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Discussione: Si possono allevare i pettirossi?

  1. #1
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    La bandiera di Riccardo Pallaoro

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    Si possono allevare i pettirossi?

    Vorrei allevare dei pettirossi.... Si puó? Come si allevano? Il nido?

  2. #2
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    Ciao, non ho notizie in merito e mai mi è capitato di aver sentito o visto foto di pettirossi in cattività. Penso che sia impossibile, sia per ragioni ambientali che alimentari...
    Simone Durigon

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  3. #3
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    guarda io in rete ho trovato queste foto, quindi credo ci siano persone che li hanno allevati, ti posto un interessante descrizione di come allevarli e alcune foto che testimoniano il loro allevamento, anche se credo sia una specie molto difficile da allevare e che ha comunque bisogno di molto spazio e di un ampia voliera, poi il pettirosso è un animale moto territoriale e non ha un carattere tranquillo come sembra:






    Introduzione.

    Bisogna avere un animo veramente naturalistico per impegnare tempo e voliere nel tentare l’allevamento e la riproduzione del Pettirosso; è così abbondante e comune in natura che non varrebbe proprio la pena nemmeno iniziare, ma in molti di noi, evidentemente, coesistono quelle benedette “tre anime” che ci fanno apprezzare l’uccello ora sotto l’aspetto naturalistico, ora sotto quello scientifico, ora anche sotto quell’altro aviculturale.
    Del resto, allevare Pettirossi perché dovrebbe sorprendere, è venuto il loro momento; chi avrebbe scommesso sui comunissimi Passeri, sui Tordi; chi, con gli Storni, coi Merli; eppure vi sono stati pionieri, spesso anonimi, che hanno offerto all’ornicultura nuove splendide mutazioni, ed all’ornitologia nuove pagine di conoscenza.
    Va lodato chi intraprende un allevamento pilota per l’ingresso di una nuova specie nella comunità degli uccelli acquisiti e riprodotti.

    La prima parte di questo lavoro, era stata chiusa fantasticando sulle prime possibili mutazioni che sarebbero apparse nel Pettirosso. Non si è fatto in tempo a passare dalla prima alla seconda parte, che ecco puntualmente arrivare la notizia documentata di una prima mutazione. Proviene dal Belgio. Ma, prima di parlare di mutazioni sarebbe utile e conveniente dare maggiori cenni sulla biologia del Pettirosso.

    Alimentazione.
    Trattasi, per vox populi, di un insettivoro per eccellenza. Nelle desuete generiche classificazioni si poneva attenta analisi al tipo d’alimentazione prediletta dall’uccello analizzato e quindi si avevano Insettivori, Granivori, Frugivori, ecc.

    Nel caso del Pettirosso, si può affibbiare, a pieno titolo, l’aggettivo “insettivoro”?
    In effetti, in fatto di cibo, non dimostra avere problemi. Il suo spettro alimentare è ampio e disparato. Passa disinvoltamente dai semi (si, proprio semi, tutti apprezzati), alle verdure, dal pastone per insettivori a becco fine, al cibo vivo; dalle classiche molliche, ai comuni pastoni per canarini.
    Fra i tanti prodotti menzionati, risulta comodo, pratico e conveniente, fornire come base alimentare un alimento commerciale, per uccelletti a becco fine e poi a rotazione una volta a settimana o anche più ripetutamente, avvicendare, verdure finemente tagliuzzate, biscotti sfarinati o sbriciolati, bigattini vivi e/o bolliti nonché altri tipi di pastoncini a base di frutta o insetti secchi per dare un’alimentazione quanto più varia e diversificata. C’è da scegliere. I prodotti sono tanti.
    E’ un uccello che per motivi alimentari non darà nessun problema perché di comoda conduzione e senza eccessive pretese di cibi raffinati e costosi.

    Classificazione e distribuzione.
    E’ incluso nella famiglia dei Turdidi (dopo quella dei Fringillidi la più apprezzata dagli ornicultori) diversificata in circa 300 specie raggruppate in molti generi, parecchi monospecifici come nel caso del genere Erithacusal quale appartiene il nostro comune Pettirosso, specificatamente chiamato rubecula.

