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Discussione: L E N O N N E T T E A F R I C A N E - G.Truffi

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    L E N O N N E T T E A F R I C A N E - G.Truffi

    Giorgio Truffi

    LE NONNETTE AFRICANE

    Nella famiglia degli Astrildidi si incontrano gli uccelli esotici più comunemente ospitati nelle gabbie e nelle voliere degli allevatori amatoriali, graziosi, di piccole dimensioni, generalmente facili (con le cautele del caso) ad acclimatarsi e di non eccessivamente difficile riproduzione in cattività. Nella maggior parte dei casi però le attenzioni degli ornicoltori sono orientate a privilegiare quelle specie che meglio dotate cromaticamente di altre fanno, con la loro sola presenza, spettacolo.
    Meno favoriti risultano generalmente gli uccelli che non manifestano colorazioni vistose.
    Fanno eccezione i Passeri del Giappone ed i Diamanti mandarino, riprodotti i primi solo per lo sfruttamento intensivo delle loro qualità di " balie " per la schiusa e lo svezzamento di altri uccelli esotici più pregiati e che tengono il mercato, i secondi presenti presso molti allevatori che però si occupano di loro solo di sfuggita senza focalizzare l'attenzione sulle infinite possibilità di selezione che ci vengono offerte da questi uccelli.

    Fra gli Astrildidi totalmente (o quasi) ignorati figurano le nonnette africane, uccelli ai quali ritengo valga la pena di dedicare un'attenzione maggiore di quella loro abitualmente concessa.

    Oggetto di queste note sono le tre specie viventi sul continente africano (regione faunistica etiopica) e precisamente la Nonnetta Lonchura cucullata, la Nonnetta bicolore Lonchura bicolor e la Nonnetta maggiore Lonchura fringilloides.









    Lonchura cucullata







    Loncura bicolor







    Loncura fringiloides


    Nel Madagascar (regione malgascia) vive, endemica dell'isola e forse di qualche isoletta vicina (Rand, in Gruson 1976) un'altra specie affine, la Nonnetta nana Lonchura nana, di cui non ci occupiamo perché esula dai limiti prefissi dal lavoro (l'esame appunto delle nonnette continentali) ed a proposito della quale la letteratura amatoriale è prodiga di generiche indicazioni, che in passato compariva nelle offerte degli importatori con una certa frequenza mentre oggi è assolutamente scomparsa dai listini, almeno in Italia, ed è invece ben presente negli allevamenti olandesi e belgi dove, almeno a quanto si legge, ne viene per lo più trascurata la riproduzione in purezza per privilegiarne, data la minutezza della taglia, l'impiego nell'ibridazione.


    LE SPECIE


    Gli uccelli di cui ci stiamo occupando sono ampiamente diffusi in tutto il continente africano a sud del Sahara fatta eccezione da un'ampia zona sud-occidentale (come chiaramente evidenziato nelle forzatamente sommarie cartine di distribuzione, puramente indicative e ricavate da Hall e Moreau, 1970, e dal White, 1963, ai quali è d'obbligo il rimando per un eventuale più dettagliato esame degli areali ) in cui, a grandi linee, la mappa della vegetazione indica prevalenza di zone boscose secche ed aride e nella fascia superiore anche boschi umidi, ai quali si adattano pur preferendo le pianure boschive che rappresentano l'habitat per loro ottimale. In particolare la Nonnetta Lonchura cucullata ( Swainsan, 1837), più comune dei tre, si incontra generalmente in piccoli stormi ai bordi dei villaggi, nei coltivi, nelle praterie e nelle zone disboscate delle foreste. La Nonnetta bicolore Lonchura bicolor (Fraser, 1842) ha un habitat analogo ma parrebbe preferire località più umide e meno aperte quali le macchie delle foreste sempreverdi, mentre la Nonnetta maggiore Lonchura f ringilloides (Lafresnaye, 1835) che pur essendo abbastanza comune nelle foreste ripariali e nelle zane' disboscate ha una distribuzione curiosamente localizzata e fluttuante, può associarsi con entrambe le specie ma più facilmente con la Nonnetta bicolore con la quale è forse in diretta competizione (Hall e Moreau, cit.).
    Le caratteristiche fenotipiche sono sufficientemente note (in ogni caso le tre fotografie dei soggetti pubblicate a corredo sono abbastanza indicative, anche con i limiti imposti dalla riproduzione in bianco e nero) ma comunque fornisco ugualmente, a proposito di ciascuna di loro, qualche informazione di massima utile per la immediata identificazione anche a livello sottospecifico.

