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Discussione: Il Diamante di Gould (Alamanno Capecchi)

  1. #1
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    Il Diamante di Gould (Alamanno Capecchi)

    Il Diamante di Goulddi Alamanno Capecchi

    Premessa
    .
    Nel secondo volume “Gli Estrildidi”, pubblicato nel 2005 dalla Federazione
    Ornicoltori Italiani, gli autori S. Lucarini, E. De Flaviis e A. De Angelis trattano
    dettagliatamente la storia del Diamante di Gould come esotico “domestico”,
    iniziando dal 1888 quando il Dott. E. P. Ramsay riuscì, per la prima volta, a riprodurlo in una voliera dell’ Australian Museum di Sidney. Continuando la descrizione a un certo punto scrivono: “…Altri pionieri furono gli australiani E. Baxter ed R. Murray, il tedesco G. Ziegler ed il sudafricano F. Barnicoat. È di quest'ultimo l'acquisizione della prima mutazione fissata in cattività: la "Petto bianco".
    Nonostante questi progressi, ancora nel 1959 H.R. Gilbert ("Australian Aviculture, 11/59) sconsigliava l'acquisto degli uccelli che dal paese di origine giungevano in Europa nei mesi invernali, in quanto, già stressati dal lungo viaggio e dai vari cambi di alimentazione, sarebbero risultati secondo l'autore animali destinati a non superare la delicata fase dell'acclimatazione.




    Inaspettatamente a dare nuovo impulso alla diffusione del D. di G. negli allevamenti è stato il blocco nel 1960 delle esportazioni della fauna selvatica australiana. Il primo effetto di tale disposizione è stato infatti il rapido e sensibile aumento delle quotazioni di tutti gli esotici provenienti da quel continente. Ciò ha creato i presupposti per una energica iniezione di interesse verso lo specifico settore: prima in Giappone (in particolare attorno alla città di Osaka), poi in Olanda, Belgio e negli U.S.A., si sono diffusi allevamenti intensivi che utilizzavano il Passero del Giappone quale genitore
    adottivo. Per avere una idea delle dimensioni raggiunte dal fenomeno, Renata Decher in "Cage and Aviary Birds" (marzo, 1983) descrive un allevamento di cinquecento coppie tra D. di G. e Diamanti di Bicheno, assistite da duemila coppie di Passeri del Giappone. In questa "fabbrica" di esotici le deposizioni delle femmine di Diamante raggiungevano punte di 60-70 uova l'anno per soggetto.

    Anche in Italia c'è stata una fase definibile "pionieristica" che si è protratta almeno fino alla metà degli anni settanta. Possiamo rivisitare alcuni scorci di quel periodo grazie ad una vecchia nota di Alamanno Capecchi, un maestro indiscusso nel campo della divulgazione ornitologica…” (Troppo buoni!)

    Qui di seguito riporto integralmente l’articolo sui Diamanti di Gould, pubblicato da “Avifauna” (marzo –aprile 1981). Basato in buona parte su osservazioni e tentativi di riproduzione di un gruppetto di poveri derelitti; di scarti in pessime condizioni di salute.
    Unico conforto come cantava Morandi: “Sui monti di pietra può nascere un
    fiore” .
    Articolo che farà sicuramente sorridere i moderni allevatori con l’A maiuscola.
    Articolo da leggere soltanto per curiosità come piccolo esempio di
    “archeoornitocoltura”.

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  2. #2
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    Il Diamante di Gould di Alamanno Capecchi parte seconda

    Il Diamante di Gould : esperienze e considerazioni

    Scrivere su questo astrildide australiano, per uno come me che non è un vero allevatore, potrebbe essere pericoloso; correrei il rischio di fare un discorso ovvio, banale e quindi ripetitivo e inutile.