    Gli specialisti annoverano diverse sottospecie: E.r.caucasicus, E.r.rubecula, E.r.melophilus, quest’ultima certamente la più vistosa (delle Isole Britanniche) col rosso pettorale più intenso e attorniato da una brinatura di piume più grigie che si evidenziano fino ai bassi fianchi. Tutti i soggetti della medesima taglia: cm.13.5 circa in media.
    A Reggio Emilia, in diversi rivenditori e per vari anni, si sono notati, dei Pettirossi molto particolari nella sagoma, ma totalmente identici nei colori. La particolarità della forma era data da due sole caratteristiche, zampe molto lunghe e profilo molto snello. Venivano chiamati Pettirossi asiatici. Per quante ricerche fatte non si è riusciti a trovare una seconda specie del genere Erithacus per cui si ritiene debba trattarsi della sottospecie caucasica, il cui genere, a questo punto resta monospecifico (o con due sole specie, con la caucasicus a sé stante).
    Si distribuisce in tutta Europa, Siberia, Asia Minore per arrivare fino all’Iran. Sverna nel bacino mediterraneo e in Africa settentrionale. In Inverno, in Sicilia, è specie numerosa in ogni ambiente, mentre resta estivante e nidificante solo con poche coppie, negli alti boschi dell’edificio etneo (sentito in giugno a Bronte – Etna ovest, mt .760 s.l.m. e osservato un giovane, in agosto, a S.Alfio – Etna est mt.550 s.l.m.) e negli altri alti rilievi dell’Isola.
    Si constata però che la specie in questi ultimi cinque anni, stia spostandosi sempre più verso il basso, due anni fa è stato visto un giovane in luglio proprio nel condominio di chi scrive (Paternò - mt.225 s.l.m.), quest’anno pur avendo sentito gli adulti, non sono stati notati giovani; è stata comunicata l’osservazione di altro soggetto, in piena estate a Catania, (mt. 7 s.l.m.) mentre in un altro caso è stata accertata la nidificazione a S.Agata Li Battiati (mt. 263 s.l.m.) sempre nel catanese (Cav.Ardizzoni – com.pers.). Ora nel caso condominiale risulta semplice arguirne i motivi di permanenza: da metà marzo, l’impianto di irrigazione del prato sempreverde crea le condizioni, negli angoli con rampicanti più settentrionali e ombrosi, per attutire le elevate temperature estive e favorire la ricerca di insetti e larve terricole.
    E’ da ritenere pertanto che anche gli altri due casi comunicati ed osservati, per essere ville con presenza di molto verde siano da ricondurre alle stesse ipotesi di favorevole permanenza e sostentamento, come nel caso condominiale. Quindi dovrebbe essere opera dell’uomo se diverse coppie di Pettirossi stiano estivando a più basse quote.
    Si potrebbe inoltre pensare, che le coppie estivanti possano essere in numero maggiore rispetto a quelle segnalate. Nei casi noti si è trattato d’osservazioni compiute da persone che conoscono molto bene il Pettirosso al punto da individuarlo semplicemente al sentire il classico “tintinnio” emesso. C’è ancora da dire che anche in questi casi si è constatato il tipico blocco del fraseggio a canto spiegato. Nel periodo estivo risulta totalmente silenzioso, se non a farsi sentire appena nella mattinate rannuvolate o con qualche pioggerellina; per il resto della giornata silenzio assoluto o qualche colpo di presenza. Nulla di più.

    Allevamento e riproduzione.

    Il naturalista è principalmente un sognatore e siccome in Sicilia, di nidi e di pulli di Pettirossi non se ne vedono, se non ad andarli a cercare scrupolosamente, per fotografarli, viene facile pensare e tentare di “farseli in casa”.

