Il nuovo editoriale dal titolo ""PASSIONE ARRICCIATI "" - a disposizione gratuita dei nostri soci e simpatizzanti, nell'apposita sezione Editoriali dell’A.O.E.
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Discussione: Indagine su colonie di pappagalli in libertà in Italia

  1. #31
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    non vorrei alzare qualche spolverone ma se fossero stati intenzionalmente liberati da qualche animalista? certamente però vien da chiedersi perchè solo queste 2 specie...
    Per l'amazzone fronte blu mi chiedo davvero come abbia potuto essersi ambientato a Genova creando una piccola colonia!!
    "Abbia fede e troverà esauriente risposta a tutti i perchè, e tutte le prove saranno sopportabili, e il dolore si rivestirà di luce" P. Leopoldo

  2. #32
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    Mi ricordo che diversi anni fa si parlava solo di qualche sparuto gruppo di pappagalli rinselvatichiti (monaci e collari) quà e là in Italia. Ora le colonie sono più numerose e diffuse e non faccio fatica a crederlo.
    Luca si chiede perchè proprio solo queste due specie. Perchè si tratta di animali robusti e opportunisti e credo che i pochi soggetti fuggiti si siano potuti tranquillamente adattare al nostro ambiente, sopravvivendo e riproducendosi. E aumentando la propria consistenza numerica.

    Non dimentichiamo che fino al blocco delle importazioni, nel 2005, ne arrivavano i Europa ed in Italia a vagonate. Ho visto personalmente presso un importatore delle mie parti, in passato, voliere stracolme di parrocchetti dal collare, si parla di qualche centinaio di soggetti alla volta. Ricordo si compravano a 30-40.000 lire alla coppia. E le fughe accidentali non saranno state così rare. Trattandosi di uccelli di cattura, adattarsi al nuovo ambiente non deve essere stato poi così difficile come sarebbe potuto essere nel caso di soggetti roprodotti in cattività e quindi domestici.

    Mi risulta difficile pensare a gruppi organizzati di ambientalisti che liberano sistematicamente questi uccelli in varie zone d'Italia.
    Ciao, Roberto

    (allevo parrocchetti australiani)


  3. #33
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    L'avatar di roberto ghidini
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    Mi risulta difficile pensare a gruppi organizzati di ambientalisti che liberano sistematicamente questi uccelli in varie zone d'Italia.
    Soprattutto non si potrebbero chamare ambientalisti,visto che altererebbero l ecosistema mettendo a rischio la biodiversita esistente.

  4. #34
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    MACCHÉ RONDINI ARRIVANO I PAPPAGALLI Federica Fantozzi

    MACCHÉ RONDINI ARRIVANO I PAPPAGALLI
    di Federica Fantozzi

    Pappagalli in città. Ultimo frutto multicolore del riscaldamento globale, dell’urbanizzazione degli habitat, dell’evoluzionismo. E gli ornitologi si interrogano. Saranno le rondini del futuro? Non migrano ma evocano il bel tempo, di più: il caldo torrido. Rimpiazzeranno i piccioni nelle piazze?
    Certo, non si nutrono di rifiuti, però spolpano sistematici le gemme degli alberi. In tanti, sopravvivono al gelo e invadono le metropoli: parrocchetti verde smeraldo, cacatua dalla cresta orgogliosa, becchi rossi e ali blu.

    A Roma la colonia di nel parco di Villa Borghese compie 10 anni: nel ‘99 il primo avvistamento del pennuto esotico con grande capacità riproduttiva.
    A Genova e Milano nidifica l’amazone fronte blu.
    Il parrocchetto monaco, coda corta e petto bianco, non teme il vento del Nord: visto a Pavia, Bergamo, Pastrengo, Verona, Udine e Trieste. Spesso sono i bambini a scoprirli, e interi quartieri li adottano.

    Nidificano tra le case popolari di Tor Marancia, nei giardini condominiali dell’Aurelio, nei parchi dell’Appia Antica.

