UNA RICERCA ORNITOLOGICA:
FORMAZIONE DEL CANTO NELL'USIGNOLO
Luscinia megarhinchos C.L. Brehm
I a cura di G.P. Mignone I





Artiste!... Le Rossignol
à mon sens, n'est pas le premier, mais le seul.
MICHELET
A distanza di ormai più di sessant'anni, ancora ci domandiamo che cosa si dicevano dentro a quegli alberi fissi nell'azzurro, alla sommità del promontorio, tutti quegli Uccelli ciarlieri della nostra fanciullezza.
Noi bambini, per arrivare lassù dal mare, precedevamo felici le mamme nei pomeriggi estivi luminosi di sole, mentre le cicale seghettavano intensamente il silenzio rotto soltanto dal canto degli Uccelli, per le viuzze di una piccola cittadina di riviera, così verde, allora, e tutta odorosa di quel profumo di mare, al primo inerpicarsi per i sentieri su all'alto del promontorio; di terra e di verde dopo, quando l'orizzonte si allargava sempre più e mare e cielo si confondevano in una stessa luce d'acquario; e sereni e felici, a scorrazzare per quei prati e per il colle fino ai chiari crepuscoli d'oro sul grande mare, quasi isolati nel tempo e nella fragranza, con quegli alberi zeppi di Uccelli ciarlieri.
Credo proprio che il mistero del canto dell'Usignolo, che dominava nelle vallette interne ricche di ruscelli d'acqua cristallina, e di salici, siepi di biancospino e boschetti di robinie, mi abbia preso fin da allora. E non vi dico la mia gioia quando ebbi in regalo da un contadino che conosceva i miei un piccolo cestino contenente un giovane Usignolo e... di lì a qualche mese la mia delusione!
Si perché in questa sp., ma avviene anche con le altre tra cui non fanno eccezione, se non rara, i Canarini da canto, gli individui molto giovani tenuti in isolamento acustico dai con-specifici sviluppano anormalmente frasi limitate e semplici, prive di un chiaro e articolato fraseggio.
lo ero un ragazzo allora ed ero ben lontano dal sapere che gli esperti di biologia avevano da tempo supposto che il canto degli Uccelli viene appreso da altri individui, ma senza esserne in grado di determinarne le modalità e le sequenze esatte.
Avendo così delineato alcuni degli eventi precoci che mi indussero ad interessarmi della deformazione del canto nell'Usignolo, possiamo ora porre assieme attenzione agli schemi di contorno che sono specificamente caratteristici del fenomeno.
Normalmente ogni Uccello, migratore o meno, ha un suo dominio (territorio) ben definito, al quale ritorna al termine dei suoi trasferimenti
migratori, finché dura la vita dell'individuo stesso e sempreché non mutino radicalmente nel luogo le componenti eco-climatiche che tanto influenzano sia le popolazioni degli Uccelli sia quelle degli insetti. E' chiaro che la formazione del canto nell'Usignolo debba quindi estrinsecarsi — io pensavo dapprincipio addirittura in modo assai appariscente — da tale comportamento. Tuttavia, sulla base delle osservazioni in Natura, mi risultava che gli Usignoli imparano il canto principalmente entro la zona ov'essi hanno il territorio, ma non necessariamente dal d progenitore e dai loro vicini conspecifici, tanto che spesso nello stesso territorio se alcuni canti sembravano, ad un primo ascolto, pressoché eguali, un'analisi più attenta metteva in luce interpretazioni soggettive, individuali eccelse e (o) modeste dei cantori.
Questo dicevano i miei appunti ante 1940. Vennero poi gli anni di guerra e dovetti partire come ufficiale di complemento, ma il problema continuava ogni tanto a riemergere dai miei ri-
cordi giovanili. Cosicché, negli anni Cinquanta, non appena mi fu possibile, lo ripresi. Volevo, in breve, accertarmi della vera natura di formazione del canto. In altri termini più esatti, appurare:
A) se i canti differiscono in struttura e interpretazione da cantore a cantore soltanto e puramente per ragioni genetiche;
B) posto poi che gli Usignoli imparano il canto nel territorio, ma non necessariamente dai loro vicini conspecifici, ciò comportava oltre all'analisi genetica A) anche un'ipotesi complementare: che l'apprendimento canoro non si completi soltanto nella precedente estate di schiusa, ma altresì nella seguente primavera con altri maestri in competizione di territorio.
Finora, tuttavia, ho tracciato un quadro piuttosto generale e statico di un processo di sviluppo che è, di fatto, un evento dinamico e interattivo. Riservandomi dunque di pubblicare, in una prossima occasione, i dettagli delle analisi della presente ricerca, mi accingo subito ad esporre i principi del metodo seguito.