    In un’ampia voliera, può benissimo coabitare, singolarmente, coi più comuni granivori ed insettivori d’allevamento con la sola eccezione per i rappresentanti del genere Phoenicurus (Codirossi) che conviene lasciare in disparte e non assortire. Convive benissimo con tutti, anche con uccelli di grossa taglia (Merli, Tordi,). Non disturba e non è disturbato. I primi problemi nascono nell’assortire la coppia in quanto è difficile il sessaggio dei soggetti. Conviene, sin dal periodo del riposo, osservare ogni piccolo movimento, ogni movenza, che ci dia la possibilità di interpretare il sesso del soggetto sotto controllo.
    Non esiste dimorfismo sessuale. Tutti gli individui sono identici (non considerando le normali variazioni cromatiche individuali).
    Non ci aiuta il canto: lo emettono entrambi i sessi con medesimo ardore.
    Non ci aiuta il colore: sono praticamente identici.
    Non ci aiutano le movenze: si muovono in maniera similare.
    Già in un Convegno (Siracusa, 2002) ci si chiedeva: ma essi stessi come si vedono? Essendo totalmente identici, si riconoscono, nei sessi, per una diversa frequenza sonora nel canto?
    Hanno un’impercettibile (ai nostri occhi) lunghezza d’onda delle radiazioni luminose tale da permettere di vedere il colore corporeo che contraddistingue il maschio dalla femmina? Quindi si vedono dimorfici a differenza di come li vediamo noi?
    Fatto sta che in ambiente controllato è difficile assortire la coppia.
    Vero è, che è possibile con un taglietto chirurgico, sondare il sesso d’ogni individuo, ma sono necessarie diverse concomitanze quali un medico veterinario in zona, pratico di questi tagli e diversi soggetti da analizzare per ridurre il costo altrimenti alto; difficilmente però coesistono queste diverse condizioni.
    Si potrebbe essere maggiormente propensi per l’innocua ricerca cromosomica del sesso, ma è un test a tutt’oggi molto costoso e poco praticabile, per insignificanti Pettirossi (non si sta parlando di preziose Are).
    E allora restano i tentativi di scoprire il sesso degl’individui, per la prima volta, basandosi sull’osservazione, sperando di non perdere tempo e sprecare annate; o quell’altro, “ultima irratio” del ciondolo metallico (tanto pubblicizzato in Nord-Europa) che posto sull’uccello inizia a girare o a dondolare a seconda del sesso (provato su una cagnetta in braccio, essa risultò di sesso maschile!!).
    Si potrebbe infine, a primavera inoltrata, soffiando sulla cloaca, osservare la protuberanza cloacale per tentare una più facile diagnosi e sperare in qualche probabilità in più nell’azzeccare ad assortire una vera coppia.
    Maggio è il mese d’inizio riproduzione.
    Con soggetti non sessati, avendo spazio e tempo a disposizione si può osservare il comportamento di due soggetti limitrofi (in voliere adiacenti), alla fine il soggetto di sesso femminile inizia a comportarsi come una comunissima canarina.
    Comincia con frenesia a cercare tutto il possibile materiale da nido sparso nei più disparati posti della voliera ed è piacevole assistere al cambio di carattere del Pettirosso: quello che prima sembrava un maschio altero, dignitoso, aggressivo, impettito, diventa d’un colpo, una solerte femminuccia totalmente dedita alla costruzione del nido.
    E’ proprio in questa fase che va subito immesso un altro soggetto posto in una voliera adiacente, previa annotazione per successive identificazioni. Se i soggetti, apparentemente, sembrano ignorarsi, la coppia è fatta. Inizia un nuovo ciclo d’osservazioni
    Nelle esperienze avute con questa interessantissima specie in questa fase il canto cessa totalmente; i due soggetti diventano silenziosissimi.
    L’allevatore non è di disturbo, è semplicemente ignorato; come se non esistesse.
    I posti da nido sono i più disparati, in voliera sono bene accetti i nidi semiaperti a cassetta posti a circa mt. 1.50 dal suolo. E’ un vero piacere vedere l’assiduità della femmina alla cova. Anche continue azioni di disturbo non la allontanano dal nido. In un caso, un nido a cassetta appeso superiormente, scivolò non poco, scoperchiando la parte superiore, e cambiando posizione al nido; la femmina continuò a covare e portò alla nascita le uova pericolanti.
    Le uova deposte sono generalmente quattro in media o anche più.
    Alla schiusa i pulli si presentano con una caratteristica coroncina di filopiume in testa, più lunghe delle rade restanti filopiume corporali. E’ a questo punto che si hanno le maggiori difficoltà.
    Alcune femmine diventano incontrollabili e nervosissime, sempre in movimento. Alla perenne ricerca di un ipotetico cibo (che non trovano – come già detto per i Codirossi, loro stretti cugini), nonostante l’ampia offerta, di larve vive congelate o bollite che sapientemente sono state fornite, proprio alla schiusa, per dare la massima collaborazione alla nutrice e darle la sensazione del “tutto abbonda”. L’allevatore nell’intimo, vorrebbe incitarla, ma il disdegno, in certe femmine, di quanto fornito, è pressochè costante. Solo le femmine che si adattano ai micro-bigattini, ai “morio”, alle larve di Drosophila (per tempo preparate) o agli insetti e larve, raccolti nei campi, possono favorire lo sviluppo della nidiata, nei primissimi giorni dopo la nascita e fino a sei-sette giorni. Dopo tale periodo, tutto diventa più facile, togliendo i piccoli e continuando le imbeccate a mano, e favorendo così una seconda deposizione.
    I piccoli svezzati si presentano con abito uniformemente picchiettato, bruno oliva scuro, senza vistoso petto rosso che comparirà dopo la prima muta. Non presenta muta primaverile.
    I soggetti in voliera, costantemente all’imbrunire, prediligono le abluzioni, maggiormente in inverno con temperature molto rigide e con neve. Questa necessità è stata riscontrata in tutti i soggetti allevati.

