CENNI DI STORIA DEL GIBBER
di G.F. BRACCHI



Il merito del riconoscimento della razza «GIBBER» spetta a giusto titolo alla signora Gianminola di Como che ho personalmente conosciuto e con la quale ho giudicato. Essa ha avuto il felice intuito di presentare alcuni esemplari all'esposizione che si teneva in Belgio (Bruxelles, febbraio 1951) e la fortuna di ottenerne il riconoscimento come "NUOVA RAZZA".

Nel '60 si producevano Gibber con caratteristiche regionali

A quel tempo, probabilmente il suo allevamento era più in auge che nell'attuale con l'appellativo di "BOSSU". Effettivamente esistevano, nei soggetti allevati, dalle differenti qualità regionali che io, nelle limitate possibilità di accertamento di quel tempo (il viaggiare era una impresa difficile, le mostre erano poche e non c'erano conoscenze di base) rilevavo nel frequentare le poche mostre accessibili.



Provo a citarne alcune che ricordo:

A Milano, in una mostra tenuta forse all'Arengario, giunse il pugliese sig. Zotti con esemplari, a noi del nord, del tutto sconosciuti;
Insuperabili le caratteristiche dei Gibber campani e siciliani

A Reggio Emilia apparvero dei campani, di cui mi sfuggono ora i nomi e dei siciliani con soggetti poverissimi di piumaggio, di un colore talmente intenso che pareva avessero mangiato dello zafferano ed una posa costante ed insuperabile;

A Parma fecero parecchio epoca i soggetti del sig. Schianchi;

A Modena c'era un buon gruppo di cultori (di cui potrei citare i nomi sfogliando vecchie carte);

Nel Veneto e in Lombardia si producevano soggetti più grossi e piumati

A Mestre ci fu un allevatore di buona fama e abilità;

In Lombardia pullulavano, qua e là, gruppetti di allevatori che producevano soggetti più grossi e piumati dei meridionali che non erano olandesi del Sud nei quali si pretendeva un piumaggio vaporoso e abbondante ed erano solitamente dei giallo oro e dei verdi muschio;

In Piemonte c'erano meno allevatori che in Lombardia ma forse più specialisti.

Come qualità razziale si poteva paragonare ad una arlecchinata all'italiana e fu bene che quelli della Gianminola fossero presi come parametro nazionale così da annullare quelle caratteristiche che regionalmente gli allevatori curavano individualmente.

I primi standard; i Della Rovere e Mario Lelli Una delle prime descrizioni ufficiali del canarino è merito di una mia cara conoscenza, il cav. Riccardo Della Rovere di Messina che nel libro del Dott. Savino "L'Allevamento del Canarino" edito nel 1948 a pag. 121 lo descrive come "Bossù Belga Arricciato".

Prego il nostro Direttore, se ne ha la possibilità di ripubblicare l'intero testo che è storicamente interessante. Altra descrizione abbastanza logica e coerente è quella del sig. Lelli di Milano sulla rivista del dott. Savino "Uccelli da gabbia e voliera" a pag. 195 del luglio 1953 quando la razza era già stata ufficialmente riconosciuta.



Le scale valori contrastanti di Vaccari

Il giudice, allevatore e pub-blicista Giuseppe Vaccari (per un periodo di tempo mio concittadino) produsse in tempi diversi scale valori differenti e a volte con punteggi contrastanti, probabilmente per effetto di tendenze, già da me menzionate, regionali.
Questo Gibber era da parecchio tempo in cantiere e stava crogiolandosi nel suo miglioramento morfologico, si pensi che il "Giornale degli Uccelli" n° 8 agosto 1962 a pag. 11 riporta una fotografia eseguita nel 1933 di un gruppetto di appassionati convenuti a Modena in occasione della mostra. Già verso l'anno 1935 alcune Associazioni allevatori Canarini aderenti alle allora "Confederazioni Fasciste Allevatori" avevano stilato degli standard ma differenti fra di loro (mancava una coordinazione nazionale) con diverse attribuzioni al canarino che doveva in seguito diventare il Gibber, prova citarne alcune: Bossu Arricciato, Cerlino, Bossu Italiano, Bossu Frisè, Bossu Belga Arricciato, in esse non va compreso il "Gobbuto Bianco Milanese" (ho visto di persona qualche esemplare) che era solamente un Olandese del Sud Bianco ma mai e poi mai un Bossu perché il bianco richiede un piumaggio di tipo soffice e vaporoso mentre il Bossu lo esigeva ruvido e setoloso di colorazione intensa.
Gibber italicus o Septimus italicus?