    Di questo " importante " uccellino si sono occupati, più o meno estesamente, la quasi 'totalità degli autori di libri di ornitologia e di ornitofilia attualmente in commercio.
    Da anni all'estero e in questa ultima decade anche in Italia, ornicoltori validi, per teoria e per pratica, allevano in modo razionale, secondo i moderni sistemi zootecnici, ottenendo risultati positivi. Per questo, proprio perché non ho le basi né l'esperienza per affrontare l'argomento dal punto di vista dello " specializzato "; desidero focalizzarlo da un'altra angolazione che mi sta particolarmente a cuore.
    Come ho già detto non mi sono mai considerato un allevatore nel senso esatto della parola, ma piuttosto un osservatore del comportamento degli uccelli in cattività ai quali ho cercato, nei limiti del possibile, di approntare habitat simili a quelli originali, o almeno accettabili.



    Uno pseudoetologo dilettante teso a conservare negli animali allevati quelle caratteristiche naturali e istintive che li rendano il più possibile simili ai conspecifici che vivono in natura.

    Prima di addentrarmi a parlare delle mie esperienze con questa specie e delle possibili timide considerazioni, desidero sottolineare che il mio discorso, per ovvie ragioni, non può né deve essere generalizzato.

    Lo scopo di queste note è quello di evidenziare i lati negativi di un certo tipo di allevamento che, per lucro, viene spinto alle estreme conseguenze e che per alcune specie, come nel caso del Gould, rende estremamente difficile ricreare ceppi rustici e naturali, dato che ai grossi problemi di acclimatazione se ne aggiungono altri prodotti dall'uomo che in molti casi ne ha affievolito gli istinti o indebolito le resistenze organiche.

    Il mio contatto diretto con questa specie risale a più di venti anni fa. Inizialmente acqustai solo maschi che tenevo in gabbie da salotto, o liberi come piccoli animali da compagnia.

    Dal 1970 pensai alla riproduzione per fissare ceppi rustici e autosufficienti.
    Avevo notato che il Diamante di Gould con quei suoi colori incredibili polarizzava l'attenzione degli adulti e dei bambini. Più volte avevo sorpreso, con gli occhi resi più grandi dallo stupore, dei bambini con la testa rivolta all'insù a guardare la grande gabbia nella quale tenevo questi arcobaleni alati, resi più belli dalla luce dorata del sole prossimo al tramonto.

    Il Diamante di Gould pensai "vende" bene la passione per l'ornitofilia. Se riuscissi ad allevarne anche pochi ma rustici potrei regalarli a qualche piccolo amico indirizzandolo verso un passatempo positivo. Da qui nacque il mio tentativo e anche se i risultati non furono brillanti credo valga la pena di esporli.



    Prima però di parlare del comportamento del Gould in riproduzione desidero descriverlo come " singolo " anche per sottolineare, nell'arco di questi venti anni, le differenze che ho notato tra i primi, credo provenienti dall'Olanda se non proprio dall'Australia, i successivi " giapponesi " e gli ultimi " italiani ".

    Nella seconda metà degli anni cinquanta, per motivi di lavoro, abitavo per lunghi periodi a Siena. Vi era a quei tempi, non so se vi sia ancora, in piazza del Campo, una uccelleria tenuta da un simpatico e appassionato ornitofilo con il quale, approfittando del fatto che la strada che percorrevo a piedi dall'albergo all'ospedale costeggiava la piazza, mi fermavo spesso a fare quattro chiacchiere.

    Fu in quel negozio che per la prima volta vidi i Diamanti di Gould. Si trattava di una magnifica coppia a testa nera alloggiata in una elegante gabbia, come se ne vedevano allora, di lucente ottone cromato e vetri parasporco, che faceva bella mostra di se dall'alto di un trespolo posto in un angolo accanto alla vetrina. In un primo momento il negoziante, sembrò disposto a cedermela, successivamente ci ripensò e non se ne fece nulla.
    Se veniva in possesso di qualche uccellino che a lui piaceva particolarmente, l'ornitofilo aveva il sopravvento sul rivenditore e difficilmente era disposto a disfarsene. Mi era già successo con un Diamante rosso e con una coppia di Diamanti variopinti.

