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Discussione: Allevamento in colonia: pro e contro

  1. #1
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    Allevamento in colonia: pro e contro

    Buona sera, mi trovo nella seguente situazione: ho cinque coppie di calopsite assolutamente ancestrali (a parte un maschio che è portatore di pezzato) e una voliera dalle dimensioni di 5 metri lunghezza x 1,5 larghezza.
    E vorrei allevare in colonia queste coppie.
    Voi che ne pensate? Che pro e contro ci sono nell'allevamento in colonia?

  2. #2
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    Sarebbe anche interessante fare un discorso trasversale tra tutte le specie di Psittacidi (non solamente i calopsitte), per capire i pro e contro in maniera più generale.

  3. #3
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    Quote Originariamente inviata da LucaEmilia Visualizza il messaggio
    Sarebbe anche interessante fare un discorso trasversale tra tutte le specie di Psittacidi (non solamente i calopsitte), per capire i pro e contro in maniera più generale.
    In effetti era questa la mia intenzione, aspettiamo di vedere cosa dicono i più esperti.

  4. #4
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    Ciao Marbotti,
    La disquisizione sull'allevamento in colonia si presenta indubbiamente complessa, ricca di innumerevoli sfaccettature e supportata in ambito ornitologico da valide opinioni e convinzioni, talvolta quasi paranoiche.
    Da parte mia, cercherò di illustrare tutti gli aspetti fondamentali con modalità il più possibile oggettive.

    Lo scopo primario dell'allevamento in colonia consiste nel ricreare in ambiente protetto le circostanze riproduttive naturali ed - in concomitanza - disporre di una voliera intraspecifica a dir poco spettacolare e alquanto galvanizzante per chiunque ami l'ornicoltura.
    Innanzitutto, è importante sottolineare come la riproduzione in comunità non corrisponda alle abitudini ancestrali appartenenti a gran parte degli Psittacidi: solo alcune specie particolarmente specializzate, quali parrocchetti monaci, conuri della Patagonia, conuri guaruba e pochi altri, sono solite nidificare condividendo la medesima struttura di cova.

    Buona parte degli Psittacidi allevati in Europa (in particolar modo gli animali di provenienza Oceanica ed Afro-asiatica) sono soliti condurre vita di gruppo solamente in alcuni mesi l'anno, mentre - durante la stagione degli amori - le coppie tendono ad isolarsi, ricreando un sito riproduttivo individuale e territorializzato.
    In simili situazioni, la riproduzione in colonia non sarebbe solamente una forzatura, ma altresì si troverebbe in contrasto con le esigenze etologiche ed evolutive dei nostri animali.

    Altri pappagalli, tendenzialmente più pacati (come i calopsitte), tendono a radunarsi in gruppi discretamente numerosi, composti da coppie stabili e riproduttive, le quali prediligono nidificare in un'area più circoscritta seppur in maniera indipendente: le rispettive femmine, nonostante situate in diversi nidi discretamente ravvicinati, continuano a difendere tenacemente la propria privacy ed indipendenza.
    In quest'ultima eventualità, la realizzazione di una colonia appare subordinata in funzione dello spazio di cui disponiamo, sempre tenendo presente che le nostre voliere - per quanto possano essere ampie - si dimostreranno comunque limitate in rapporto agli immensi territori disponibili allo stato selvatico.

    Da tali considerazioni, possiamo dedurre il primo criterio generale.
    Nel primo caso, la riproduzione in colonia non solo è possibile, ma vivamente consigliata: così facendo, le coppie svolgeranno al meglio le cure parentali, si aiuteranno vicendevolmente nell'incubazione e garantiranno migliori prestazioni procreative.
    Nel secondo esempio - riferito a innumerevoli specie principalmente appartenenti ai generi Psittacula, Platycercus, Barnardius, Neophema, Psephotus, alcuni Poicephalus, Cacatua bianchi e rosa, Psittacus, Tanygnathus, Amazzona, Forpus, Pionus... (solo per citarne alcuni maggiormente diffusi) - sarà bene procedere con l'alloggiamento in coppie singole, almeno nel periodo riproduttivo e salvo non si disponga di strutture incredibilmente vaste (in ogni caso, una simile sistemazione apparirebbe alquanto svantaggiosa).
    Per il terzo ed ultimo gruppo, potremo tentare una convivenza intraspecifico purché sussistano i presupposti indispensabili per garantire il benessere degli ospiti: la decisione spetta esclusivamente al singolo amatore, in funzione delle proprie risorse e degli obiettivi pretesi dall'allevamento (selettivo/protezionistico o prettamente dilettantistico).