    La Nonnetta Lonchura cucullata cucullata è, nel complesso, grigio bruna con dorso barrato di castano e coda e sopraccoda neri, le parti inferiori sono bianche fatta astrazione da gola e petto che sono bruno porporino e dai fianchi che presentano irregolari barrature brune. Il capo e le copritrici del mantello sono bruno scuro con lucentezza verdastra. La coda è piuttosto breve ed il becco è nero superiormente e grigio bluastro inferiormente. La lunghezza totale oscilla fra i 9,0 ed i 9,5 cm. ..La si incontra, nelle zone adatte, dal Senegal al Cameron e nord Angola, est Sudan, sud Congo sino al Kasay, Uganda e ovest Kenya.




    Presente nelle isole Fernando Poo, Sao Tomè e Principe. Ai bordi est e sud di questo areole si integra (presenti in questa fascia popolazioni miste ed estrinsecanti variazioni intermedie fra questa e la forma seguente) con Lonchura cucullata scutata (Henglin, 1863) ad essa simile nell'insieme ma mancante della macchia verde bottiglia che ne orna i lati del petto. Questa sottospecié, meno comunemente importata, vive in Etiopia, est Sudan sino all'Est Africa, ovest Kenya sino al lago Tanganika, Congo sino al sud del Kasay, in Angola e Rhodesia, Est Africa Portoghese, Transvaal, Natal e nella parte est della Provincia del Capo, oltreché nelle isole Zanzibar, Pemba, ***** e nelle Comoro.
    La forma tipo Lonchura cucullata cucullata è stata introdotta in tempi recenti nelle Grandi Antille, nelle isole Porto Rico e Vieques, dove è chiamata localmente « Diablito » (Band, 1960).

    La Nonnetta bicolore Lonchura bicolor bicolor, di lunghezza totale fra i 9,0 ed i 10,0 cm (vi sono ampie variazioni individuali), che nella sua forma tipo abita la Guinea portoghese sino al sud Nigeria ed al sud-ovest Cameron, evidenzia un disegnoo malto più netto diviso in due parti, quelle superiori (compreso il sopraccoda) nero uniforme lavato di un oleoso verde brillante e quelle inferiori bianche. Dal. Cameron sino al nord Angola, al Congo a sud sino al Kasay, ai margini meridionali del Sudan, Angola, ovest Kenya, sud-est Etiopia, nord-ovest Tanzania e nell'isola Fernando Poo si incontra Lonchura bicolor poensis (Fraser, 1842) differenziata (integrazioni fra le due sottospecie sono state riscontrate nella zona di contatto) per avere il sopraccoda ed i fianchi barrati di bianco.
    Misurazioni di grandi serie parrebbero indicare taglia leggermente maggiore e becco più grande. Diversa da questa perché con mantello e copritrici alari di colore bruno scuro anziché nero e barrature bianche simili a quelle dei fianchi e del sopraccoda anche sui margini esterni delle primarie e delle secondarie è Lonchura bicolor nigriceps (Cassia, 1852) presente nell'est Kenya, in Tanzania (tranne il nord-ovest), nord Rhodesia, sud-est Katanga, Est Africa Portoghese, zone ad est del sud Rhodesia, est Transvaal sino al Natal, isole Zanzibar e Pemba. Simile alla precedente dalla quale è distinguibile (ma non a vista e non così facilmente per le altre esaminte più sopra) per il mantello più offuscato e scuro è la sottospecie Lonchura bicolor woltersi (Schoutenden, 1956), endemica dell'ovest Katanga, Luashi e Kasay. Tutte le sottospecie presenta-no mascella e mandibola dello stesso colore grigio argento.