    Alla Caffarella, gli strepiti dal boschetto di cedri hanno fatto individuare un grande nido di sterpi affollato di pappagalli variopinti.
    C’è una colonia a piazza Re di Roma, un’altra divora datteri delle palme tra Santa Maria Maggiore e via Merulana. «È l’ultima tappa di un fenomeno che ha portato in città cormorani, nutrie, istrici - spiega l’etologo Emanuele Coco - Sull’onda di un trend evoluzionistico “urbano”, ecco animali che devono darsi al bricolage esistenziale per saltare il fosso dell’estinzione.
    Sono grandi riciclatori di opportunità: qualsiasi cosa serve per sopravvivere». Coco è autore del saggio Ospiti ingrati sulle invasioni più o meno barbariche di stranieri affamati: sorci in soffitta, vespe in terrazzo, gabbiani sul tetto, meduse tropicali nel mare nostrum . Superato il trauma, per loro è la conquista del West: «In fondo le città sono costruite per essere accoglienti.

    I pappagalli trovano sacchetti dell’immondizia anziché bacche ma non hanno concorrenti. E non esistono stagioni: per strada c’è cibo tutto l’anno. Una strategia di sopravvivenza che alla fine premia». Ospiti ingrati anche loro? «È sempre possibile uno stravolgimento degli equilibri, e chi prende una nicchia di solito spintona gli altri... Ma non è mai stato stimato il grado di pericolosità di un pappagallino».
    Il dibattito è aperto.
    Anche on line, per esempio sul forum «Molfetta città dei pappagalli». Si lamenta Fleursdumal che «Molfetta non è solo il paese delle belle donne, come recita un proverbio locale, ma anche la casa di migliaia di pappagalli che ciangottano tutto l’anno». Conclude: «C’è da capire se, dopo essersi spinti su Bisceglie, faranno una capatina a Bari». Puntualizza Melodia: «Che tragitto è? Dopo Molfetta, verso sud, c'è Giovinazzo, poi Santo Spirito e Palese. Bari arriva dopo». Conclude Albatros: «Se quel signore vuole fare cambio con i nostri piccioni da vicolo brutti e puzzolenti...».


    Federica Fantozzi

  5. #35
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    SPECIE INTRODOTTE LOCALIZZATE studio anno 2003

    AVES – Psittaciformes – Psittacidae
    Parrocchetto dal collare – Rose-ringed Parakeet
    Psittacula krameri
    è uno dei pappagalli più diffusi sulla Terra essendo, tra l’altro, l’unica specie il cui areale si
    estenda dall’Asia fino all’Africa sia pure con sottospecie ben distinte. In India è praticamente ubiquitario e spesso vennero esportati migliaia di individui e oggi è una delle specie più diffuse in avicoltura, tanto da essere stato
    escluso dalla lista CITES. Sfuggito alla cattività o rilasciato intenzionalmente si è dimostrato capace di superare
    inverni anche rigidi e di competere con successo con le specie autoctone per le cavità degli alberi nelle quali porre
    il nido. Ha formato popolazioni capaci di riprodursi anzitutto in Inghilterra e poi in vari altri paesi europei. La
    popolazione libera in Italia è stata stimata nel 2003 in 200- 350 individui attualmente presenti a Genova (un
    centinaio), a Verbania-Pallanza (una ventina), in Provincia di Bologna (ancora una ventina), a Roma, villa Borghese
    (meno di 10 coppie), a Napoli (5 coppie circa) e in Sicilia con 20-40 coppie nei parchi di Catania, Siracusa e
    Palermo. In Lombardia le osservazioni sono sporadiche. È un interessante ornamento dei parchi urbani che vale la
    pena conservare finché rimane in tale contesto. (RM)


