Il nuovo editoriale dal titolo ""PASSIONE ARRICCIATI "" - a disposizione gratuita dei nostri soci e simpatizzanti, nell'apposita sezione Editoriali dell’A.O.E.
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Discussione: Fumetti.. comics.. manga.. SUPERGULP!! :D

  1. #1
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    Fumetti.. comics.. manga.. SUPERGULP!! :D

    Ciao a tutti!
    Chi di voi, oltre a me, dopo l'interesse ornitologico, possiede quello verso il mondo dei fumetti, americani o giapponesi?
    o magari verso i grandi classici italiani (corto maltese, alan ford ecc..)? oppure verso le opere orientali, come i manga o gli anime?
    e poi ci di voi si ricorda (perchè ha vissuto quegli anni) o ha scoperto recentemente (tipo me) supergulp? i fumetti letti in tv negli anni 70 circa, che andavano in onda alla rai!
    Discutiamone liberamente, magari consigliandoci qualche lettura per passare il tempo fra una cova e l'altra XD

    ciao!



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  2. #2
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    la più bela copertina di tutti i tempi!!!

    ciao mi fa piacere trovare un fan dei Comic

    comincio io con la più bella copertina di tutti i tempi...

    Blake e Mortimer il marchio Giallo





    segue....
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  3. #3
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    Azz!!! Bellissimo argomento. Attualmente leggo Berserk del mitico e grande Kentaro Miura tra l'altro autore del "Il Re Lupo",l'anime purtroppo si ferma all'eclissi... Leggo Bleach di Tite Kubo un manga bellissimo a mio avviso,l'anime di Bleach e ben fatto ma con troppi filler. Claymore di Norihiro Yagi bellissimo anzi bellissima è un Gatsu al femminile in certi versi,l'anime e ben fatto e tra i pochi anime quasi rispecchianti il manga. Naruto di Kishimoto bhè si commenta da solo anche sè non mi ha affascinato da subito. L'anime di Full Metal Panic è spettacolare anche sè il manga è tratto da esso(al contrario di molti altri). Lo stile italiano o occidentale non mi affascina tanto ma mi piacciono i "manhwa" tipo Chonchu di Kim Sung Jae ancjessomolto bello e profondo con un tratto troppo bello e abbastaza cupo. Per ora devo scappare come posso scriverò altri capolavori del genere che ho letto ed ho avuto il piacere di leggere e vedere.
    "Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi."
    Albert Einstein

    “Voglio conoscere come Dio ha creato questo mondo. Non sono interessato a questo o a quel fenomeno, nello spettro di questo o quell' elemento. Voglio conoscere i Suoi pensieri; il resto è tutto un dettaglio.”
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  4. #4
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    Quote Originariamente inviata da marco cotti Visualizza il messaggio
    ciao mi fa piacere trovare un fan dei Comic

    comincio io con la più bella copertina di tutti i tempi...

    Blake e Mortimer il marchio Giallo





    segue....
    wow, bello marco! non lo conosco però
    mi fa piacere anche a me, sapere che addirittura uno dei BIG della feo ama anche i fumetti

    Quote Originariamente inviata da Sagara Visualizza il messaggio
    Azz!!! Bellissimo argomento. Attualmente leggo Berserk del mitico e grande Kentaro Miura tra l'altro autore del "Il Re Lupo",l'anime purtroppo si ferma all'eclissi... Leggo Bleach di Tite Kubo un manga bellissimo a mio avviso,l'anime di Bleach e ben fatto ma con troppi filler. Claymore di Norihiro Yagi bellissimo anzi bellissima è un Gatsu al femminile in certi versi,l'anime e ben fatto e tra i pochi anime quasi rispecchianti il manga. Naruto di Kishimoto bhè si commenta da solo anche sè non mi ha affascinato da subito. L'anime di Full Metal Panic è spettacolare anche sè il manga è tratto da esso(al contrario di molti altri). Lo stile italiano o occidentale non mi affascina tanto ma mi piacciono i "manhwa" tipo Chonchu di Kim Sung Jae ancjessomolto bello e profondo con un tratto troppo bello e abbastaza cupo. Per ora devo scappare come posso scriverò altri capolavori del genere che ho letto ed ho avuto il piacere di leggere e vedere.
    hee hai citato tutte grandi opere
    berserk è favoloso... bleach ho iniziato a prenderlo, ma non mi ha preso tanto, e dato che sono 50 volumi ho deciso di smetterlo...
    naruto invece è un capolavoro XD anche se pure io mi ci sono avvicinato non sperando in chissà cosa... e invece... forse perchè viene tanto ritenuto un "cartone da bambini", ma d'altronde è colpa della mediaset... che ha rovinato qualsiasi anime e manga XD

    bene dai, mi fa MOLTO piacere che c'è della gente interessata anche a questo anch'io amo fumetti e cartoni giapponesi sagara, ma non sono uno "di parte", perchè mi piacciono tantissimo anche i classici comics..in questo periodo mi sto leggendo tantissimo Rat-man... è semplicemente mitico, fa morire dal ridere in ogni vignetta! XD



