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Discussione: Calopsitte maggiorate

  1. #1
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    La bandiera di Sony.coco

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    Calopsitte maggiorate

    Ieri sono andata a far visita a un allevatore di calopsiti della mia zona e tra i vari soggetti ancestrali e mutati, c'era anche qualche coppia che veniva definita come maggiorata.
    Sinceramente a prima vista non mi sembravano diversi dagli altri soggetti, solo un po' più grandi del normale, ma a dire il vero anche nei miei soggetti la taglia è un po' eccessiva.
    Ho chiesto quindi se anche le mie coppie fossero "maggiorate" (il che mi dispiacerebbe, visto che voglio allevare solo ancestrali), ma lui mi ha risposto di no, nonostante di taglia fossero uguali alle sue "maggiorate".
    Ho quindi chiesto che significato avesse la parola "maggiorata", ma non mi ha saputo dare una risposta precisa.
    Al di fuori della taglia, c'è qualche differenza tra maggiorata e varietà selvatica?
    Oppure la maggiorata è solo una calopsite extra?
    Curiosità (anche se so che non avrebbe fatto): dall'incrocio tra maggiorata e selvatica, si ottengono meticci oppure solo selvatici un po' più grandi (ma anche la grandezza è relativa)?

  2. #2
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    La cosiddetta varietà "maggiorata" nel Nymphicus hollandicus presenta alcune tipicità e peculiarità, ad di fuori della taglia, che la differenziano dal comune wildtype.

    Il colori del piumaggio particolarmente accesi, i marchi guanciali molto estesi e ben delineati, il ciuffo estremamente sviluppato e steso in verticale, il portamento impettito, la stazza imponente, le piume e le penne piuttosto lunghe, sono solo alcuni delle originale caratteristiche che la rigida selezione ha plasmato negli esemplari "maggiorati".

    La taglia dell'animale, intesa come distanza tra l'apice della testa e punta della coda, è abbastanza relativa: naturalmente un soggetto più «grande» sarà conseguentemente anche più apprezzato, ma non esiste una dimensione prestabilità per la varietà maggiorata, ad esclusione dei classici 33 cm del soggetto ancestrale.

    Parlare di «meticci» è fuorviante, considerando che - tuttora - i maggiorati non rappresentano propriamente un'unità di razza.
    Resta il fatto, però, che un tale accoppiamento comporterebbe inevitabilmente un rimescolamento del patrimonio genetico, originando dei fenotipi intermedi tra le due varietà.





    Ultima modifica di Luca Marani; 09-05-16 a 19: 17
    Saluti,
    Luca Marani.



    Il mio sito: allevamentomarani.jimdo.com

  3. #3
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    Bah bah... Non capisco proprio alcuni allevatori cos'hanno per la testa!
    Cosa c'è più bello dell'ancestrale?
    Perché dobbiamo rovinare ciò che già perfetto?

  4. #4
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    Concordo: non c'è nulla di più bello dell'ancestrale!
    Poi c'è sempre qualche furbetto della domenica che cerca di creare animali nuovi, più goffi, più brutti e quasi "inadatti" alla vita (vedi ondulato inglese o roseicollis a piuma lunga)

  5. #5
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    Sono d'accordo con voi.
    La mia era semplice curiosità, visto che non ci ho mai capito nulla in questi strani soggetti da selezione.
    Come ho detto però, non li acquisterei mai.

  6. #6
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    Come capirete gli scopi sono prettamente commerciali, dato che i soggetti selezionati hanno un valore più alto.
    Poi ci lamenteremo se fra 20 anni non ci ricorderemo manco più come sia fatto un soggetto ancestrale.

  7. #7
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    Personalmente, invece, mi considero più aperto nei confronti delle pratiche selettive o nello sviluppo delle mutazioni.
    Del resto, fin dalle origini dell'allevamento, le specie animali addomesticate dall'uomo hanno inevitabilmente subito una qualche sorta di «selezione» (nella concezione del termine che intendiamo noi oggi) a volte in modo involontario o empirico, altre volte con obbiettivi ben mirati.

    Il destino di ogni specie domestica, pertanto, è segnato da una continua alterazione genetica, condizionata da criteri strettamente "umani".
    Dopo la chiusura delle importazioni, l'allevamento di uccelli esotici con fini protezionistici è tramutato in una vera utopia, poiché, in assenza di una continua introduzione di geni selvatici, gli esemplari generati dopo innumerevoli generazioni riprodotte in ambiente protetto, presenteranno inevitabilmente trasformazioni fisiche e, soprattutto, modifiche caratteriali.

    Per eludere la scomparsa della forma ancestrale, fondamentale non solamente per il suo straordinario fascino, occorrerebbe assicurarsi che ogni ornicoltore possieda un piccolo ceppo di animali rigorosamente appartenenti alla varietà selvatica (per «piccolo ceppo» si intenda un numero minimo di 3-4 coppie), riprodotti in assoluta purezza, vale a dire: senza inquinamento di mutazioni, evitando ibridazioni e meticciamenti (fondamento valido in ogni eventualità), omettendo qualsiasi tipo di selezione (se non atta a preservare forma, portamento e taglia originari) e limitando l'allevamento a mano ai soli casi di stretta necessità (al fine di garantire la creazione di future coppie di riproduttori).
    Per il conseguimento di tale obbiettivo, come appare ovvio, si rivela necessario che ogni amatore si impegni in prima persona, con serietà ed adeguata professionalità.

    Nel caso in cui, oltre alla sopracitata linea di sangue, in allevamento resti ancora spazio per altre coppie, potremo dedicarsi (non obbligatoriamente, sia ben chiaro) a svariate pratiche selettive e/o al mantenimento di qualche soggetto mutato: essi (se gestiti con dovuta attenzione e lungimiranza) possiedono il compito di arricchire ed ampliare il già vasto panorama ornitologico mondiale.

    Concludendo, tengo a confermare che l'esemplare ancestrale rappresenta apoditticamente il prototipo della perfezione: non potremo mai creare una nuova fantasmagorica "varietà" che superi un "comune" individuo selvatico in bellezza, fascino ed eleganza.
    Ultima modifica di Luca Marani; 13-05-16 a 21: 44
    Saluti,
    Luca Marani.



    Il mio sito: allevamentomarani.jimdo.com

  8. #8
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    L'importante è che l'ancestrale non vada perduto e che ognuno si impegni nella sua conservazione.

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