    Parrocchetto monaco – Monk Parakeet
    Myopsitta monachus
    Pappagallo di origine neotropicale che, a causa della scarsità di alberi nei suoi luoghi di origine, ha evoluto
    l’abitudine di costruire un grande nido collettivo di stecchi all’interno del quale vengono allestite le cavità nelle quali
    nidificano le singole coppie. Molto numeroso nei luoghi di origine, è stato spesso importato in Europa e talora
    mantenuto in piena libertà grazie alle sue abitudini coloniali che rendono relativamente facile il suo
    mantenimento sotto controllo. Oggi è considerata specie naturalizzata in Spagna, Belgio, Olanda, Regno Unito,
    Repubblica Ceca e Italia. Nel nostro paese è stato rilasciato a Milano fin dagli anni ’30, ma la colonia, nei
    giardini pubblici, fu poi distrutta dai ratti negli anni ’50.
    Successivamente, altri individui furono rilasciati negli anni ’50 e ’60 ma anche questa volta la colonia ebbe una breve
    durata. Oggi, comunque, in Italia dovrebbero essere presenti 400-500 coppie principalmente in Provincia di
    Verona (100 coppie nel Parco-Zoo del Garda), in Provincia di Bergamo (100 coppie, Parco Faunistico Le
    Cornelle), in alcuni parchi di Roma (100-200 coppie, Parco della Caffarella e Villa Pamphili), in Puglia a Molfetta e
    Giovinazzo (100 coppie circa) e altrove con poche coppie.
    (RM)
    Marco Cotti FEO 0004





    http://digilander.libero.it/cocoricoland/index.htm

    http://tarantamyblog.blogspot.com/

    Dove tuona un fatto, siatene certi, ha lampeggiato un'idea.
    Ippolito Nievo

  6. #36
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    Regione Piemonte relazione su pappagalli in libertà - Luca Longo

    Tre le specie comunemente osservate: l'amazzone fronte blu ( Amazona aestiva ), il parrocchetto dal collare ( Psittacula krameri ) e il parrocchetto monaco ( Myiopsitta monachus ). Quest'ultimo, ormai, è così diffuso che molti ornitologi lo inseriscono regolarmente nella check-list dell'avifauna italiana.

    In Italia le prime segnalazioni di parrocchetti monaci "in libertà" risalgono al 1950, quando una piccola colonia, sfuggita allo zoo di Milano, si stabilì su un grosso albero all'interno di un vicino giardino pubblico. Negli anni successivi osservazioni di questo tipo si sono ripetute in molte città italiane e oggi la specie, anche se in modo discontinuo, è diffusa sull'intero territorio nazionale. Nel Nord Italia popolazioni di una certa consistenza sono segnalate, ad esempio, in provincia di Verona, a Sant'Alessio, vicino Pavia, nell'omonima oasi, in provincia di Bergamo, all'interno del parco faunistico "Le Cornelle", a Parma, nel Parco Ducale, e a Milano.

    Gruppi più piccoli sono presenti, tuttavia, anche a Genova, a Sesto Imolese (MO) e a Reggio Emilia. Myopsitta monachus si riproduce regolarmente, però, anche in Italia centrale e meridionale. A Roma ci sono alcune colonie al parco della Caffarella e nei giardini vaticani, ma nuclei stabili più o meno numerosi si sono insediati pure in varie zone del Lazio, a Napoli, a Bari, a Molfetta e a Catania.

    Dall'Africa centrale e nord-orientale e dall'Asia meridionale proviene, invece, il parrocchetto dal collare, che deve il suo nome alla presenza, nel maschio, di un evidente collare formato da una riga rosa e una nera, che si estende dalla gola alla nuca. Nella femmina, al contrario, questo collare è molto meno marcato ed è di colore verde pallido. Collare a parte, la specie si riconosce con facilità dalla precedente per le maggiori dimensioni, la lunga coda, visibile soprattutto quando l'animale è in volo, il piumaggio verde brillante, con sfumature blu sulle timoniere, e il vistoso becco rosso.

    Anche il parrocchetto dal collare, al pari del monaco, nei secoli scorsi è stato introdotto in molti Paesi e oggi lo possiamo osservare in Egitto, Giordania, Israele, Kuwait, Iran, Iraq, a Hong Kong e a Singapore. In Europa è presente in Portogallo, Spagna (isole Canarie comprese), Francia, Olanda, Belgio, Austria, Germania, Svizzera, Croazia, Gran Bretagna e ovviamente in Italia.