    Incominciando ad analizzare i vantaggi, possiamo immediatamente riscontrare il benessere psicologico dei singoli animali, scaturito da un'intensa vita sociale e - conseguentemente - altamente stimolante.
    Tutti gli Psittacidi, comprese le specie maggiormente aggressive, rivelano un'indole essenzialmente gregaria: l'allevamento in colonia contribuisce pertanto a favorire l'interazione tra i soggetti e simulare le condizioni di vita ancestrali della specie, permettendo di accentuare i comportamenti innati grazie all'imitazione reciproca.

    Come accennavo in precedenza, tuttavia, la notevole limitazione di spazio può costringere gli individui più bellicosi ad uno scontro diretto, piuttosto che alla fuga o al discernimento dei dovuti spazi: per tale ragione, occorrerà contemplare le peculiarità etologiche di ogni singola specie, prima di procedere ad una convivenza coatta.
    Talvolta è possibile procedere con la costituzione comunitaria limitatamente al solo periodo di riposo, purché si dispongano di alloggi adeguati e la specie in considerazione si dimostri ben predisposta alle frequenti variazioni di ambiente: appare ovvio come gli uccelli stanziali tendano a mal sopportare un continuo trasloco, al contrario di altri pappagalli (provenienti da regioni aride), coi quali uno spostamento di alloggio potrebbe giovare alla regolazione del ciclo ormonale.

    In seconda analisi, una voliera di comunità - se adeguatamente popolata - regala spazi di volo relativamente più ampi rispetto alla mediocre offerta di alloggi singoli: la convenienza derivante da un aumento di volume appare palese, soprattutto i termini psicofisici.
    Talvolta, ciò nonostante, l'allevamento in colonia viene adoperato al fine di forzare la convivenza tra più coppie in gabbioni teoricamente sufficienti per singoli riproduttori, abusando del buon temperamento della specie.
    Occorre, pertanto, prestare notevole attenzione a non sovraffollare la voliera, dedicando ad ogni coppia un volume equivalente allo spazio di cui avrebbe disposto in un'ipotetica gabbia da cova.
    Per comprendere meglio la situazione, potremmo offrire un simile modello: se una coppia di calopsite necessita di almeno un metro quadro di superficie di volo, tale parametro dovrà rivelarsi rispettato anche in caso di allevamento comunitario, predisponendo una voliera superiore ai tre metri atta ad ospitare una ristretta colonia composta da 6 individui riproduttori.
    Ovviamente l'unica discriminante utile per ottimizzare lo spazio disponibile risiede nel buon senso razionale e negli standard di etica morale che ogni allevatore di comprovata serietà possiede.

    Conclusa questa prima contemplazione, introduciamo ora un'analisi dei principali elementi a sfavore.
    Come già accennato in precedenza, le problematiche legate alla riproduzione non si rivelano affatto trascurabili: le femmine coatte in spazi alquanto limitati possono espletare atteggiamenti di aggressività e territorialità, culminanti talvolta con scontri letali e pratiche di sabotaggio nei confronti dei nidi altrui (rottura delle uova, defenestrazione dei pulli, ecc...).
    In talune specie, oltretutto, il picco ormonale può indurre un effetto affine anche nei soggetti di sesso maschile, intenti a corteggiare le compagne e difendere il sito riproduttivo con comportamenti intimidatori e lotte spietate.
    Come ulteriore complicazione, potremo assistere a frequenti episodi di dominanza, per mezzo dei quale la coppia "Alfa" continua ad infierire sui soggetti meno riottosi: analiticamente, le comunità dovranno dimostrarsi composte da almeno tre coppie stabili, atte a riequilibrare le gerarchie interne.
    Per la medesima ragione, appare indispensabile affiancare in contemporanea tutti i membri della colonia in un alloggio assemblearmente sconosciuto: introducendo nuovi individui nel territorio di una coppia matura - sebbene quest'ultimo possa dimostrarsi sufficientemente dimensionato - commetteremmo inesorabilmente una violazione del sito riproduttivo, scatenando reazioni talvolta violente e fatali.