    La Nonnetta maggiore è invece monotipica ed anche la popolazione residente al
    l'est, che ad un esame della cartina di distribuzione sembra essere isolata, non ha sviluppato caratteristiche tali da differenziarsi dagli altri conspecifici. E' di dimensioni notevolmente maggiori (da cm 12 a 13 con variazioni individuali notevoli) ed oltre che per la taglia è identificabile per il becco più grosso e appuntito, superiormente nerastro e bruno corneo inferiormente. Simile alla Nonnetta, ha capo, groppone e coda blu neri, gola ed alto petto della stesso colore e disegno nero bruno nelle irregolari barrature dei fianchi. Remiganti e copritrici brune.' Ai fianchi presenta verso il sottocoda lavature color cannella.

    Il dimorfismo sessuale nelle tre specie è praticamente inesistente, anche a proposito della Nonnetta maggiore (si è dubitativamente ipotizzato che la femmina di questa presentasse capo e becco leggermente più piccoli, petto di un bianco meno puro ed una più accentuata colorazione camoscio delle parti inferiori) e della Nonnetta (che forse in qualche caso manifesta nelle femmine un piumaggio di tono leggermente più sbiadito).
    La riproduzione (due e a volte anche tre covate di 4-6 uova per Nonnetta bicolore, 3-5 per Nonnetta maggiore e 4-8 per Nonnetta ) ha luogo nella stagione adatta in nidi voluminosi globulari con apertura laterale, costruiti nei cespugli (la Nonnetta bicolore e la Nonnetta maggiore anche fra i bambù) ad un'altezza dal terreno oscillante fra uno e tre metri. L'incubazione è opera di entrambi i genitori e si protrae per 12-13 giorni. Entro tre settimane dalla schiusa i piccoli (di colore bruno grigiastro superiormente, più chiari nelle parti inferiori e con becco nerastro) lasciano il nido e raggiungono in breve tempo l'indipendenza, anche se assistiti parzialmente dai genitori sino alla prima muta.


    LA DETENZIONE E L'ALLEVAMENTO IN CATTIVITA'

