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Discussione: Il Balestruccio (Alamanno Capecchi)

  1. #1
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    Il Balestruccio (Alamanno Capecchi)

    Il Balestruccio
    di Alamanno Capecchi

    La giornata di quel lontano agosto si era prean¬nunciata bellissima con il cielo completamente sereno e il sole chiaro che brillava già alto all'orizzonte.
    Poi verso le dieci, quasi all'improvviso, torreggianti nuvoloni color piombo orlati di bianco, cominciarono a salire veloci da occidente, accompagnati da un brontolio continuo di tuoni lontani.
    Una folata fece stormire le foglie dei Pioppi. "È il vento dell'acqua" disse la vecchia Rosaria, scrutando in alto e affrettandosi a raccogliere l'erba tagliata di fresco per i conigli.
    Di lì a poco l'acqua cominciò a cadere, prima a gocce rade che lasciavano nel cortile grosse macchie scure, poi sempre più fitta e più intensa; ormai batteva sul selciato rimbalzando violenta e rumorosa come grandine e cadeva di sbieco in funi che il sole argentava: "Piove col sole, la Madonna annacqua il fiore". L'antica filastrocca cantata dalla tata quando ero bambino per farmi addormentare affiorò dal passato. Mi ricordai che le finestre dello studio erano aperte e mi affrettai a salire le scale per chiuderle.
    Ero appena entrato nella stanza quando qualcosa entrò obliquamente e batté con un lieve tonfo ovattato nel muro a pochi chilometri dal pavimento.



    Vista così, con la coda dell'occhio, "la cosa" mi era sembrata una grossa foglia nerastra o un pezzo di carta portato dal vento.
    Guardando meglio mi accorsi che si trattava di un Balestruccio, così bagnato che soltanto dopo averlo immerso in un recipiente pieno d'acqua si sarebbe ottenuto lo stesso risultato.
    Tremava e era quasi incapace di muoversi. Lo raccolsi e dopo averlo avvolto in un panno lo asciugai e riscaldai con il fohn.
    Ben presto le penne e le piume riacquistarono il loro primitivo aspetto e anche l'uccellino si riprese completamente. Era un soggetto adulto e la lucentezza e i riflessi della livrea non davano adito a dubbi. Sembrando in apparenza in buone condizioni, provai a farlo volare in attesa di ridargli la libertà.
    Aprii la mano e lo spinsi verso l'alto con un lieve ma rapido movimento del braccio: cadde pesantemente a terra e arrancando con le corte zampette, si rifugiò sotto la scrivania.
    Mi accorsi allora che nell'urto contro la parete si era prodotto la lussazione di un'ala che infatti teneva cadente e immobile.
    Considerato che dargli la via in quelle condizioni significativa morte sicura, lo misi in una gabbia per richiami e tentai di indurlo ad alimentarsi in cattività.
    Per prima cosa, per costringerlo a rimanere calmo, tagliai buona parte delle remiganti dell'ala indenne, poi iniziai a nutrirlo a forza con Grilli, Mosche e Mosconi.
    Dopo un paio di giorni, alla vista degli Insetti, cominciò a mangiare spontaneamente protendendo di scatto la testa e ghermendoli a becco spalancato. Ormai non dimostrava più alcun timore e se ne stava tranquillo appollaiato sul dito in attesa del cibo.