    Ibridazione.

    Non si può dire di avere raggiunto risultati significativi, anche perché non si insiste in tal senso, prediligendo, con specie ancora non abbondante, accoppiare in purezza.
    Solo con soggetti spaiati, si può tentare, impegnando a perdere, qualche volieretta o lunga gabbia.

    Ed è in un gabbione, dove avevano trascorso assieme l’inverno, un maschio di Saltimpalo e un Pettirosso a sesso incerto (entrambi allevati a mano), che è stata tentata un’ibridazione.
    In maggio il Pettirosso si dichiarò femmina iniziando, come una comunissima canarina a costruire un brutto nido mai completato. Si capiva che non era in piena forma. Si potè assistere comunque, molte volte, anche in ore pomeridiane alla “chiamata” e conseguente copula fra i due soggetti.
    Che la copula e l’accoppiamento fossero avvenuti in maniera completa se ne ha certezza. Quando l’accoppiamento avviene “con tutti i sensi del cuore” nel maschio appena sceso si verifica quella particolare “controchiamata” del tutto simile a quella femminile e sta a dimostrare la sicurezza dell’avvenuto coito. In questa fase, (una decina di secondi), la femmina va quasi a disturbare con un falso attacco, il maschio ancora inebetito.
    Inizialmente, tutto procedette più facile del previsto, senonchè quella femmina non riuscì a deporre normali uova nel nido, ma si limitava a espellerle con guscio molle, dall’alto del posatoio.
    Evidentemente quella femmina non era in perfetta forma e presentava una qualche debolezza tant’è che non superò l‘inverno successivo.

    Aspettative di vita.
    Il fatto che si tratti di uccelli dalla facile conduzione alimentare non deve trarre in inganno. Il fornire cibi semplici e poco vari prima o poi porta a squilibri alimentari. Nei Pettirossi non si riscontra quanto verificato nei Codirossi laddove una alimentazione poco varia porta nell’arco di uno o due anni a problemi di postura, inizialmente appena percettibili, per poi peggiorare in maniera irreversibile. Nei Pettirossi, pur non riscontrandosi palesi malesseri nella stasi e nell’equilibrio, si riscontrano pressocchè costantemente, dopo la prima muta, visibili depigmentazioni delle penne lunghe (remiganti e timoniere) e il non superamento del 3°, o al massimo 4°, anno di vita. E allora come si faceva coi Goulds, non debbono mancare prodotti polivitaminici e poliminerali ad integrazione di una dieta che nel tempo, non causa barcollamenti come nei Codirossi ma, dovrebbe contribuire ad allungare la vita media di gabbia che per ora si ritiene assestarsi sui due anni al massimo tre (anche se si ha notizia di un Pettirosso irlandese vissuto per ben dodici anni).