    Trascorsero così alcuni mesi in quel loro angolo della bottega: poi non li vidi più. Agli inizi della primavera ricomparvero, povere spoglie impagliate, sulla parte più alta di uno scaffale. Non avevano resistito ai rigori della cattiva stagione.
    Negli anni successivi, in tempi diversi, acquistai alcuni maschi a testa rossa,
    per il semplice diletto di possedere uccellini così piacevolmente colorati. Erano tempi nei quali questo Diamante era poco comune da noi. Sebbene nel “Giornale degli Uccelli” (febbraio 1955) il dr. Martinat lo segnali insieme a poche altre specie esotiche riproducibili in gabbia, il dr. Orlando nel suo libro « Uccelli esotici » edito nel 1959 ne parla con scarsa esperienza diretta e dice che chi riuscisse a presentare a una mostra le tre varietà: testa nera, rossa e gialla potrebbe essere considerato collezionista provetto e fortunato. Infine, ancora «Giornale degli uccelli » (ottobre 1960) lo riporta tra le «offerte di uccelli rari».



    Non so, come ho già detto, se i Diamanti di Gould dei quali venni in possesso, alla fine degli anni cinquanta provenissero dall'Australia o dagli allevamenti olandesi, ma ricordo che erano di buona taglia, abbastanza robusti, " intelligenti ", vigili ma non forastici e facilmente adattabili ad ambienti diversi.
    Si trovavano nei listini di pochi importatori solo nei mesi di luglio e di agosto. Poiché si trattava quasi sempre di soggetti singoli, dopo un primo periodo di gabbia, li tenevo liberi.
    Di questi Diamanti di Gould ho un ricordo bellissimo. Si dimostrarono in massima parte facilmente addomesticabili e simpatici animali da compagnia.

    Per quel loro aspetto così elegante utilizzai accessori e una cornice adatta. Un cestino d’argento e cristallo faceva da supporto a due piccoli recipienti, pure di cristallo, per l'acqua e i grani. Un rametto con base serviva da posatoio. E loro se ne stavano ore, piccoli soprammobili colorati, fermi sul minuscolo trespolo posato sul ripiano di marmo di un caminetto tra ninnoli antichi e cornici dorate di vecchie fotografie color seppia, sbiadite dal tempo.

    A tratti, quasi a voler dimostrare che erano vivi, facevano alcuni voli per la stanza o scendevano a mangiare per poi ritornare al loro abituale posatoio.

    Ed era divertente vedere l'espressione buffa di qualche ignaro ospite che, convinto si trattasse di un uccellino imbalsamato, allungava una mano per esaminarlo meglio e subito quello volava via lasciandolo con un palmo di naso. I più docili si erano così bene abituati al posatoio che si facevano trasportare da un punto all'altro della stanza senza muoversi, oppure dopo un breve volo, vi ritornavano, sebbene lo tenessi ancora tra le mani. Superarono tutti bene anche gli inverni benché la temperatura delle stanze, dove li tenevo abitualmente, fosse decisamente bassa.
    Ebbi problemi invece durante la muta e qualche soggetto non sopravvisse a quel periodo particolarmente difficile.
    Poi, per alcuni anni, assorbito dall'attività professionale, dimenticai i Gould. Mi capitò di vederli, qualche volta,in un negozio di Firenze, ma in così cattivo stato di salute da non invogliarmi certo all'acquisto.

    Sul finire dell'estate del 1970 ritirai, da un amico importatore, quattordici Diamanti a testa rossa, tra maschi e femmine, e una coppia a testa gialla, tutti in condizioni veramente disastrose. Mi chiese una cifra irrisoria, venticinquemila lire, e li presi volentieri. Mi disse che provenivano dal Giappone e denunciavano chiaramente tutte le pecche dei peggiori allevamenti intensivi.
    Di taglia ridotta, erano “tonti e ottusi”. Liberati in una stanza, o rimanevano a terra impauriti e immobili, o volavano in linea retta sbattendo contro le pareti per ricadere ansimanti al suolo. Alcuni avevano anche gravi disturbi respiratori, digestivi e nervosi con, stertore, feci gialle e movimenti scoordinati della testa, del collo e delle ali. Una parte morì nelgiro di pochi giorni o alla muta. Tra gli altri selezionai i sette migliori: quattro femmine, due maschi a testa rossa e il testa gialla. A questi aggiunsi un maschio a testa nera che ritirai da un ornicoltore della zona che iniziava le cove in autunno e impiegava come balie i soliti Passeri del
    Giappone.