    Per quanto riguarda, infine, l'amazzone fronte blu, l'unica popolazione stabile presente, al momento, sul territorio italiano sembra essere quella di Genova, che conta circa una ventina di individui. Originario del nord est del Brasile, del Paraguay, della Bolivia e del nord dell'Argentina, questo pappagallo, dall'aspetto massiccio, passa spesso inosservato a causa delle abitudini particolarmente elusive. Oltre che nel capoluogo ligure l'amazzone fronte blu, ogni tanto, viene osservata anche in altre parti d'Italia, ma si tratta quasi certamente di soggetti singoli sfuggiti alla cattività.

    Per ora la presenza di questi pappagalli nel nostro Paese non sembra causare particolari problemi né all'avifauna né alle coltivazioni. La loro lenta ma continua diffusione non va però trascurata; lo sanno bene gli ornitologi che da tempo stanno monitorando il fenomeno; tuttavia, per il momento, godiamoci senza timore la presenza anche nei nostri cieli di questi esotici uccelli il cui unico difetto sembra essere quello di fare un po' di rumore.

    testo di Luca Longo
    Marco Cotti FEO 0004





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    Ippolito Nievo

  7. #37
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    Vorrei aggiungere che in occasione di una gita a Barcellona,la scorsa Pasqua,in tutti i giardini pubblici ho visto un n°incredibile di parrochetti monaci,nel parco della villa del famoso architetto Gaudi ogni albero o palma aveva un nido piu o meno grande,alcuni in costruzione,e la densitàdi uccelli era impressionante

  8. #38
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    Le calpositte si santa venerina - falco di palude

    Santa Venerina (CT) – Dista 223 Km. da Agrigento, 151 Km. da Caltanissetta, 24 Km. da Catania, alla cui provincia appartiene, 116 Km. da Enna, 69 Km. da Messina, 267 Km. da Palermo, 128 Km. da Ragusa, 82 Km. da Siracusa, 374 Km da Trapani. Il comune conta 7.692 abitanti e ha una superficie di 1.879 ettari per una densità abitativa di 409 abitanti per chilometro quadrato.

    Sorge in una zona litoranea collinare, posta a 337 metri sopra il livello del mare. La produzione agricola locale è basata sulla coltivazione dell'uva da mosto, della frutta, degli agrumi e sulle nocciole.

    Ma la cosa più spettacolare, è che nel territorio di Santa Venerina, in zona Passopomo nella proprietà di un privato (circa tre ettari di terreno), da alcuni anni si è creata una colonia di Calopsitta (Nymphicus Hollandicus). La straordinaria colonia, che attualmente conta una quindicina di esemplari, è formata da uccelli inselvatichiti di tipo Cinnamon, ancestrale e perlato.



    Gli uccelli generalmente, sono stati avvistati in zona e pernottare sopra un grande Carrubo secolare e sono ormai stanziali. Un paio di anni fa, da uno degli uccelli ritrovato morto, si risalì al proprietario il quale dichiarò che il pennuto era fuggito dalla sua custodia mesi prima. Dall’esame autoptico, si vide che era in buona salute, (era morto a causa dell’aggressione di qualche predatore, probabilmente una Poiana), ben nutrito e nel suo stomaco vennero rinvenute sementi varie, tra cui frumento. L’ipotesi più accreditata, fa credere che diversi pennuti fuggiti da chissà dove (l’unico volatile inanellato era quello rinvenuto morto) e che si siano ambientati, abbiano dato vita alla colonia….. La straordinarietà dell’ evento è ancora maggiore se teniamo conto della fauna della zona: Corvidi (gazze, cornacchie grigie) Falconiformi e Strigidi nonché Gatti selvatici che chiaramente non sono altro che predatori nei confronti dei pappagalli in questione. Come questi volatili esotici si siano potuti adattare a questo habitat così ostile per loro, rimane un mistero. Ma se consideriamo che nel Mediterraneo ad esempio, ormai da anni esistono dei Barracuda o dei Pesci Balestra del Mar Rosso (anche se il motivo è diverso, per via delle vicinanze con le Coste dell’Africa e dell’alterazione della temperatura delle acque), la cosa potrebbe anche non stupire più di tanto..

