La sottoscritta Federazione Europea Ornitofili-Onlus, facendo seguito alle segnalazioni effettuate ai competenti uffici provinciali (che non hanno condotto ad alcun apprezzabile risultato), desidera porre all’attenzione di codesta Regione la situazione di particolare disagio in cui si vengono a trovare gli ornitocoltori laziali che allevano specie dell’avifauna autoctona.
La legge regionale n. 17 del 2 maggio 1995 (“Norme per la tutela della fauna selvatica e la gestione programmata dell' esercizio venatorio”), al primo comma dell’articolo 17, prevede – conformemente alla legislazione nazionale - la possibilità di istituire “allevamenti di selvatici per fini amatoriali ed ornamentali non utilizzabili per le immissioni in natura”, ma il successivo comma 5 recita testualmente che “gli allevamenti di selvatici a scopo ornamentale ed amatoriale di cui al comma 1, lettera c), sono autorizzati (…) dalla provincia competente per territorio, per le specie ed il numero di capi sottoindicati: a) una coppia di starne; b) una coppia di coturnici; c) una coppia di pernici rosse; d) un gruppo di fagiani costituito da un maschio e tre femmine”.
L’articolo 24 prevede poi che “il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, che acquisisce il parere dell'INFS e del CTFVR regolamenta, l'allevamento, la vendita e la detenzione di uccelli allevati appartenenti alle specie cacciabili, nonché il loro uso in funzione di richiami per la caccia da appostamento”.
Appare evidente come le singole norme citate siano dirette a disciplinare soltanto gli allevamenti di alcuni animali “cacciabili”, non considerando affatto quelli relativi all’avifauna che, sebbene esclusa dal prelievo venatorio, viene comunque tradizionalmente detenuta a scopo amatoriale e normalmente esposta alle mostre ornitologiche pressoché in tutti i paesi d’Europa e del mondo.
È appena il caso di rammentare che tutte le regioni italiane hanno provveduto a regolamentare la materia consentendo, nel rispetto di determinati oneri, l’allevamento e la detenzione delle specie ornitiche non cacciabili riconoscendo, in alcuni casi, l’importante ruolo svolto dalle federazioni di settore che riuniscono gli appassionati e provvedono a fornire gli stessi di anelli inamovibili delle corrette dimensioni per ogni tipologia di esemplare allevato (tali anelli, usualmente, recano altresì le stampigliature relative al nome della federazione, alla “matricola” dell’allevatore, al numero progressivo e all’anno di riferimento: dati che consentono la tracciabilità della provenienza dell’animale).
L’attuale formulazione della normativa laziale lascia ampi spazi di dubbio circa la possibilità di detenzione ed allevamento di uccelli che, pur regolarmente riprodotti in cattività e formalmente legalizzati nelle altre regioni (nonché in tutti i paesi dell’Unione Europea), non vengono espressamente contemplati.
Se - da un lato - è possibile sostenere che, siccome la legge prevede il rilascio di un’autorizzazione provinciale per le sole specie indicate, l’allevamento di tutte quelle non contemplate sarebbe lecito senza alcun preventivo adempimento, - dall’altro - con le stesse premesse, è altresì accreditata la versione del divieto generalizzato di allevare o detenere legalmente gli esemplari non espressamente menzionati dalla norma.
Pertanto, come accennato in premessa, l’allevatore si trova non soltanto in una posizione di profondo dilemma che, molto spesso, le istituzioni provinciali non sono in grado di sciogliere (talvolta fornendo indicazioni verbali diametralmente opposte), ma anche potenzialmente esposto (sebbene privo di colpa o dolo) a provvedimenti sanzionatori da parte delle forze di vigilanza.
Ad onor del vero, le manifestazioni espositive o competitive di ordine ornitologico, ad oggi svolte nell’ambito regionale, con numerose presenze di soggetti autoctoni (come cardellini, lucherini, verdoni, verzellini e fringillidi in genere) non hanno subito reprimende o limitazioni particolari, ma l’incertezza della questione è causa di disagio anche in vista della possibilità di organizzare un Campionato Mondiale Ornitologico (manifestazione prestigiosa e di sicuro richiamo) nel Lazio.
È evidente che a tale situazione di indeterminatezza consegue la permanenza di timori che non consentirebbero la partecipazione e la presenza di numerosi allevatori provenienti da ogni dove.
Alla luce di quanto sopra, si chiede un intervento delle SS.LL. affinchè la problematica segnalata venga definitivamente superata – in conformità a quanto avviene nelle altre regioni italiane e in tutti i Paesi dell’Europa – fornendo un’interpretazione delle vigenti disposizioni che escludano un divieto generalizzato e consentano l’allevamento e la detenzione dell’avifauna autoctona (non proveniente da cattura), regolarmente anellata, per finalità amatoriali-espositive (con esclusione di ogni difforme utilizzo).
Per completezza di trattazione, si fa sommessamente osservare che gli allevatori amatoriali iscritti ad associazioni sono in Italia una realtà in costante aumento: il loro numero è stimabile in circa 25.000 unità (con oltre un migliaio di presenze soltanto nel Lazio) e tuttavia sono almeno tre volte tanti coloro che, senza adesione attiva o velleità di partecipare a mostre, sono in possesso di uno o più uccellini in cattività.
Le dimensioni dell’indotto economico che l’ornitocoltura muove (eventi espositivi, attrezzature, mangimi, medicinali, ecc. ecc.) sono quindi facilmente stimabili ed altrettanto facilmente intuibili sono gli effetti negativi che su tale mondo si ripercuoterebbero nel caso di interpretazioni non sufficientemente analizzate sotto tutti i profili coinvolti.
Nella certezza che la sentita istanza sopra rappresentata potrà trovare pronto accoglimento, si resta a disposizione per ogni eventuale, ulteriore precisazione fosse ritenuta necessaria.
Distinti saluti.
Parma, 9 gennaio 2012
Il Presidente
Allegati:
- Statuto della FEO-Onlus;
- Riconoscimento dello status di ONLUS.