Dopo il riconoscimento della nuova razza l'Italia si divise in due per l'attribuzione del nome, chi voleva Gibber chi voleva Septem. I fautori del termine gib-
ber affermavano che "Bossu" francese vuol die gobbo, il latino gibber ha la medesima traduzione pertanto GIBBER ITALICUS era il termine più appropriato. I fautori di septem sostenevano che il canarino non era un gobbo ma aveva solamente il collo piegato a sette pertanto era opportuno chiamarlo SEPTEM ITALICUS.

Per fedeltà di cronaca io fui fra i fautori dell'appellativo Septem, ma in seguito fu deciso di chiamarlo Gibber e la polemica si esaurì. Finita quella ne subentrò subito altra che aveva per nocciolo quale fosse la regione di provenienza.

Chi ha dato i natali al Gibber

Un pubblicista napoletano tale sig. Cappabianca cominciò a scrivere e predicare: "Gibber la tua culla è Napoli"; che la Campania abbia avuto una parte preponderante nella sua creazione non è da negare, Puglia babilmente Sicilia e uglia
attinsero dai partenopei il primo materiale. Del parere contrario furono però emiliani e lombardi, infatti essi comprovarono con dati di fatto che a Modena (vedi la citazione già fatta della fotografia) nell'anno 1933 si esponevano Bossu classificandoli per tali ed i milanesi produssero la pubblicazione da parte della Confederazione Fascista Allevatori dell'anno 1938 (era Fascista) dalla Sezione Allevatori Uccelli di Milano di un standard allora in vigore redatto dal loro presidente certo sig. Medetti.



I Gibber-Olandesi del Sud di Lelli

Oggi, a mente serena senza campanilismi si può benissimo affermare che contemporaneamente in alcune regioni italiane comparvero questi presunti Bossu, poi chiamati Gibber, con caratteristiche differenti che si unificarono solamente quando la FOI decretò un standard ufficiale; che tutto si concluse felicemente proprio perché a giusta ragione l'allevatore sig. Lelli di Milano affermò che un gruppo di soggetti da lui detenuti e presentati in mostre diverse a volte come Gibber ed in altre quali Olandesi del Sud, si erano classificati sempre egregiamente. È una realtà storica, perché i giudici, quasi tutti di arricciati pesanti, non distinguevano le due razze, e ci volle un'opera informativa e di insegnamento tecnico per arrivare a giudizi uniformi.

Però questa situazione ha ancora oggi degli strascichi abbastanza consistenti perché alle mostre alcuni giudici non hanno ancora capito che il soggetto più è piccolo più è da preferirsi mentre in molti casi il Gibber viene allevato al massimo dello standard se non addirittura lo superi.

Come sono venuto in possesso dei primi Gibber

Ho già scritto in altra occasione, come sono venuto in possesso dei gibber. In una mostra di Reggio Emilia avevo acquistato in blocco un certo stock di presunti olandesi del sud da un capostazione delle ferrovie della Sicilia, certo Nangano/Cappello. Nella primavera avevo accoppiato a caso (allora non si anellava) dei soggetti, potevano essere fratello e sorella o genitori e figli, non lo potevo sapere. L'unica caratteristica evidente era un colore intensissimo e una posa eccezionale.
A muta ultimata moltissimi, anzi la maggior parte, si dimostrarono -essere buoni gibber, tali che il giudice ed allevatore in società della sig.ra Gianminola, Fatti di Novara, volle tutta la produzione. Non so se tutti i soggetti rimasero a Novara o una parte non dirottasse a Como, ma è certo che quei meridionalissimi soggetti rinsanguarono i settentrionali.