    RAE 0316

  5. #5
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    Io mi sono fermato al Comandante Mark che leggevo da ragazzino...i mitici Lupi dell'Ontario!!!
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  6. #6
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    il mondo dei Comics

    E' un argomento interessante e molto articolato.
    Tra le altre cose dobbiamo mettere in conto i salti generazionali.
    Chi ha la mia età è partito con capitan Miki, il grande Bleck, Tex Wiler, Alan Ford, per poi passare a Hugo P ratt, Moebius, Giardino,Pazienza tanto per citarne alcuni.

    Le generazioni sucessive hano avuto eroi e autori che mano a mano si aggiungevano agli storici dela "Golden Age"... argomento interessantissmo e culturale, se siete d'accordo dalla sezione Off Topic, lo si può passare alla sezione Cultura, credo sia meglio collocare li le discussioni che spero saranno copiose...

    fatemi sapere

    ciao

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  7. #7
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    hai citato dei grandi autori
    come ad esempio hugo p ratt, mente di corto maltese poi altro grande fumetto che ho iniziato a seguire proprio alcuni giorni fa (guardando il fumetto letto su supergulp) è appunto alan ford, uno di quelli disegnati meglio a mio parere
    comunque concordo anch'io, spostate pure nella sezione cultura d'altronde i fumetti non sono una semplice cosa da ragazzini come magari alcuni credono... anzi, il fumetto a mio avviso è una delle forme d'arte più espressive... non solo bisogna saper creare una trama e un filone logico attraente e che possa dilungarsi per volumi e volumi, ma bisogna anche saper disegnare questa storia.... anche solo il decidere da che angolazione rappresentare una scena in una vignetta crea quello che poi sarà l'opera completa



    RAE 0316

  8. #8
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    Effettivamente ci sono molte opere itaiane di rilievo ma io penso che la lettura si molto soggettiva senza dimenticare che "il come si presenta una vignetta,una pagina o altro" faccia il totale sul gusto più o meno personale. L'arte è arte e ciò non si discute e chi li paragona "tutti" a fumetti per bambini bhè che dire..fanno più ridere il 70% dei quotidiani che trattano determinati argomenti che i "fumetti". Penso che sè in ognuno di noi ha perso la capacità di comunicare con quel che rimane del "bambino" che è in sè è un pò triste.IMHO
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  9. #9
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    Mi avete atto ricordare i vecchi, forse meno belli o forse no, tempi. Guardate questo pulpit70.110mb.com

  10. #10
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    Fumetti: introduzione all'arte del fumetto

    Fumetti: introduzione all'arte del fumetto


    Arte o non arte? Da quanto si evince dai numerosi articoli, discussioni, tavole rotonde ecc., pare che ancora oggi sussista e sia più vivo che mai il confronto riguardo a come si debba valutare il fumetto. Se sul cosa sia (o come sia fatto) pare non sussistano più molti dubbi, il problema si pone invece nel momento in cui si tenta di comparare questa forma di espressione per immagini ad una qualsiasi altra forma d’arte esistente.