    Per abituarlo a nutrirsi da solo, dato che non potevo passare le mie giornate ad occuparmi di lui, ricorsi al sistema, sicuramente non ideale, che avevo veduto usare da mio padre per i Prispoloni, quando ero ragazzo. Riempii di acqua fino all'orlo il beverino di coccio verde e nella cassettina del cibo misi un miscuglio in parti uguali di farina di granturco e di crisalidi essiccate e sbriciolate di Bombice del gelso con in superficie, ben in vista, una trentina di mosche morte o moribonde: collocai la gabbietta in un posto tranquillo e me ne andai.
    Controllando, dopo poco tempo, vidi che le mosche erano scomparse e il resto del cibo vistosamente rimosso e versato, nell’evidente ricerca di altri Insetti.
    Fornii un nuovo quantitativo di mosche e qualche grillo, e così proseguii nei giorni successivi facendo attenzione a mescolarli bene agli altri componenti. Si abituò, senza difficoltà al nuovo alimento, cosa che mi permise di ridurre la ricerca di cibo vivo.
    Aveva un modo particolare di mangiare e di bere. "infornava" il pastoncino immergendovi orizzontalmente il becco aperto, utilizzando la mandibola inferiore come una pala; nella stessa maniera faceva con l'acqua.
    Poiché non poteva volare lo portavo con me alla ricerca d'insetti. Alcune volte, preso da ancestrali terrori saltava all'improvviso a terra nascondendosi tra l'erba, ma, ricatturato, si lasciava trasportare nuovamente per i campi, posato sull'indice.



    Trascorse l'inverno nel suo piccolo alloggio vicino a una stufa a legna, rimanendo immobile per ore sul posatoio, dal quale scendeva solamente per mangiare e per bere. Non sembrò risentire del cibo inconsueto a base di farina di granturco e crisalidi, integrato con cuore di bue lessato e qualche larva di Tenebrione.
    Verso la fine di marzo aveva ripreso il suo aspetto naturale: le remiganti tagliate erano state sostituite e anche l'ala danneggiata nell'urto contro la parete aveva riacquistato forza e mobilità: soltanto in posizione di riposo appariva leggermente asimmetrica rispetto all'altra.
    Ogni tanto aprivo lo sportellino della gabbia per farlo volare nella stanza.
    Dal momento che aveva riacquistato l'uso delle ali era divenuto più forastico. Quando era stanco, però, si lasciava avvicinare e accarezzare. Se con un dito facevo una leggera pressione sul petto verso l'alto, vicino alle corte zampette, vi saliva.
    Alcune volte accettava una mosca o una farfallina, catturandole a becco spalancato con il solito rapidissimo movimento della testa…
    Finalmente era giunto il momento di riacquistare la libertà. In un limpido mattino di aprile il piccolo prigioniero, fatto l'ultimo giro dello studio, uscì dalla finestra volando veloce in linea retta contro un sole abbagliante.
    Mi fu impossibile seguirlo con lo sguardo, ma sentii per due volte il suo festoso garrire: poi più niente.
    Nell'aria già tiepida, rimase soltanto il cinguettio chiassoso dei passeri e il guaito lontano di un cane.

    __________________________________________________ ______________


    Alamanno Capecchi
    nato a Pontedera (PI) il 25 settembre 1927.
    Laureato in farmacia. Zoofilo. Ornitologo dilettante.
    Menbro della Società Italiana di Scienze Naturali (Milano)
    Rappresentante nazionale C.R.O. ( Commission de ricerche ornithologique) della C.O.M.

    Autore di circa trecento articoli pubblicati da riviste italiane ed estere (Avifauna, Uccelli, Italia Ornitologica, Atualidades Ornitologicas, O Paporrubio

  2. #2
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    Un altro bellissimo racconto,che mi ha riportato indietro di anni,quando quasi tutte le case avevano la loro "colonia" di balestrucci sotto il cornicione.

  3. #3

    Ho la fortuna di abitare in una zona ancora ricca di balestrucci e rondini che arrivano puntuali ogni primavera.
    Creature aggraziate e belle, che meritano ogni aiuto e sostegno.
    Grazie per questo nuovo racconto dolce e poetico, come lo sono gli occhi dei balestrucci

  4. #4
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    bellissimo
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    Luganos Mutados (Carduelis Spinus)
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  5. #5
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    Grazie Marco, non finiremo mai di ringraziare te ed Alamanno, per questi articoli e queste splendide foto, grazie ancora un abbraccio.

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