    Per quanto sia ampiamente invalsa la consuetudine di includere tutte le nonnette fra gli uccelli da gabbia e da voliera più comunemente allevati in realtà le cose non stanno così e quindi non a caso preferisco sottolineare la differenza non lieve esistente fra la detenzione delle stesse ed il loro allevamento precisando che nella quasi totalità dei casi ci si è sempre e soltanto occupati della Nonnetta, ignorando le due altre specie per comprensibili ragioni di difficoltà di reperimento dato che non venivano in passato importate con regolarità e solo occasionalmente può capitare, da un paio d'anni a questa parte, di reperire qualche soggetto giunto da noi per puro caso frammisto alle Nonnette.
    Anche in altri paesi europei dove l'allevamento degli uccelli esotici ha tradizioni più diffuse e radicate la situazione appare analoga, tanto è vero che Sicot (1979) descrivendo la propria esperienza di allevamento della Nonnetta bicolore (di cui ci occuperemo fra poco) lamenta « ... una assoluta assenza nella letteratura di articoli che trattino di questi uccelli in gabbia ».
    Tutti gli Autori comunque concordano nell'attribuire alle tre specie positive qualità di rusticità e di adattamento alla vita captiva, non solo in gabbia ma anche in voliera aperta purché dotata di un riparo dove gli uccelli possano rifugiarsi nella cattiva stagione.
    L'alimentazione non richiede particolari attenzioni essendo limitata ad un buon misto per esotici integrato dall'offerta quotidiana di verdura e di qualche preda viva; indispensabili grit e osso di seppia. Nel periodo riproduttivo è letteratura pressoché costante consigliare l'aumento di apporto proteico e viene indicata come condizione indispensabile allo sviluppo regolare ed alla sopravvivenza dei piccoli la somministrazione di prede vive.
    Questo per la Nonnetta (va ricordata però una cauta e realistica nota prudenziale di Eoli, 1976, che condivido appieno e che precisa esserne la riproduzione «,., molto difficile, specialmente in gabbia ») e da quanto visto gli Autori normalmente non si discostano anche (nei non troppo approfonditi interventi) parlando della Nonnetta bicolore e della Nonnetta maggiore a proposito della quale, a conferma del fatto che con ogni probabilità le considerazioni avanzate circa la sua relativa facilità di riproduzione amatoriale sono forse necessitanti di sperimentate riconferme, si notano discrepanze tanto nette da farci legittimamente dubitare in questo caso dell'attendibilità di alcune fonti. Mandahl-Bart e Peyrot-Maddalena (1965) e Orlando (1959 ) ci dicono che la nidificazíone ha luogo solo in voliera ed in condizioni di assoluta tranquillità, il Rutgers (1964) al contrario precisa che « ... per nidificare necessita della gabbia ». Normalmente tutti gli Autori ce lo dipingono
    come uccello turbolento che molesta i compagni, altera l'ordine della comunità in cui è inserito, danneggia le covate; Steinbacher (1957 ) invece nelle pochissime righe dedicategli scrive che «,., è molto pacifico ». Per mia esperienza diretta (non ne ho ottenuto la riproduzione in purezza ma la sua ibridazione con un maschio Nonnetta bicolore) concordo con il Rutgers in quanto ho avuto senza alcuna difficoltà la deposizione in un nido a cassetta posto esternamente alla gabbia, e con lo Steinbacher perché nel contenitore in cui i due uccelli erano ospitati e si sono riprodotti convivevano pacificamente con due Diamanti a coda rossa Poephila ruficauda, un ibrido F 1 di Diamante mandarino Taeniopygia guttata castanotis per Becco d'argento Lonchura malabarica cantans ed una Reginetta messicana Cyanerpes cyaneus, con i quali esistevano armoniosissimi rapporti di convivenza e dai quali venivano accettati come atti di buon vicinato persino visite all'ingresso del nido sia durante la cova sia nel periodo dell'allevamento dei piccoli.



    Pur perfettamente conscio che un caso singolo non ha significato probante (interessante sarebbe però anche conoscere su che casistica ci si è basati per affermare il contrario) ritengo comunque opportuno sottolineare la concordanza delle mie esperienze con quanto comunicato dai due Autori sopra ricordati.
    Per la Nonnetta bicolore i dati emergenti sono più o meno gli stessi ma con una generale anche se non sempre espressa ammissione delle maggiori difficoltà di riproduzione in cattività. Ignorata dal Brooksbank ( 1949), appena accennata (anche se con una certa imprecisione formale a proposito della sua classificazione sistematica) da Bates e Busenbark ( 1970), ne parla con ampiezza il Soderberg ( 19G3 ) che però si dilunga nell'offrirci dati relativi alla biologia ed al comportamento del soggetto allo stato libero ma poco ci dice al riguardo della cattività. Rutgers (cit.) ne conferma la scarsa disponibilità sul mercato precisando che le prime notizie riguardanti la detenzione risalgono al 1,930. Orlando (cit.) si affianca a questi e rammenta un solo caso di riproduzione captiva avvenuto in Sud Africa nel 1955.