    Ai primi di settembre del 1971 misi i nidi alle quattro coppie e servendomi dei Passeri del Giappone, allevai un buon numero di nati. Dall'anno successivo con dieci coppie, sempre con dieci, provenienti dal solito ceppo nel quale qualche volta introdussi soggetti di un altro allevamento non autonomo, tentai la riproduzione senza le balie. Della esperienza di quegl’anni posso sintetizzare una serie di osservazioni che ritengo abbastanza indicative per chi desiderasse dedicarsi a questi uccellini per
    puro diletto.
    I Diamanti di Gould sono, tra le specie riproducibili in cattività, quelli che presentano maggiori difficoltà ad assuefarsi a condizioni climatiche dissimili dall’originarie.

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  3. #3
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    Il Diamante di Gould (Alamanno Capechi) parte terza

    Una specie è tanto più adattabile a condizioni climatiche diverse quanto più vario e differente è l'habitat nel quale vive e si riproduce in natura. Le zone dell'Australia nelle quali è presente paragonate ad esempio a quelle del Diamante mandarino ne mettono in risalto i limiti.
    Questa particolare “delicatezza” e l’eccessiva consanguineità, utilizzata in modo scriteriato, hanno forse accelerato la comparsa di molte delle
    caratteristiche negative che si manifestano inevitabilmente in tempi più o meno lunghi, in tutti gli allevamenti intensivi con l’impiego dei Passeri del Giappone.
    Tentativi per selezionare ceppi autonomi. Dato che la maggior parte dei
    Diamanti di Gould, reperibili sul mercato, sono stati allevati dai Passeri del Giappone conviene acquistarli all’inizio della buona stagione e alloggiarli, separando i maschi dalle femmine, in capaci gabbie e somministrare oltre il grit, sali minerali e vitamine. Per tutto il tempo che si possano trovare, semi immaturi di miglio bianco, panico, scagliola e qualunque altro seme ancora verde appetiscono. Se possibile, durante i mesi più caldi, trasferirli, sempre divisi, in voliere all'aperto purché protetti dalla pioggia e dalle zanzare. Con il solo ricovero notturno e con una copertura parziale si corre il rischio di perderli al primo acquazzone. Il primo anno non conviene accoppiarli ma far loro trascorrere l'inverno, ancora separati, in gabbioni o volierette interne in un ambiente asciutto e adeguatamente riscaldato. Disponendo di un certo numero di coppie, quasi sicuramente una parte, se non tutte, non avendo nidificato, anticiperanno la muta in modo che nel giugno dell’anno successivo, ma anche prima, saranno pronte per la riproduzione. Conviene utilizzare gabbie spaziose e tenere le coppie separate. Come nidi possono essere utilizzate le cassette per cocorite riempite a metà con bambagia e fieno che offrono una confortevole intimità durante la cova.


