, una norma tipo questa: "E' consentito allevare liberamente uccelli appartenenti alle specie autoctone, purchè regolarmente inanellati con anello inamovibile. Non è necessario effettuare denunce di nascita nè richiedere alcuna autorizzazione alle Autorità. Sono liberi e non richiedono alcuna formalità il trasporto, la cessione a qualsiasi titolo e la detenzione".
Questa norma, che ho inventato io, taglierebbe ogni discussione sul nascere e saremmo tutti felici e contenti. Però non esiste.
2) Non esiste una norma che esplicitamente vieti tale allevamento. Per capirci, una norma tipo questa: " E' vietata la detenzione, anche temporanea, a qualsiasi fine, anche amatoriale o di ricerca scientifica, di uccelli appartenenti alle specie autctone. Chiunque violi la disposizione di cui al comma precedente è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1000 a 5000 euro. Se il fatto è commesso per finalità di lucro, si applica la reclusione da tre anni a dieci anni e la multa da 10000 a 50000 euro".
Questa norma, che ho inventato io, svuoterebbe le nostre gabbie perchè non vi sarebbero dubbi circa il fatto che è vietato allevare gli indigeni, e si rischia molto. Però non esiste (e meno male).
3) Il mondo reale è molto meno netto. La norma realmente vigente è quella che ho già riportato, e cioè l'art.19 della L.R. 17/95, sul cui significato e sulla cui interpretazione ho scritto anche troppo.
Tale norma è suscettibile di interpretazione (come tutte), e nessuno, nè io nè il Presidente della Repubblica, nè il Comandante del Corpo Forestale dello Stato, nè il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, potranno mai anticipare con certezza quale interpretazione ne darà l'Autorità Giudiziaria, e cioè se questa aderirà alla mia interpretazione, o a quella più restrittiva.
Nessuno, e ripeto nessuno, potrà mai sciogliere il dubbio. Ed anche se, un giorno, un giudice dovesse essere investito della questione, non è detto che la volta successiva un altro giudice non interpreti quella norma diversamente.
Nel mondo del diritto assistiamo quotidianamente a constrastanti interpretazioni anche su norme che appaiono chiarissime. Figuriamoci su una come l'art. 19 di cui qui si discute.
Cosa fare allora?
Ognuno fa quello che gli pare.
Vi dico quello che faccio io.
Di certo non smetto di allevare i miei beniamini perchè forse, un giorno, un agente della Forestale potrebbe farmi una multa che, se impugnata, con buone probabilità riuscirei a far annullare. E anche se non ci riuscissi, non è che adesso smetto di allevare per quella ragione.
Smetterò se e quando dovessi essere multato e poi soccombere in giudizio. Quel giorno, se mai verrà, e ne dubito, mi dispiacerà molto ma prenderò atto che lo Stato italiano non consente tale allevamento e mi adeguerò come deve fare ogni cittadino onesto, quale sono.
Non smetterò di allevare perchè un dipendente del CFS, magari al telefono e senza mettere nero su bianco, interpreta per semplicità quella norma in modo restrittivo, nè rimarrò convinto se, al contrario, lo stesso dipendente mi dovesse rassicurare sulla correttezza della mia interpretazione.
Io non sono un carbonaro, so leggere e conosco il diritto. A mio avviso la norma va interpretata nel modo che ho detto, ed interpretare le norme è parte (importante) del mio mestiere. Quando un giudice mi dirà il contrario, mi adeguerò.
Personalmente ritengo le cose molto più semplici di quanto appaiano. La legge, anche se scritta male, non la applicano gli idioti: i miei uccelli sono nati in cattività, da chissà quante generazioni. Non sono un bracconiere (so a mala pena cosa sia), sono inanellati, ho i documenti che attestano un regolare acquiesto, sono un amante degli animali e li tengo da Dio. La mia condotta non contrasta in alcuna misura con lo spirito di quella legge, che è una legge che nasce per contrastare il prelievo in natura. Cosa c'entro io? Se un giorno non lo dovesse capire un agente del CFS (cosa che non credo), lo capirà il giudice al quale mi rivolgerò.
Un caro saluto
Roberto