Le spesa per la cura degli amici inseparabili alimenta un mercato da 1,7 mld di euro, diventando una voce significativa nel bilancio delle famiglie
In Italia quasi una famiglia su due possiede un piccolo animale domestico in casa. Un miliardo e 750 milioni di euro è la spesa annua per la salute di Fido e compagni. Prodighi di accortezze e di amorevoli attenzioni gli italiani nei confronti “migliori amici dell'uomo”. La cifra è il frutto di uno studio contenuto nel primo rapporto Assalco, l'associazione nazionale delle imprese per l'alimentazione e la cura degli animali di compagnia. Il cibo è la prima voce in bilancio. Sono 450 i milioni spesi in alimenti per cani e 669 milioni per i gatti. Il prodotto in scatola fa la parte del leone. Pappette e crocchette sottovuoto muovono un fatturato di 450 milioni di euro. Si sfrutta la facilià della somministrazione, di conseguenza, è estremamente agevole smaltire gli avanzi.
Per converso diminuiscono le preparazioni fatte in casa: il 50% delle famiglie sceglie cibo industriale, secondo il parere dei veterinari più nutriente e bilanciato. A lungo andare poi i consumatori si affezionano e si identificano in una marca. Il volume d'affari è destinato ad un ulteriore trend di crescita, specie se si considera che nel 1983 le tonnellate consumate erano appena 75mila. Le spese non si limitano solo al cibo. I prodotti per l'igiene, il benessere e la cura dei piccoli pet rappresentano esborsi piuttosto consistenti (per un totale di 420 milioni di euro).
Come i figli (aumentano i casi di cuccioli chiamati con nomi umani) anche gli animali sono pezzi di cuore e il 25%, su un campione di 5000 intervistati, punta solo a prodotti di altissima fascia e svaligia solo gli scaffali di qualità per il sostentamento degli amici a quattro zampe.
Cani, gatti, criceti e canarini sono sempre più viziati dunque. Se si pensa che, in tempi di crisi gli italiani hanno speso tanto per il benessere dei loro animali domestici, allora si può dedurre che non si tratta più di una moda elitaria.
Dall'associazione arriva, infatti, una stoccata polemica contro l'Iva al 20% sui prodotti per animali, classificati come prodotti di lusso.
Conosce un folgorante incremento anche il mercato pubblicitario rivolto a cani, gatti e affini. Vettore per eccellenza è la Tv, ma anche la radio, le riviste specializzate ed internet stanno interessando molto i guru del marketing di settore per ampliare la nicchia di mercato.
La cura degli animali domestici è correlata all'anzianità dei proprietari. In proposito sostiene l'Assalco, l'animale domestico costituisce un toccasana contro la solitudine e un antidoto all'invecchiamento e alla stanchezza.
Questa classifica fa riferimento sopratutto ad animali da affezione intesi sopratutto come cani e gatti.
Per quanto riguarda il discorso dell'IVA fino a qualche anno fa un mangime semplice (misto uccelli) aveva un aliquota intorno al 4%, vitaminici e integratori 10% e mangimi "sofisticati" ovvero estrusi etc. il 20%
Con l'aggravante dell'aumento dei trasporti, causati da uno sconsiderato aumento italiano della benzina ( eh sì sa che in Italia se ne approfittano e non poco) alcune categorie, quindi le meno costose sono arrivate a sfiorare tetti massimi da capogiro.
Si basti pensare che solamente 10 anni fa, il prezzo di un sacco di scagliola da 25 kg si aggirava intorno alle £33.000, oggi lo stesso sacco a distanza di 10 anni costa la bellezza di 25 euro circa (quasi un raddopio).
Con la conseguenza che quando un allevatore va a vendere in uccelleria gli scarti, magari si troverà in una condizione simile a quella del 98, ovvero a farseli pagare sulle 10,00 euro... prezzo che non corrisponde in proporzione con alcuni prezzi quasi triplicati di altre cose che necessita l'allevatore odierno.