    E’ bene approntare un adeguato numero di coppie di Passeri del Giappone in modo da intervenire tempestivamente in caso di necessità che si verificherà quasi certamente. Di questi Diamanti di Gould allevati da balie ben poche coppie portano all’indipendenza la loro nidiata e comportamenti anomali si manifestano nella maggior parte dei casi.
    Vi sono coppie che alla deposizione non fanno seguire la cova; altre che covano per pochi giorni e poi abbandonano le uova; altri ancora che covano regolarmente ma a distanza di una settimana la femmina depone nuovamente e poi spesso cessa di covare.
    In alcuni casi tutto procede regolarmente fino alla schiusa e i due partner si alternano all’incubazione con esemplare assiduità, ma appena il primo pullus esce dall’uovo, abbandonano in preda al terrore la cassetta nido e solo dopo un po’ che è stato allontanato si decidono a rientrarvi, per fuggire di nuovo appena il secondo esce dal guscio. Qualche volta, ma più raramente, gettano fuori i piccoli dal nido a pochi giorni dalla nascita. Se non succede niente di anormale entro un breve periodo dalla schiusa e hanno a disposizione semi immaturi di panico, miglio e scagliola, indispensabili in questa fase, generalmente portano all’indipendenza i nidiacei dimostrandosi validissimi nelle cure parentali. Frequentamene, però, può capitare che allevino una sola covata perché poi entrano in muta. Per selezionare un ceppo di Gould che dia una certa garanzia di rusticità e autosufficienza bisogna insistere, senza
    farsi scoraggiare dagli inevitabili insuccessi. Può capitare che una coppia che ha allevato bene, l’anno successivo si riveli completamente inetta o inizi la muta a giugno inoltrato e entri in amore nella cattiva stagione. Per contro, dei giovani allevati dai Passeri del Giappone si possono rivelare ottimi imbeccatori. Più volte alcuni di questi Diamanti, da poco autonomi, mi hanno salvato da sicura morte nidiacei rimasti indietro e abbandonati dalle stesse balie. I Diamanti di Gould lasciano l’abito giovanile a circa sette-otto mesi d’età; ma chi ha esperienza con questa specie sa che alcuni mutano molto prima e a tre-quattro mesi rivestono già la livrea degli adulti.
    Questi ultimi se nati nel periodo giugno-luglio, sicuramente inizieranno le cove alla fine della primavera del l'anno successivo Operando con pazienza, attraverso una selezione oculata e una acclimatazione progressiva, si possono ottenere nel giro di pochi anni buoni risultati. Dal 1976 al 1978 i miei Diamanti di Gould, nella quasi totalità, nidificarono nel periodo giugno-luglio nel caso di una covata e giugnosettembre nel caso di due, portando sempre all'indipendenza i nati. Devo dire però che i più si limitarono ad una sola poiché al momento della seconda deposizione le femmine spesso entrarono in muta seguite a pochi giorni di distanza dai maschi.
    Trascorsero gli inverni di questi due anni in una stanza non riscaldata dove la
    temperatura in alcuni giorni era di due o tre gradi. Purtroppo a causa di certi lavori di ristrutturazione della casa che si protrassero fino alla primavera del 1979 fui costretto a trascurarli ammassandoli insieme ai canarini che poi risultarono affetti da disturbi respiratori e dai quali furono contagiati. Ebbi così problemi anche durante la muta e subii qualche perdita. Un po' per questi contrattempi ed anche perché negli ultimi anni, avventatamente, avevo ceduto ottimi soggetti, pressato dalle richieste di amici, i problemi aumentarono. Per cercare di irrobustirli li liberai in una grande stanza a tetto
    con rami di alberi per posatoi e un buon numero di cassette nido appese alle pareti; il risultato fu deludente. Una coppia nidificò nella parte più alta del soffitto sopra una trave ma il nido fu così mal fatto che dopo alcuni giorni di cova, anche perché fu continuamente disturbata da un altro maschio che si ostinò ad occuparlo, le uova caddero tutte a terra. Le altre femmine, in tempi successivi, deposero quasi tutte, ma dimostrarono una completa assenza di orientamento, entrando e deponendo le uova in nidi diversi senza covare. I maschi non vi entrarono mai. Solo una coppia nidificò regolarmente allevando con successo quattro nati. Come se ciò non bastasse, immessi in voliera esterna agli inizi della primavera dell1980, insieme a molte altre specie, si
    ammalarono colpiti da Salmonella typhimurium.
    Se il risultato alla fine non fu brillante le premesse per rendere più rustici e indipendenti i Diamanti di Gould ci sono, anche partendo da soggetti non proprio ideali.
    Con riproduttori meno debilitati e delicati le possiblità dovrebbero essere maggiori. Questo potrebbe essere un impegno allettante per molti ornitofili.
    Affiancare agli allevamenti intensivi e razionali, ma innaturali, allevamenti puramente amatoriali e di studio in grado di riprodurre Diamanti di Gould più resistenti, " selvatici " e autonomi, sarebbe sicuramente un fatto positivo, anche per apportare una carica " vitale " a quei ceppi indeboliti dall'eccessivo sfruttamento e consanguineità male applicata.
    Prima di chiudere ancora due parole a ulteriore conferma di quanto esposto sull' adattamento alle basse temperature. E’ il 12 gennaio 1981, da qualche giorno il clima è particolarmente rigido e la colonnina del mercurio nella stanza a tetto dove sono alloggiati i miei Diamanti di Gould segna quasi costantemente lo zero. Ho appena finito di fare un po' di pulizia e mi massaggio energicamente le mani indolenzite dal freddo. Loro, i Gould, sembrano non sentirlo; sono abbastanza attillati e i maschi cantano come fosse primavera.