    Forse, il senso di tale dilemma va ricercato più a monte, in quella che può essere interpretata come un’incertezza di fondo riscontrabile nella definizione stessa del concetto di arte. Schiere di fazioni pro e contro il fumetto come arte si ritrovano attualmente a questionare sulla necessità di circoscrivere il fumetto in qualche maniera, se dargli una connotazione artistica oppure considerarlo come una specie di “dio minore” fra quelle arti che sembrano staccarsi il più possibile dalla “quotidianità” dell’uomo, ossia dalla sua naturale tendenza comunicativa e avvicinarsi invece ad altri universi di senso caratterizzando in questa maniera un’arte “maggiore” fatta per pochi eletti dotati delle necessarie competenze per recepire i messaggi che essa veicola in modo profondo e completo.
    Se si è disposti ad accettarlo in un ambito di questo genere, resta comunque il quesito circa la sua collocazione precisa (è più vicino ad esempio al cinema o alla pittura? Da entrambi, indubbiamente, mutua alcune proprietà del linguaggio) mettendo in luce comunque uno status non altrettanto privilegiato o definito rispetto a quelle forme riconosciute unanimemente: la Musica, la Pittura, la Scultura, il Teatro, la Danza, Letteratura. Persino la Fotografia ed il Cinema hanno acquisito in tempi relativamente brevi un riconoscimento dei propri meriti artistici, mentre l’immagine del fumetto appare ancora sfuocata, annaspante nel limbo dove, per molti versi, come un figlio illegittimo, viene guardato dall’alto in basso forse a causa del suo linguaggio irriverente, di bassa lega, oppure a causa dei suoi natali non proprio altolocati.
    Questi ultimi fanno riferimento all’ambito della cultura di massa, al prodotto dell’industria culturale per un pubblico uniforme dai gusti omologati, da considerare senz’altra pretesa se non quella di fornire un intrattenimento facilmente accessibile e a basso costo (sebbene al giorno d’oggi anche questo non corrisponda più a verità). Può essere arte questa? Del resto, questo senso di inadeguatezza emerge anche tra gli “addetti ai lavori” che vedono sovente la loro opera svalutata dalle dinamiche di marketing, adattata ad un’ottica di sfruttamento senza limiti che non valorizza i contenuti e favorisce in ultima analisi la standardizzazione dei formati e degli stessi stili (va di moda Spiderman? Facciamo tutti Spiderman e i suoi epigoni).
    Miller: Per quanto tempo resteremo ancora condizionati dal fatto che un sacco di tempo fa un tipo ha piegato un giornale in due, poi ancora in due e ci ha dato un formato terribile che adesso dobbiamo tenerci? Eisner: Be’, ce lo terremo finché il processo produttivo resterà lo stesso. Te lo dovrai tenere finché lavorerai con la carta. Miller: Detesto l’albetto. La natura periodica dei fumetti è assolutamente sbagliata. Non è semplicemente una pessima cosa dal punto di vista commerciale, è terribile anche dal punto di vista dell’immagine. Perché valga la pena di pagarlo 2,50$ devono metterci dentro un sacco di roba, mentre quando costava 10 centesimi aveva senso. Adesso con quello che costa un albetto che ha solo venti pagine di storia, gli autori sono costretti ad infilarci nove vignette per pagina. (Eisner/ Miller, 2005, p.11).
    A questo riguardo sarebbe bene fare un passo indietro e domandarsi piuttosto cosa si intenda con la cosiddetta “cultura di massa” e come essa possa in qualche maniera collegarsi all’arte. Cosa sia inoltre l’industria culturale alla quale senza dubbio appartengono i fumetti e, infine, cosa si intenda con il complicato concetto di Arte. Partendo da questo ultimo termine il “Nuovo Vocabolario Illustrato della Lingua Italina” ne fornisce diverse letture, due di queste possono rivelarsi interessanti: 1 – Qualsiasi forma di attività dell’uomo come riprova o esaltazione del suo talento e della sua capacità espressiva nel campo estetico. Oppure: 2 – Qualsiasi complesso di tecniche e metodi concernenti una realizzazione o un’applicazione pratica nel campo dell’operare umano (Devoto/Oli, 1987). Due definizioni di ampio respiro all’interno delle quali può essere inserito qualunque prodotto dell’ingegno umano a prescindere che esso sia creato per esser fruito dalla massa o da un’élite di intellettuali. Non vi è neppure un accenno a come e in quanti pezzi da distribuire l’arte può essere riprodotta. Alla base resta l’Idea, il momento creativo. Secondo questa definizione il fumetto può essere benissimo considerato arte alla stregua di qualsiasi altra forma espressiva e il discorso su chi siano i potenziali destinatari diventa un inutile bizantinismo. «Un punto di partenza», dice Umberto Eco (riferendosi in realtà alla poetica ma, il discorso può ben valere anche in questo frangente) «può essere dato da un’assunzione dell’opera d’arte come struttura – intendendo questo termine come sinonimo di forma, e usandolo preferenzialmente non solo perché ci permette di collegarci con altre ricerche sulla struttura della comunicazione, ma anche perché “forma” potrebbe suggerire una nozione di un organismo di tipo quasi biologico, così strettamente connesso in ogni sua parte da risultare indecomponibile; mentre alla nozione di struttura si associa maggiormente l’idea di una relazione tra elementi che, appartenenti a una struttura, ne vengono prelevati per essere inseriti in altri contesti strutturali Un’opera d’arte come struttura costituisce un sistema di relazioni tra molteplici elementi (gli elementi materiali costitutivi della struttura-oggetto, il sistema dei riferimenti a cui l’opera rimanda, il sistema di reazioni psicologiche che l’opera suscita e coordina, eccetera) che si costituisce a diversi livelli (il livello dei ritmi visivi o sonori, il livello dell’intreccio, il livello dei contenuti ideologici coordinati, eccetera)» (Eco, 2003, p. 86). Si tratta di un “sistema di strati” così come pure descritto da René Wellek, e Austin Warren nel 1956. Un’idea di arte così formulata mostra in ogni livello di questa impalcatura la personalità dell’autore, contraddistinguendo il suo stile condizionato dalla sua formazione, esperienze, cultura e via dicendo. Una possibile definizione di arte potrebbe quindi essere quella di una forma di comunicazione che si articola tra l’autore e il suo ricevente sulla base di uno scambio unidirezionale, qualche volta atemporale di valori e contenuti espressi mediante le possibilità tecniche di un determinato periodo storico. Tuttavia se il concetto, oltre a presupporre una mera questione di “ingegneria” attiene anche ad un determinato obiettivo, le cose evidentemente si fanno più complicate. Cosa distingue tout court un messaggio artistico dalla pubblicità di una lacca per capelli? Unicamente il fine che sta dietro la sua costruzione. La funzione della comunicazione pubblicitaria è quella di ottenere un determinato/immediato risultato, in questo caso vendere o proporre qualcosa, spingere un potenziale cliente a sentire il bisogno di quella cosa.
    Ciononostante il messaggio può mutuare dalle varie forme espressive, così come si diceva in precedenza, vari elementi costitutivi, rimandare con sistemi di riferimenti più o meno complessi, espliciti o meno, ad immaginari che sono anche parte del mondo dell’arte. Ma alla base resta in ogni caso un riferimento che emerge (o dovrebbe emergere) sempre in modo chiaro: l’oggetto (inteso come il vero e proprio prodotto in vendita). Forse, ed è qui che il fumetto acquista piena dignità di opera d’arte e si distingue da ciò che non lo è veramente, si tratta della relazione sfumata che viene ad instaurarsi tra significante/significato (alle volte quest’ultimo viene a cadere e il messaggio dell’opera diviene così completamente autoreferenziale), dalla molteplicità di rimandi ad altri contesti che la configurazione dell’opera può mescolare, senza tuttavia che essa sia necessariamente legata ad un fine specifico. Il fumetto, figlio della cultura di massa, prodotto dell’attività di un autore formato secondo i proprio personali percorsi non deve essere sottoposto ad una verifica di “artisticità” ponendolo a confronto con quella che il senso estetico/oggettivo potrebbe definire opera d’arte, poiché rappresenta, in quanto esiste di per sé, già un’opera d’arte. Il fumetto può vivere di una identità propria i cui valori trasmessi essenzialmente fanno presa sul proprio pubblico di riferimento senza peraltro esaurirsi in esso.
    Certamente, in seno a queste affermazioni, si può operare un’ulteriore distinzione che vede da una parte opere artistiche di un certo livello e dall’altra opere artistiche meno qualificate o significative. Chi ritiene che il fumetto non sia arte si rifà ad una concezione maturata nella disapprovazione di quelle forme di cultura create dalla massa e per la massa. «La testimonianza peggiore in favore di un’opera è l’entusiasmo con cui la massa si rivolge ad essa… Tutte le grandi imprese della storia sono state sinora fondamentalmente sbagliate e prive di effettivo successo perché la massa si è entusiasmata per esse… Ora lo spirito sa dove cercare il suo unico avversario – nelle frasi, nelle autoillusioni, nella mancanza di nerbo delle masse.» Così, nel 1843 scriveva Bruno Bauer che identificava la nascita della società di massa nell’ambito della Rivoluzione Francese dove avevano trionfato ampiamente i valori del particolarismo e del conformismo. Un termine, secondo Abruzzese, al pari di immaginario collettivo o industria culturale – tanto diffuso e apparentemente semplice, quanto complesso.