    L'unico che relaziona concretamente sull'allevamento è il già ricordato Sicot che ci descrive con ampiezza di particolari la riproduzione avvenuta nell'inverno 1978-'79 in gabbia da cova, dove i suoi due soggetti avevano costruito in un portanido esterno per canarini « ... un nido a forma di boccia con due aperture laterali, di cui una orientata verso la luce naturale... » portando una prima volta alla schiusa due pullus, morti il giorno successivo, ed in seguito, forse favoriti da un lieve aumento della temperatura nel locale in cui erano ospitati, una nidiata di ben sei piccoli da lui anellati dopo undici giorni (ho anch'io potuto anellare i miei due ibridi, di cui parleremo più avanti, solo al decimo giorno) che presero l'involo a ventiquattro giorni e vennero assistiti dai genitori con i quali convissero sino a poco più di due mesi, dopo di che dovette toglierli dalla gabbia perché la coppia manifestava aggressività e non esitava ad attaccare i piccoli. Interessante è ricordare che, per esperimento e controllo, uno dei sei nidiacei fu posto a cinque giorni d'età in un nido di Diamanti mandarino e fatto svezzare da questi con deludenti risultati, sviluppandosi più lentamente nonostante venisse alimentato quotidianamente anche dall'allevatore che per compiere l'operazione, dato il ben noto comportamento degli Astrildidi (cfr. Truffi, 1980) provvedeva a nutrirlo con una siringa. Il Sicot osserva che nei primi tempi i piccoli sembravano « ... crescere troppo lentamente », osservazione che concorda con quanto da me constatato con i due ibridi di cui ho accennato ed a proposito dei quali ho notato che lo sviluppo dal quarto all'ottavo giorno pareva quasi essersi fermato per poi riprendere rapidamente. Per quanto riguarda l'alimentazione, fornita in sei diversi contenitori in cui erano offerti sei differenti mescolanze di mangimi, sono risultati graditi, e ne è stato fatto ampio consumo, i semi germinati, le banane essiccate e gli insetti secchi probabilmente presi nello sfarinato per fasianidi, mentre venivano assolutamente ignorate le larve di tenebrione spezzettate.

    Quanto visto, dà un quadro piuttosto scoraggiante non a proposito della detenzione amatoriale, che non presenta problemi particolari, ma dell'allevamento. A mio parere però la situazione non è così negativa. La verità è forse un'altra: anzitutto per quanto si riferisce alla Nonnetta l'abbondanza di soggetti importati ad un costo più che accessibile non ne ha favorito l'allevamento che in ogni caso avrebbe interessato ben poche persone data la carenza di particolari pregi cromatici o fonetici. Per la Nonnetta bicolore e la Nonnetta maggiore ha invece contribuito a farle passare sotto silenzio il fenomeno opposto e cioè la pressoché assoluta assenza di offerta, cosa che ha impedito che questi uccelli fossero più diffusamente conosciuti.
    Altro fenomeno comune alle tre specie è la quasi totale mancanza di dimorfismo sessuale per cui risulta in ogni caso maggiore la difficoltà di assortire delle vere coppie se non si è attenti a farlo basandosi non sulle caratteristiche fenotipiche ma solo su quelle comportamentali, dato che avvicinandosi la stagione riproduttiva il maschio (e solo lui) fa sentire il canto (quasi inavvertibile nel caso della Nonnetta maggiore) e compie quei gesti rituali di corteggiamento (in presenza della femmina) che sono tipici degli Astrildidi (accenno la cosa nelle sue linee generali dato che ogni specie ha un comportamento proprio che se da un lato ha un significato semantico va inteso anche come una barriera etalogica ).




    Per concludere, sono certo che potendo formare le coppie e ponendo a loro disposizione alloggio idoneo, spazio (ma non poi tanto, dato che la gabbia da cova si dimostra sufficiente) e una alimentazione adeguata basata sulla somministrazione regolare di granaglie e verdure fresche, integrate con sali minerali ed additivi polivitaminici, completando il tutto con semi germinati e prede vive che, se accettate, sono certo utili (ma non indispensabili dato che «.., si accontentano, anche in periodo di nidificazione, di granaglie e verdure », come ci conferma il Legendre, 1952) ih problema della riproduzione e dello svezzamento dei nidiacei delle tre specie sia affrontabile e risolvibile, come dimostrato dalla recente esperienza d'allevamento di Sicot e dalla mia fortunata ibridazione.