    [YOUTUBE]WxrpEZAm920[/YOUTUBE]



    Bibliografia
    Barbiso G. - A proposito dei Diamanti di Gould e di altri esotici. In « Avifauna »,
    settembre-ottobre 1979.
    Bechtel - Il libro degli uccelli da gabbia e da voliera. F. Muzzio e C. editore, Padova,
    1976.
    Bertalli V. - Note sull'allevamento dei Diamanti di Gould. In « Avifauna », maggiogiugno
    1979.
    Cristina P. - Uccelli da gabbia e da voliera di tutto il mondo. Ed. Hoepli, Milano, 1969.
    Eoli P. - Uccelli da gabbia e da voliera. F.11i Fabbri Editori, Milano, 1976. '
    Grzimek B. - Vita degli animali - Uccelli. Vol. 30 - Ed. Bramante, Milano,
    1971.
    Lester L. Short - Uccelli. Arnoldo Mondadori ed., Milano, 1975..
    Lombardi A. - Uccelli da gabbia da cortile da voliera. Sansoni S.p.A., Firenze, 1974.
    Mandabl - Barth G. e Peyrot - Maddalena M.G. - Uccelli da gabbia e da voliera. Ed.
    S.A.I.E., 1972.
    Martinat S. - L'allevamento degli esotici in gabbia - « Giornale degli uccelli », febbraio
    1955.
    Menassé V. - Enciclopedia dell'ornicoltore. Vol. 1°, ed. Encia, Udine ,1971.
    Pezzi C. - Note sull'allevamento dei Diamanti australiani. In « Avifauna.», gennaio-febbraio
    1980.
    Orlando V. - Uccelli esotici. Ed. Encia, Udine, 1959.
    Rutgers A. - Les oiseaux d'Australie.,Vol. 2°, S.A. Editions Littera Scripta Manet, Gorssel
    (PaysBas), 1967.
    Ronna E. - Gli uccelli esotici nei loro costumi. Battiato Editore, Catania, 1915.
    Savino F. - Gli uccelli esotici. Ed. Resta, Bari, 1954.
    Sparks I. - Il comportamento degli uccelli. Arnoldo Mondadori ed., Milano,
    1970.
    Walroven Chr. - Uccelli esotici nei loro colori. Ed. Encia, Udine, 1970.
    Woolham F. - Uccelli esotici in colore. SAFE ed. Zootecniche, Udine, s.d. (ma 1979).
    Austin - Singer. - Uccelli del mondo. Ed. Mondadori - Western, Milano, 1964.


    __________________________________________________ ________



    Alamanno Capecchi
    nato a Pontedera (PI) il 25 settembre 1927.
    Laureato in farmacia. Zoofilo. Ornitologo dilettante.
    Menbro della Società Italiana di Scienze Naturali (Milano)
    Rappresentante nazionale C.R.O. ( Commission de ricerche ornithologique) della C.O.M.

    Autore di circa trecento articoli pubblicati da riviste italiane ed estere (Avifauna, Uccelli, Italia Ornitologica, Atualidades Ornitologicas, O Paporrubio

  4. #4

    Beh, che dire, questa esperienza tocca un tasto per me molto importante...la passione, la voglia di "aiutare" quell'uccellino meraviglioso che è il Diamante di Gould a ritrovare la sua dignità di specie autosufficiente e davvero vitale...questo significa dover ingoiare parecchi rospi...ma le soddisfazioni sono bellissime, quasi come i colori del Gould...

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