Gh’è ‘n póstu unde m’ascórdu d’ésse au mundu,
unde a fantasìa a xüe in sce ôie di gabbiani,
unde a memóia a s’arubatte inta scò du tempu,
unde tüttu quéllu che véddu u l’è magìa
e u me dà serenitè.
En sulu prìe, ninte de speciole,
ma mi sentu ch’en vive, code,
sentu che anche l’egua, ch’a sai boxe,
a l’ha quarcósa de diversu,
culuri de fögu d’artefissu,
riflessi che me làscian incantò
e me végne de ciucoghe e man.
Alùa se ise da l’etu e dau mò
sciammi d’ôxélli gianchi
che crìan au sé e au sù
u só e u mé... grassie.
C’è un posto dove dimentico di esistere,
dove la fantasia vola sulle ali dei gabbiani,
dove la memoria ruzzola nella scala del tempo,
dove tutto quello che vedo è magia
e mi dà serenità.
Sono solo pietre, niente di speciale,
ma sento che sono vive, calde,
sento che anche l’acqua, che se le bacia,
ha qualcosa di diverso,
colori di fuochi artificiali,
riflessi che mi lasciano incantata
e mi viene da applaudire.
Allora si alzano, dall’alto e dal mare,
stormi di uccelli bianchi
che gridano al cielo e al sole
il loro e il mio... grazie.
(Margherita Crasto)
Dopo una settimana trascorsa nel sud della Sardegna mi ritrovo ad osservare lo schermo del mio pc mentre centinaia (..o meglio, migliaia..) di immagini mi scorrono davanti.
L'ho attraversata in auto da Porto Torres a Capo Spartivento e poi fino ad Olbia.
Cercando di tenermi lontana dai luoghi più noti ed osando invece addentrarmi in stradine sterrate speravo segretamente di imbattermi in qualche esemplare di uccello vicino a sufficienza da poterlo fotografare.
Ho ammirato i colori meravigliosamente sgargianti delle bouganville e degli oleandri allungati sulle recinzioni od addossati a semplici case dai colori pastello, le aiuole e le bordure tappezzate di lantana e rese ancor più esotiche dalla presenza dell'ibisco.
Il cielo terso conferiva a tutto un aspetto ancor più lussureggiante ed in netto contrasto con l'aridità delle campagne circostanti.
Arbusti e Piante grasse
Il fico d’India
Simbolo del sud Italia e delle Isole, il fico d’India in estate si colora di rosso. Pianta succosa e infestante si erge a difesa di orti e proprietà. Immigrato di successo, dopo aver attraversato l’Atlantico su una caravella di Cristoforo Colombo, giunse qui accompagnato dai racconti dei navigatori che, a loro volta, riportavano quello che avevano sentito dagli Aztechi. Ossia: trattasi di pianta sacra, perché era stato proprio Huitzilopochtli, dio della Guerra e del Sole, a servirsene per preannunciare al popolo dei guerrieri, il loro destino imperiale. Là, dove un’aquila con un serpente tra gli artigli si fosse posata su un cactus, sarebbe sorta la loro nuova patria. L’aquila era atterrata su un fico d’India (Cactus Nopalli per gli Aztechi) su un isolotto al centro del lago Texcoco e qui era stata costruita la splendida capitale Tecnochtitlan, il luogo del fiore di cactus. Lo stemma centrale della bandiera messicana raffigura ancora oggi un’aquila, con un serpente nel becco e, fra gli artigli, un lungo ramo di fico d’India con tanto di fiori rossi.
(da”Case & Country, art. di Caterina Amadasi)