Per risolvere il quesito decisi di studiare in laboratorio il comportamento di formazione del canto nell'Usignolo, ma ciò presentava subito un problema in quanto dovevo registrare con il magnetofono alcune strutture fondamentali di canto del a progenitore e di altri a ó con le quali addestrare degli Usignoli juv. d' 5.
Com'è ben noto, l'Usignolo nidifica molto spesso tra i densi cespugli vicino al suolo o sul terreno in modo ben nascosto e l'involo dei piccoli si verifica durante la seconda settimana dalla schiusa. Individuato il nido prelevai i piccoli a 12 giorni dalla schiusa, poco prima dell'involo, riservandomi di liberare le eventuali Q y nella primavera dell'anno successivo. Il P. di questi presentava un canto assai variato sui motivi e strutture fondamentali (non eccezionale, in verità) e gli juv. vennero addestrati su questi stessi motivi per la durata di 6 settimane a partire dal giorno seguente la loro *******. Il nastro veniva fatto passare per ca. 2 ore al giorno fino a che gli juv. desistettero dal cantare per compiere la mutina. L'alimentazione consisteva in molti insetti schiacciati (grilli, piccoli coleotteri, ragni), pastone morbido integrato con ricotta magra, scottata e strizzata, oppure da caseina, da un polivitaminico, da tarme (o larve di coleottero della farina) prima intere poi, subito dopo, tagliuzzate e mescolate al pastone e preferibilmente quelle ai primi stadi di sviluppo, uova di formica polverizzate e rese morbide con acqua, afidi, cavallette et al.
La successiva primavera, non appena gli juv. a a che risultarono due, ricominciarono i loro gorgheggi, ebbero altre 6 settimane di ascolto, mentre le y Q vennero liberate.
Questo secondo ascolto era però stato tratto da altro a che manifestava attacchi e motivi canori che gli juv. non avevano precedentemente conosciuto. Ebbi tuttavia serie difficoltà dovute al fatto che negli Usignoli juv. dopo che hanno completata la mutina e mostrano il man-
tello degli ad. (negli juv. è picchiettato, come anche in quelli di Pettirosso, di macchie bianchicce, anziché castano rossigno uniforme come negli ad.) si ha un breve periodo di canto sia nei a a sia nelle 2 2 .
Vediamo ora i risultati. Il canto dei maschi così trattati risultò nella primavera seguente, cioè quando si dispiegò nella sua interezza, uguale a quello che essi avevano ascoltato l'anno precedente, espresso peraltro con motivi più corti e leggermente modificati. Ciò dimostrò che l'ascolto di primavera non aveva sortito in loro effetti tangibili.
Dal secondo nido prelevai i piccoli ad 11 giorni dalla schiusa e li isolai acusticamente fino alla primavera successiva, quando ebbero 6 settimane di ascolto a partire da fine gennaio e benché essi non avessero manifestato un canto ben definito. L'ascolto venne suddiviso in due periodi della durata di 3 settimane ciascuno (2 h. di ascolto per giorno) con canti di a d diversi per ogni 3 settimane e che i piccoli non avevano mai udito prima; in essi non v'era la registrazione del canto del a progenitore. Il primo canto, assai simile nella struttura a quello del a P. venne appreso assai bene. Del secondo tipo di canto gli juv. non ripeterono alcun attacco, né alcuna interpretazione, né riprodussero la struttura. Insomma, carenza assoluta di effetti d'apprendimento sul secor lo tipo di canto.
In definitiva, potei appurare che negli Usignoli l'apprendimento del canto può determinarsi nella loro prima estate, ma anche ed altrettanto bene nella susseguente primavera, specialmente per gli individui delle ultime nidiate. L'analisi del canto suggeriva inoltre che molti aspetti sono legati all'apprendimento, ma altri sono altresì connessi al genotipo del cantore che ne elabora versioni diverse e, talvolta, mirabili: talune apprese, altre modificate in ragione delle capacità canore dell'individuo.
Discutiamo ora brevemente quanto prospettato. Sembra, dunque, dalle nostre esperienze, che la formazione del canto si svolga secondo due possibili linee d'apprendimento, più ancora che secondo una metodologia uniforme ed unica data da associazioni di juv. con gli effettivi ad. a contatto reciproco acustico. La prima interverrebbe nel primo anno di vita degli juv. e precisamente nel periodo in cui essi giungono tardi nella migrazione, sono alla ricerca di un loro proprio territorio e, in questa ricerca, sentono i canti dei conspecifici in pieno svolgimento e ne apprendono le modulazioni, se non gli attacchi veri e propri. La seconda linea procederebbe su una sequenza meno tardiva, vale a dire che gli juv. di Usignolo, specialmente quelli delle prime nidiate, apprenderebbero il canto nella precedente estate, già poco prima dell'involo ed immediatamente dopo. I risultati dei due gruppi di juv. soprariportati suffragano ambedue le linee culturali: il primo con apprendimento in coincidenza dell'involo ed il secondo con apprendimento mentre entravano in canto nella primavera successiva.