Cambio indirizzo: allevo Parigini

Permettetemi ora di uscire dal tema trattato: il sig. Fatti mi ritirò tutta la produzione facendo un cambio, poiché io avevo deciso di darmi all'allevamento degli arricciati pesanti, in cambio degli Olandesi del sud e dei Gibber, mi diede una coppia di Parigini ed una femmina padovana (oggi i capoccioni della CT mi vorrebbero far credere di essere in grado di insegnarmi come deve essere un padovano!).
Nel breve giro di pochi anni parecchi allevatori di gibber condivisero la mia idea e si dedicarono all'allevamento del Parigino, perché il mercato non assorbiva più l'eccedenza di allevamento del Gibber e dell'Olandese del sud.


Si verificò così che il Gibber subì un forte calo produttivo e qualitativo, scese anche notevolmente l'olandese del sud, si salvò solo l'olandese del nord perché veniva usato quale nutrice nell'allevamento del parigino. In questo scorcio di tempo però, l'allevamento del parigino si perfezionò sia morfologicamente che come mole e lunghezza, e preparò il mercato, saturo di magnifici soggetti, ai petroldollari persiani.

L'allevatore produce secondo opportunità e convenienza

Dimostrazione lapalissiana che l'allevatore produce secondo la moda senza un preciso discernimento e che le razze arricciate hanno momenti di favore e di decadimento che segue (come la borsa) alti e bassi secondo che la razza goda e non goda il favore del mercato e la simpatia degli allevatori.

A puro titolo di cronaca ricordo che a Novara fino all'anno 1951 ci furono due gruppi di allevatori uno aderente alla Federazione Nazionale di Canaricoltura di Reggio Emilia, facente capo al sig. Fatti e l'altro aderente alla Unione Allevatori Canaricoltori Italiani di Milano, facente capo al sottoscritto, però fra i due gruppi non c'erano rivalità e rancori, anzi alcuni allevatori erano iscritti ad ambedue le società ed alla prima mostra che si effettuò in Novara si collaborò col medesimo impegno. Solo in seguito avvennero le dispute e le contestazioni.

L'allevamento del Gibber oggi non è entusiasmante

Tornando in argomento dirò che oggi l'allevamento del Gibber è in uno stato assai precario, non perché manchino i soggetti di ottimo standard ma perché mancano gli allevatori,
non gode di popolarità, gli organi preposti ai vertici fanno proselitismo per il Gibber spagnolo e dimenticano il gioiello della canaricoltura italiana.
L'unico mio rilievo è: che facilmente nel gibber, avviene che non vi siano vie di mezzo e cioè che un soggetto sia un ottimo esemplare o non valga nulla, da tale circostanza ne scaturi-
see che una normale produzione possiede pochi soggetti buoni e molti difettosi. Nel campo degli Arricciati (tutti) ci vorrebbe un risanamento organizzativo in modo che il novizio trovi degli spazi di inserimento che lo invoglino a scegliere una strada che oltre ai sacrifici di allevamento lo compensino, anche minimamente, di quelli finanziari.
Tornando in argomento dirò che oggi l'allevamento del Gibber è in uno stato assai precario, non perché manchino i soggetti di ottimo standard ma perché mancano gli allevatori,
non gode di popolarità, gli organi preposti ai vertici fanno proselitismo per il Gibber spagnolo e dimenticano il gioiello della canaricoltura italiana.
L'unico mio rilievo è: che facilmente nel gibber, avviene che non vi siano vie di mezzo e cioè che un soggetto sia un ottimo esemplare o non valga nulla, da tale circostanza ne scaturisce che una normale produzione possiede pochi soggetti buoni e molti difettosi. Nel campo degli Arricciati (tutti) ci vorrebbe un risanamento organizzativo in modo che il novizio trovi degli spazi di inserimento che lo invoglino a scegliere una strada che oltre ai sacrifici di allevamento lo compensino, anche minimamente, di quelli finanziari
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