    L'IBRIDAZIONE

    Come era facilmente deducibile' da quanto visto parlando dell'allevamento in cattività di queste specie, l'ibridazione amatoriale non ci ha sino ad ora offerto molti risultati positivi.
    Sino ad oggi gli unici incroci conosciuti, dalla letteratura affidabile o perché visti esposti in alcune mostre, erano quelli prodotti da L'ibrido con il Becco d'argento, che non ho mai avuto occasione di vedere nè vivo nè in fotografia, è ricordato dal Brooksbank ( cit. ) e riconfermato ( ma a mio parere solo per l'autorevolezza della fonte ) dall'Orlando ( cit.) . Non sono ovviamente in grado di descriverlo e tanto meno di fare osservazioni o suggerire ipotesi circa la dominanza dei caratteri dell'una o dell'altra specie parentale. Analogamente, ma non sono il solo perché l'unico caso positivo verificatosi oltre venticinque amai fa è quello segnalato dall'Orlando, nulla so a proposito dell'ibridazione fra Cappuccino testa nera e Nonnetta, che aveva dato origine a due piccoli F 1 «... inspiegabilmente morti all'ottavo giorno » e di cui faccio menzione vuoi per tenere il lavoro al corrente della giornata vuoi per sottolineare l'affinità esistente fra le nonnette africane ed il folto gruppo di specie asiatiche congeneri o comunque filogeneticamente a queste molto vicine ( Hall e Moreau, cit. ).
    Di Nonnetta per Passero del Giappone ce ne parlano il $roaksbank ( cit. ) e il Rutgers (cit.) ed ogni tanto anche in Italia qualche esemplare è esposto, ma molto raramente, alle mostre ornitologiche. Mi ricordo di averne personalmente visti e giudicati due, il primo nel 1979 al Campionato Triveneto dell'Ibrido organizzato dal Gruppo A.O.N. di Treviso ed il secondo presentato in un'altra occasione da Ferrarí di Rapallo.




    L'esame di questi soggetti evidenzia una predominanza morfologica del Passero del Giappone, fatta salva la taglia minare per l'apporto riduttivo della Nannetta. Capo, gola e coda da nero bruna a nero ben marcato; le scagliature delle parti inferiori del corpo e dei fianchi, potenzialmente presenti nel patrimonio genetico del Passero del Giappone ma espresse solo da pochi soggetti di particolare pregio ed aderenza allo standard, sono qui regolari e trasformate in parallele striature longitudinali che interessano anche il sopraccoda. Dall'ibrido prodotto dall'accoppiamento della Nannetta con il Diamante mandarino non se ne è avuta notizia se non recentemente. Le caratteristiche dell' F 1 fanno risaltare chiaramente la fusione - a mio avviso esteticamente nturale - dei due uccelli.
    Anche qui la sagoma non è data dalla Nonnetta e ricorda appieno, direi in tutti i particolari, quella di un Diamante mandarino rimpicciolito, sia per il corpo raccolto, sia per le zampe, la posizione della coda, il becco. Circa la colorazione estrinsecata le caratteristiche della Nonnetta sono predominanti (coda nera; capo, collo e alto petto caratterizzati dal suo tipico cappuccio). La fotografia riprodotta è stata per la prima volta pubblicata a documentazione solo poco tempo fa (Truffi, cit. ) e sono debitore al sig. Forgani di Forlì della cortese segnalazione del soggetto, che d'altro canto non avevo mai visto e che contrariamente non mi sarebbe stato noto.
    Sino a pochi mesi fa la serie degli ibridi si fermava qui anche se recentemente il Roberts (1979) in due volumetti pubblicati negli Stati Uniti a riguarda del Passero del Giappone dà in proposito altre notizie, comunicandoci l'esistenza degli ibridi Nonnetta bicolore per Passero del Giappone e Nonnetta maggiore per ]?assero del Giappone, indicando come referenza il testo di A.P. Gray (in Roberts, cit. ) ma relazionandoci in modo tale da consentirci per lo meno dei dubbi anche a proposito delle sue stesse opinioni in materia data che già nel secondo dei due sinottici dell'incrocio fra Nonnetta maggiore e Passera del Giappone non è più fatta menzione.