    Di cosa si siano nutriti? Frutta e verdura (pere, mele, albicocche sono coltivati stabilmente), inoltre miglio, frumento e avena non mancano in zona. Naturalmente queste sono solo ipotesi, non sono stati condotti studi scientifici e approfonditi sull’argomento.
    Riflessione:

    Le transazioni tra selvaggio e urbano avvengono all'interno della cornice spaziale di quello che gli ecologi chiamano un «ecotono»: una zona di transizione tra comunità biologiche i cui confini possono essere relativamente bruschi, oppure graduali (come tra animali domestici, inselvatichiti e selvatici). Per di più, la scienza ha riconosciuto da tempo uno speciale «effetto limite» negli ecotoni: una maggior diversità quanto a specie risultante da «una interconnessione delle specie, alcune delle quali sono i membri più tolleranti delle comunità adiacenti e altre che sono specie limite tipiche dello stesso ecotono». Per dirla in altri termini, l'ecotono selvaggio-urbano può essere considerato un ecosistema vero e proprio, per quanto più dinamico, meno lineare e più instabile delle sue comunità costituenti. Una caratteristica importante è il rimaneggiamento, talvolta stravagante, delle catene alimentari e dei rapporti predatore-preda. In altre parole, la vita selvatica diventa sempre più urbana nei suoi modelli base di sussistenza, mentre intanto le specie domestiche s'inselvatichiscono…. Un esempio a caso: Nei deserti industriali di Los Angeles sud, branchi di cani selvaggi minacciano la vita dei bambini, e nella ricca Los Angeles ovest i pappagalli fuggiti, proliferati in numerose colonie selvatiche, sorprendono i passanti con le loro chiacchiere insolenti. Le piante ornamentali evase, come l'indistruttibile arundo, sono diventate erbacce da Apocalisse che soppiantano la flora indigena a un ritmo sempre più sostenuto…. Quindi è meglio concepire «selvaggio» e «urbano» come qualità o processi variabili piuttosto che come scatole dai confini precisi, un'idea questa che ben si adatta alla crescente predilezione degli studi ambientalisti per «wild», selvatico, in quanto concetto più ricco e dialettico di «wilderness», regione selvaggia e incolta. (citazione Giangiacomo Feltrinelli)

    Pur tuttavia, quello descritto, rimane comunque un evento insolito, che ovviamente, va contro la natura della Calopsitta come di qualsiasi altro pappagallo o animale che sia al di fuori del suo habitat naturale.

    Rimane pur sempre un evento straordinario ed in questa ottica va riconosciuto. Il mio quindi, vuole essere un modestissimo contributo di mera informazione, e quindi senza la presunzione “scientifica” di valutazione e di studio del fenomeno, ma quello di un semplice appassionato.

    Cordiali saluti

    Falco di palude

  9. #39
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    Quote Originariamente inviata da gianlu.11 Visualizza il messaggio
    anche a valbrembo(bg) i parrocchetti dal collare escono ed entrano dal parco le cornelle e si riproducono con successo, ce ne sono centinaia...
    verissimo!!!!!!!
    a dire di alcuni miei conoscenti si stanno pure diffondendo con varie colonie lungo il corso del fiume Brembo!!!


    in oltre vorrei aggiungere che a Barcellona(spagna), dove ho trascorso le mie vacanze estive mi son sembrati la specie di uccelli più diffusa..
    forse si potrebbero contender il primato giusto con i piccioni!!!!!
    *+*

  10. #40
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    Ciao io o sentito che utipo di pappagallo fugito da case e ruscito ad isediarsi a Cagliari, e persino a ripridorsi sulle piante di palma. Io la prima volta che melanno detto non cio creduto, ma poi la notizia e apersa anche nel unione sarda.

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