Da quanto precede sembra probabile che nei cantori il complesso sistema di formazione del canto si sia evoluto per gradi, a seconda delle date di schiusa: le capacità di indurre l'apprendimento del canto in sé come struttura e poi di modulazioni particolarmente complesse potrebbero (direi meglio: sono) acquisizioni distinte, dovute a scambi e stimoli di squarci di canto con diversi organismi ad. e non soltanto con il 6 parentale o progenitore. Non affermerei, tuttavia, che si tratta qui soltanto di stimolanti ipotesi, perché quello che è certo è ad es. che se gli Usignoli juv. apprendessero il canto nel corso della loro primavera, dato che la sp. ha, come ho detto, una forte propensione ad occupare gli stessi territori negli anni successivi, si determinerebbe una lata similitudine di canti tra i con-specifici vicini di territorio. Ciò che non risulta confermato in sede di ascolto sul campo.
Avendo così delineato alcuni degli eventi culturali precoci dello sviluppo e formazione del canto dell'Usignolo, possiamo porre ora attenzione all'origine genetica o ereditaria del canto. Sarà utile a questo punto precisare subito che i due gruppi di nidiacei prelevati a ca. 10 gg. di età non hanno dimostrato di aver appreso alcunché di fraseggio allo stadio di nidiacei e ciò in relazione al fatto che il 3' progenitore quando è occupato all'alimentazione dei piccoli ben difficilmente fa sentire il suo canto. In particolare,
il I gruppo di nidiacei ha poi mancato nell'apprendimento del canto che gli era stato fatto ascoltare nella primavera seguente.
Nel sistema selettivo degli Harzer e Malinois, gli juv. vengono parzialmente preprogrammati, durante la formazione del canto, nel reciproco ascolto dei primi gorgheggi. Cosa, questa, che non si è determinata nel caso dei nidiacei di Usignolo qui in esame. Tale stato differenziativo se ci induce ad una certa cautela, porge altresì un'opportunità unica per entrare nel merito del differenziamento genetico infraspecifico degli Uccelli canori con alcune brevi considerazioni.
Anzitutto, va precisato che non trattasi negli Usignoli juv. dei due gruppi sopra osservati di pura e semplice imitazione del canto fatto loro ascoltare; questi due gruppi hanno dimostrato di apprendere piuttosto l'esatta struttura del canto di sp. e di adattarvi dopo il loro canto individuale imposto dai fattori genetici loro propri: l'insuccesso, infatti, del II gruppo nell'apprendimento susseguente mi sembra un chiaro esempio di tale « status » in cui intervengono sia i fattori genetici sia i fattori culturali o d'ascolto. Specialmente nei glissandi, vale a dire nei passaggi da una frase di canto ad un'altra, emergono ben evidenti le caratteristiche individuali (genetiche) del siringe dei vari soggetti. Insomma, da un lato abbiamo i moduli di comportamento generale specifico fissi che, negli individui conspecifici, si cercano e si interconnettono con elevata specificità, dall'altro i moduli di canto basati piuttosto su di una struttura fondamentale fissa, ma che si perfezionano liberamente con l'esperienza culturale del cantore e quindi ammettono, a differenza dei primi, un certo coefficiente di variabilità.
Va infine ricordato che ogni singolo siringe negli Uccelli canori conspecifici esprime la stessa organizzazione, ma è il sistema neurofisiologico che ne determina, a livello del canto, la specializzazione funzionale (o talento canoro). Che cosa determini, e come, l'espressione differenziata e modulata dei canti, nell'ambito della stessa sp., costituisce uno degli argomenti più complessi e affascinanti della moderna biologia che affronteremo nella prossima Nota. Data infatti l'enorme complessità del genoma dei cantori, è estremamente arduo rintracciare ali elementi genetici massimi e, del pari, quelli culturali, la cui espressione, o mancata espressione. induce quello particolare stato differenziativo e funzionale dei più valenti cantori.
Giuseppe Paolo Mignone
BIBLIOGRAFIA
G.P. Mignone: Gli attacchi melodici nel canto dell'Usignolo. « It. Ornit. », 10 (2), 13-15, 1984.