    Ritengo comunque opportuno, per quanto si riferisce a1 lavoro della Gray, riprendere le riserve già a suo tempo avanzate da Maranini (1977 ) e ricordare che la lista (alla quale in materia di ibridazione captiva si fa ogni tanto e da più parti riferimento) altro non è che un assemblamento di dati riuniti senza indagine critica approfondita e quindi parta in sé (e senza responsabilità dell'Autore) elementi controllati e reali misti ad altri, stralciati dalla letteratura, non solo necessitanti di riconferma ma, a mio avviso, assolutamente infondati (basti pensare al non brevissimo elenco di ibridi con la Peppola Fringilla montifringilla fra i quali emerge addirittura quello can il Canarino domestico) perché in più di una occasione basati probabilmente su comunicazioni date dalla stampa amatoriale che purtroppo in non tutti i casi si è attenuta e si attiene ad auspicabili criteri di correttezza.
    Soprattutto attorno agli anni 'S0 si è avuto in proposito una corposa fioritura di dati e notizie di fantasia per una serie di ragioni non certo lodevoli e che spaziavano dagli interessi commerciali (l'ornicoltura amatoriale è un mercato che rende, e rende bene) alla ricerca di effimeri aloni di competenza e di prestigio (facili a conseguirsi, considerata l'allora e forse anche attuale sprovvedutezza di tanti allevatori) realizzabili dando con tono aulico parvenza di realtà alle più strampalate ipotesi.
    Basti ricordare per tutti il caso del Codazzi che in un volumetto di circa 140 pagine, pubblicato in due successive edizioni e che per tanto tempo purtroppo ha fatto testo creando errate convinzioni, confusione ed in ultima analisi deludendo tutti, ha trovato modo di propinare per realtà le ibridazioni più fantasiose ed irrealizzabili (e comunque mai realizzate) fra le quali, ma solo a titolo di esempio perché ve ne sono altre altrettanto sbalorditive, vanno ricordate Pettirosso per Usignolo del Giappone, Merlo acquaiolo per Merlo, Capinera per Pettazzurro; Canarino per Fringuello alpino, oltre a consigliarci di ibridare il Pappagallino ondulato con il Lori rosso e blu Eos reticulata (uccello oltre a tutto di particolare rarità, endemico e localizzato in alcune piccole isole dell'Indonesia) per arrivare ad ottenerè un Ondulato di colore rosso. Chiaro che se un testo del genere capitasse sotto gli occhi di chi, non pratico dell'ambiente "amatoriale" in cui si sta addentrando (e dei malvezzi, anche recenti, diffusi in questo), gli attribuisse credibilità, si rischierebbe di veder menzionare come risultati ottenibili ed ottenuti amenità di questo genere.