    Altra avversità risiede nel processo di occupazione dei nidi, poiché - in un'ambiente così povero come la voliera - diverse femmine potrebbero ambire al medesimo riparo, scatenando sanguinose liti per la sua conquista.
    In tal caso, l'allevatore dovrà preoccuparsi di allestire un numero di nidi superiore alla quantità di coppie, ubicati ad una discreta altezza dal suolo e ben riparati da eventuali disturbi esterni, al fine di offrire un'ampia gamma di scelta ad ogni individuo: il consiglio più comune, atto a garantire una buona probabilità di successo, consiste nella preparazione di due cassette cova per ogni riproduttrice.
    Problema analogo risiede nella collocazione dei punti di foraggiamento ed abbeverata, i quali dovranno presentarsi innumerevoli ed adeguatamente distanziati; per le specie «pascolatrici» (provenienti da regione desertiche) sarà opportuno sistemare cibo e acqua al suolo, ovviamente rispettando le dovute norme igieniche.
    Un'alimentazione variata ed arricchente sotto il profilo psicologico potrà certamente evitare problematiche comportamentali e atteggiamenti morbosi verso i compagni di voliera, fenomeno che potrebbe turbare l'equilibrio della colonia.
    Resta raccomandabile astenersi dal ponderare eccessivamente le forniture di prodotti alimentari: in tal modo, garantiremo un pasto abbondante anche ai soggetti meno reattivi, che impiegheranno un maggior lasso di tempo per consumare la porzione desiderata.

    L'ultima difficoltà legata alla procreazione collettiva è rappresentata dall'impossibilità di praticare una selezione mirata sui riproduttori presenti, poiché le coppie si formeranno in maniera spontanea e, talvolta, può accadere che alcune riproduttrici riescano ad accoppiarsi con diversi compagni nel periodo antecedente alla deposizione.
    Anche nelle specie solitamente considerate monogame, può accadere che - nonostante l'introduzione di coppie già collaudate - i soggetti tentino di provocare una rottura con il precedente compagno, con successivo riaffiancamento ad un partner più corrisposto.
    Oltretutto, nel caso in cui decidessimo di non procedere alla rimozione dei novelli, incorreremo in un inesorabile indebolimento genetico, causato dalla stretta consanguineità tra i soggetti.
    Un'altra problematica relativa risiede nel monitoraggio di tutti gli stadi procreativi, dalla pratica della marcatura, all'ispezione dei pulletti in crescita, all'esecuzione di ogni obbligo burocratico impostoci durante l'allevamento di Psittaciformi sottoposti a Cites.
    Tuttavia, con le specie maggiormente gregarie, possiamo rilevare un maggior stimolo ad espletare gli istinti riproduttivi, comportando migliori prestazioni durante l'accoppiamento, l'incubazione assidua e l'operazione d'imbeccata dei pulli: molte complicazioni derivanti dall'allevamento in cattività risultano smussabili per mezzo della costituzione di colonia, poiché la capacità emulativa degli Psittacidi si rivela imprescindibile al fine di ottenere animali più predisposti alla vita riproduttiva.

    L'intralcio concernente il mantenimento delle dovute norme igieniche, si basa sulla maggior trasmissibilità delle patologie per contatto diretto: le operazioni di pulizia dovranno pertanto rivelarsi maniacali e, nel caso in cui percepissimo un qualunque stato di malessere negli individui, occorrerà immediatamente accertarne la causa e, di conseguenza, provvedere ad allestire una quarantena.
    Per di più, gli esemplari palesemente indeboliti verrano rapidamente isolati dal gruppo, poiché risultano più appetibili per l'attacco di eventuali predatori.