    Mutazione.

    In natura sono stati osservati diversi soggetti a piumaggio anomalo.
    In cattività, non essendo uccello allevato in numero cospicuo, non si hanno mutazioni se non, di freschissima apparizione, ed in possesso del famoso ornitologo belga Louis Gonnissen un esemplare, già in seconda generazione, dal proprietario chiamati di primo acchito “agata”.
    Saranno gli accoppiamenti interfamiliari a dare risposte concrete circa il nome da dare a questa nuova mutazione, se di mutazione si tratta. Dalla foto appare evidente che siamo in presenza di un soggetto a diluizione lipocromica pettorale (avorio?) ed a riduzione melaninica dorsale (agata?). Da notare che il soggetto presenta in maniera visibile delle barrature trasversali leggermente apigmentate nella parte finale delle timoniere, certamente da ascrivere ad anomalie alimentari peraltro facilmente riscontrabili in molti soggetti dopo la prima muta in cattività. E’ già stato detto che in cattività, in molti soggetti, le penne lunghe (remiganti e timoniere) si decolorano totalmente fino a diventare vistosamente bianche.
    Saranno le successive stagioni riproduttive a verificare se si è in presenza di una nuova mutazione o di soggetti con anomalie cromatiche derivanti da carenze alimentari, senza andare a scomodare ricerche derivanti da possibili nuove mutazioni.

    Trentennali esperienze sui Pettirossi hanno permesso di evidenziare sempre, per carenze alimentari, depigmentazioni melaniniche (remiganti e timoniere chiare) mai diluizioni lipocromiche (petto chiaro), per cui si potrebbe essere propensi a considerarla piuttosto una possibile nuova mutazione.

    Per il momento tentiamo, per quanto possibile, di mantenere in riproduzione questo soggetto comparso, stante la brevità di vita che lo aspetta, secondo le statistiche (su piccoli numeri) che si hanno sui pochi soggetti attualmente presenti in cattività.

    Conclusione.
    E’ una specie eclettica che merita maggiori attenzioni. Gli amatori che hanno vissuto esperienze interessanti, od osservato comportamenti anomali, degni d’annotazione, comunichino tali dati per incrementare futuri scritti e articoli, a vantaggio finale della specie stessa.

    Sebastiano Paternò

  4. #4
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    Qui a Malta e' illegale avere pettirossi in captivita'.

  5. #5
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    Grazie mille per le risposte!!!

  6. #6
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    Chiaramente devono provenire da allevamenti autorizzati e non certo essere di cattura.


    askerix@outlook.com
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    ex-RNA FOI 76FE

  7. #7
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    Credo che sia un'impresa mostruosamente difficile trovarne anellati, e spero che non vorrai prenderli dalla natura perchè oltre che illegale è eticamente scorretto...
    Simone Durigon

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  8. #8
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    io non penso sia impossibile allevarli, con soggetti nati in cattività e
    una voliera è probabile che si riproducano....
    spesso molti dicono che allevare insettivori è difficile, mentre
    conosco persone che pur allevando tordi bottacci non sanno
    nemmeno come comportarsi con una coppia di canarini...

  9. #9
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    Io a Reggio Emilia in uno stand ho visto diversi insettivori tra cui pettirossi, anellati e faceva il certificato di cessione, com'è possibile?

  10. #10
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    Quote Originariamente inviata da Saro Visualizza il messaggio
    Io a Reggio Emilia in uno stand ho visto diversi insettivori tra cui pettirossi, anellati e faceva il certificato di cessione, com'è possibile?
    quello è il famoso stand dove tutti gli uccelli sono di cattura...

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