    Tornando a noi, nessun ibrido alla cui creazione abbiano contribuito la Nonnetta maggiore e la Nonnetta bicolore è ricordato dal Rutgers (cit.) e da Bates e Busenbark (cit.), autori particolarmente attenti, anche per ragioni professionali, alle problematiche connesse all'allevamento captivo degli uccelli esotici nei loro lavori pubblicati successivamente alla comparsa del ricordato testo della Gray.
    L'ultimo soggetto di cui dobbiamo occuparci, Nonnetta bicolore per Nonnetta maggiore, l'ho ottenuto casualmente in una grossa gabbia in cui i due uccelli, che come abbiamo visto erano ospitati con altri, hanno nidificato (nido esterno a cassetta) con una deposizione scoordinata di 3 uova in tempi diversi (fra marzo e aprile), successivamente deponendo (seconda metà di maggio) cinque uova infeconde ed infine (luglio) altre cinque di cui uno schiusosi il 29 e l'altro il 31 luglio 1981 a seguito di una incubazione, alla quale partecipavano attivamente entrambi i genitori, durata 13 giorni. Infeconde le altre tre uova. Entrambi i piccoli hanno lasciato il nido a 22 giorni dalla schiusa, dimostrando particolare robustezza.
    Poco tempo dopo gradivano il bagno ed hanno continuato per parecchio (sino ad oltre 50 giorni ) a chiedere l'imbeccata ai genitori pur essendo perfettamente in condizione di assumere autonomamente il cibo. La loro alimentazione, così come quella della coppia in riproduzione, non ha assolutamente costituito un problema ed è risultata estremamente semplice, sostanzialmente rappresentata dal solito misto per esotici e dal pastoncino per canarini. Ignorate le larve di tenebrione, scarsamente appetita (tanto che dopo alcuni giorni dalla schiusa l'ho sospesa) la pappetta di pane è latte: Ho provato a porre a disposizione riso (anche bollito) dato che la presenza della Nannetta maggiore parrebbe (ma in ogni caso non sempre, cfr. Malbrant e Maclatchy, 1949) essere strettamente correlata con questa coltivazione, ma senza alcun positivo risultato. Ritengo con il Woolham (1974) che sarebbero forse state gradite (anche se le ipotesi sono solo indicative e se non confortate da verifiche lasciano il tempo che trovano) le pupe di formica fresche, che però non ho avuto la possibilità di porre a loro disposizione.
    Ad ogni modo i due piccoli sano stati svezzati senza difficoltà solo con l'alimentazione sopra ricordata. Si è notata subito una netta predominanza dei caratteri apportati dalla Nonnetta maggiore (stessi cerchi perioculari, stessa struttura del capo e del becco e, in generale, stessa disegna evidenziato) fatta astrazione dalla conformazione delle timoniere che sono più simili a quelle della Nannetta bicolore non tanto per forma e lunghezza quanto per la caratteristica tipica di quest'ultima di aprirle a ventaglio e repentinamente chiuderle nell' arco di pochi decimi di secondo.

    Sino alla prima muta i due giovani ibridi presentavano becco nero, timoniere, remiganti, capo, collo e parti superiori del corpo fra il bruno e il grigio topo; alto petto e parti inferiori di un pallido e indefinito colore nocciola sporco e offuscato. Dopo i tre mesi d'età hanno cominciato a rivestire la livrea definitiva (a mena che una seconda muta non riservi sorprese) che li fa rassomigliare alla Nonnetta maggiore ma con parti inferiori bianco puro (sottocoda compreso) prive di macchie e variegature brune o nere. Le parti superiori hanno una colorazione generale nero brillante (chiaro apporto della Nonnetta bicolore) ma lavate di bruniccio. Qualche tacca bruno-nocciola (tipica della Nonnetta maggiore) è presente sulle remiganti e sulle copritrici. La gola e l'alto petto, anch'essi neri, terminano, nettamente separati dal bianca del basso petto, con una linea irregolare. La loro taglia, come d'altronde era prevedibile, si presenta intermedia rispetta a quella delle due specie parentali. Sino ad ara non ho elementi certi in base ai quali determinarne il sesso.

    Giorgio Truffi


    BIBLIOGRAFIA
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    White C.M.N., 1963 - A revised check list of african flycatchers, tits, tree creepers, sunbirds,
    white-eyes, honey eaters, buntitvgs, finches, weaver and waxbills, The Government Prin
    ter, Lusaka.
    Woolham F., 1974 - Aviary Birds in Colour, Blan#ord Press, Poole; trad, ital. « Uccelli Esotici in Colore », 1979, S.A.F.E. Edizioni Zootecniche, Udine.

  2. #2
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    Articolo stupendo e molto interessanti,stavo giusto cercando notizie su questa particolare famiglia di estrildidi africani.

  3. #3
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    bellissime foto e articolo interessante ed esauriente

  4. #4
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    Fantastico come sempre . Grazie Marco


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