    Come ovvio, le suddette considerazione appaiono applicabili unicamente agli allevamenti mono-specifici; viceversa, le colonie inter-specifiche e la ricostruzione di biotopi originari richiederebbero trattazioni decisamente più complesse, già in parte contemplate in altre discussioni del forum.
    Tuttavia, sono convinto che tale tipologie di voliere non presentino vantaggi considerevoli per i singoli individui, ma piuttosto rivestano un ruolo prettamente estetico e conoscitivo.
    Concludendo, ritengo che l'allevamento in colonia rappresenti un adempimento aulico dell'allevamento in cattività, tuttavia occorre rispettare le necessità etologiche di talune specie, rammentando alcuni fondamentali presupposti per una convivenza pacifica, sempre dedicando una considerevole dose di tempo alle operazioni di gestione e manutenzione.
    Ultima modifica di Luca Marani; 29-08-16 a 21: 59
    Saluti,
    Luca Marani.



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  5. #5
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    Non ho mai visto una spiegazione così completa
    Grazie!
    Nell'allevamento in colonia è obbligatorio inserire tanti maschi quante femmine, oppure qualche maschio spaiato può giovare alla situazione?
    Marco


  6. #6
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    Luca Marani, trovo molto interessanti le tue considerazioni e avrei scritto esattamente la stessa cosa, non vorrei essere frainteso....
    Però penso che sia un po' sprecata all'interno di questa discussione, dove potrebbe rimanere sepolta sotto tanti messaggi e non venire letta da nessuno.
    Credo si possa mettere come articolo a parte... Qui lo vedo sprecato

  7. #7
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    Si potrebbe mettere la discussione in evidenza, come è stato fatto su quella riguardante l'alimentazione...anche questo è un argomento trattato spesso e che può rivelarsi utile a molti...
    Leo



    Uccello in gabbia, o canta per amore, o canta per rabbia...

  8. #8
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    Quote Originariamente inviata da Marbotti Visualizza il messaggio
    Nell'allevamento in colonia è obbligatorio inserire tanti maschi quante femmine, oppure qualche maschio spaiato può giovare alla situazione?
    Con buona parte delle specie, resta consigliabile introdurre un egual numero di maschi e femmine.
    Con taluni Psittacidi, è possibile introdurre qualche esemplare (di entrambi i sessi, in base all'indole dell'uccello che desideriamo allevare) totalmente spaiato, senza correre il rischio di turbare la tranquillità della colonia.

    Ad ogni modo, credo che la modalità più razionale d'allevamento in colonia consista nell'utilizzo di sole coppie riproduttive, poiché - in qualunque caso - un esubero di esemplari «single» non comporta particolari vantaggi, ma talvolta complicazioni.

    I calospitte, in particolare, preferiscono condurre vita prettamente monogama: la poligamia, pertanto, non rientra nelle abitudini riproduttive di questi piccoli Cacatuidi.
    Saluti,
    Luca Marani.



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  9. #9
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    A questo punto si potrebbe anche fare una lista delle specie più allevate, quali preferiscono la colonia e quali la voliera singola.
    Che ne dite?

  10. #10
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    Ci provo.

    Allevamento in colonia possibile
    Myopsitta monachus; Pionites sp; Pyrrhura sp; Nandayus nenday; Cyanoliseus patagonus; Agapornis (occhi cerchiati); Bolborynchus lineola; Guaruba guarouba; Psilopsiagon sp; Eclectus roratus; Melopsittacus ondulatus; Neopsephotus broukii; Nimphicus hollandicus; Lathamus discolor; Elophus roseicapilla; Trichoglossus haematodus spp, Eupsittacula.

    Allevamento in colonia sconsigliato
    Psittacula sp; Poicephalus sp; Psittacus spp; Agapornis roseicollis, taranta, canus, pullarius; Amazona sp; Ara sp; Deroptyus accipitrinus; Forpus sp; Pionopsitta sp; Brotogeris sp; Aratinga sp; Barnardius sp; Cacatua sp; Neophema sp; Platycercus sp; Tanygnathus sp; Psephotus sp; Polytelis sp; Cyanoramphus sp; Aprosmictus erythropterus; Alisterus scapularis; Chalcopsitta sp; Charmosyna sp; Eos sp; Lorius sp.
    Saluti,
    Luca Marani.



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