    La sua giusta definizione costituisce ancora oggi un problema nel campo delle teorie e delle pratiche, degli studi sulla comunicazione e delle strategie politiche e amministrative (Abruzzese, 2004). Per questo autore si rivela importante ricostruire le tappe storiche del processo che ha portato alla caratterizzazione del fenomeno della cultura di massa. Egli le individua nei momenti chiave dell’industrializzazione e metropolizzazione della società contemporanea del XX secolo. In questi grandi cambiamenti la cultura perde alcune delle sue peculiari caratteristiche divenendo superficiale e conformista (Horkeimer, Adorno 1947). D’altra parte tuttavia vi è chi auspica in un processo di questo genere una maggiore diffusione della cultura nei diversi strati sociali (Shils 1969). Più o meno negli stessi termini anche Marx tratta il fenomeno ritenendolo un fatto corretto: la massa, ormai un tutto indistinto, senza classi e protagonista della storia, produce cultura ad uso e consumo della massa stessa. La contrapposizione che si va delineando viene ravvisata anche da Umberto Eco che definisce i due schieramenti come quello degli Apocalittici e quello degli Integrati (1964). Inscindibile pare il concetto di cultura di massa da quello di industria culturale. Infatti, si va incontro a quella che viene chiama “proletarizzazione del lavoro intellettuale”, in breve una vera e propria linea di montaggio dove gli autori salariati operano un lavoro di semplificazione sui propri testi che devono essere facilmente consumati dal pubblico.

    Per McLuhan è in atto una iperproduzione di stereotipi (McLuhan, 1970) nel tentativo di rifornire la società di punti di riferimento stabili, definire categorie (egli fa riferimento all’apogeo dell’industria culturale negli anni ’30 del’900). La pratica della stereotipizzazione consente al lettore di accostarsi al testo ma anche alla vita, attraverso una serie più o meno consistente di categorie chiave acquisite, punti fermi di una griglia interpretativa attraverso la quale ogni persona cerca di collocare la propria personale esperienza (Abruzzese, 2004). Ma tali stereotipi vengono visti come il male responsabile della ipersemplificazione e della dequalificazione della cultura senza considerare così la loro capacità di creare unità e di diffondere valori e consentire alla fluidificazione del processo ineludibile di modernizzazione. Alla fine di questo percorso torniamo all’inizio: intendere il fumetto alla luce di quanto detto in questo senso significa includere tale forma di espressione in un contesto massificato, accettarla come cultura della classe popolare (ma non solo), come un’arte che si evolve ed assume in sé sempre nuovi schemi e stilemi, recuperandoli dal passato, dall’immaginario, dal contesto attuale. Inoltre, a maggior riprova di questo fatto, il fumetto invade altre nuove forme di comunicazione (computer grafica, animazione, internet, ecc) e, allo stesso tempo, viene utilizzato da quelle più antiche, le contamina con le sue convenzioni. A tal proposito basti pensare al personaggio di Frederick Burr Opper, “Happy Hooligan” (in Italia “Fortunello”) trasposto nel Teatro di Ettore Petrolini o, facendo un salto poderoso in avanti, alla Pop-art di Andy Wharol, Roy Liechtenstein con quadri come Hopeless (1963) o Sweet Dreams (1965). «La vignetta veniva riprodotta sul modello di quella stampata, ripetendo, a mano e a olio, i puntini che segnava il “retino” della stampa da rotocalco. Attraverso questo procedimento l’artista mostrò di rispettare l’arte che si compra in edicola e accompagna la vita delle masse, ma di volerla trasfigurare e portare nei musei, luoghi aulici che per Liechtenstein non hanno comunque perso il loro ruolo guida» (Dorfles/Vettese, 2006, p. 389). Infine, non si può non citare la miriade di trasposizioni cinematografiche alcune delle quali sanno quasi di cinema d’essai (come Sin City di Robert Rodriguez tratto dal fumetto omonimo noir di Frank Miller).



    Darksideblue


    BIBLIOGRAFIA
    ABRUZZESE, ALBERTO; BORRELLI, DAVIDE, L’Industria culturale, Ed. Carocci, Roma 2000 ABRUZZESE, ALBERTO, Lessico della comunicazione. Ed. Meltemi, Roma 2004 DEVOTO, GIACOMO; OLI, GIAN CARLO, Nuovo vocabolario illustrato della lingua italiana. Ed Felice Le Monnier, Milano 1987 DORLFES, GILLO;VETTESE, ANGELA, Arti visive. Il Novecento, Ed. Atlas, Bergamo 2006 ECO, UMBERTO, Apocalittici e Integrati, Ed. Tascabili Bompiani, Milano 1964 EISNER,WILL; FRANK, MILLER, Conversazione sul fumetto, Ed. Kappa, Bologna 2005
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