Ernesto Benussi

LIZARD: L'ALLEVAMENTO

Passando a trattare di argomenti più pratici, mi sento in dovere di fare una premessa che, dal mio punto di vista, è fondamentale: non esiste un solo metodo di allevamento, ma ce ne sono tanti, tanti forse quanti sono gli allevatori.
Pertanto io non pretendo di rivelare alcuna verità, ma solo di esporre il mio modo di comportarmi con gli uccelli d'allevamento col quale mi sono trovato bene, ed è ovvio che se un altro appassionato ha avuto buoni risultati con diverso metodo, sarebbe folle ad abbandonarlo per seguire i miei consigli.



Le femmine io le separo dai maschi agli inizi di febbraio: queste vengono lasciate in una capace voliera (è notorio quanto benefico sia l'esercizio di volo per i muscoli addominali, che sono interessati durante la deposizione); quelli vengono ingabbiati separatamente, perché i Lizard sono per loro natura rissosi e tanto più se cominciano a sentire l'istinto sessuale: pertanto, ad evitare che consumino inutilmente energie in zuffe, è molto opportuno che siano alloggiati in gabbie singole.
L'alimentazione delle femmine consiste in una dieta assai spartana: scagliola al 95% ed ill restante 5 % è costituito a giorni alternati o da niger o da ravizzone.
Il pastoncino (che dopo diversi esperimenti ho deciso di preparare pure in modo assai spartano e cioè 50 gr. di pane raffermo grattuggiato, amalgamato con un uovo sodo intero, fatto passare attraverso un colino da tè metallico, in modo che si sbricioli completamente) è servito una sola volta alla settimana.
Diversamente i maschi hanno una razione di semi composta da 80% di scagliola e 20% di niger o ravizzone.

Pastoncino ogni giorno.

A entrambi i sessi viene fornita mela e verdura in quantità, qualunque sia la temperatura nel locale d'allevamento.

En passant faccio presente che i miei soggetti sono alloggiati in un ambiente dove non esiste nè luce artificiale né riscaldamento e questo gennaio, per esempio, una mattina ho trovato alcuni beverini rotti per il ghiaccio: questo di non intervenire a modificare l'andamento stagionale è un insegnamento appreso dagli allevatori inglesi che, a mio parere assai giustamente, sostengono che non c'è niente di meglio perché un uccello senta la primavera che abbia sentito i rigori dell'inverno.



Normalmente verso la fine di marzo le femmine iniziano a dar segni di irrequietezza e, se controllate in mano, dimostrano di avere accumulo di grasso sul ventre.
Le sistemo quindi nelle gabbie da cova e cominciano ad essere alimentate alla stessa maniera dei maschi.
E' ovvio che la data di fine marzo, inizi di aprile è puramente indicativa, perché di anno in anno le condizioni esterne, e la rispondenza ad esse dei riproduttori, possono variare.
Ricordo quando, allevatore alle prime armi, chiesi in tono perentorio al caro Fred Snelling se non si dovevano accoppiare mai i soggetti prima di aprile.

Lì per lì mi rispose in modo altrettanto perentorio che sì, si doveva sempre attendere aprile: poi, dopo aver riflettuto un attimo, osservò: « It's
a silly answer io a silly question ». Era la sua una risposta stupida a una domanda stupida, perché poneva la questione in termini così categorici che mal si accordano con la variabilità con cui si manifestano i comportamenti degli esseri viventi.





Dopo una decina di giorni di isolamento, alle femmine viene dato il nido e un po' di sfilacci di iuta.
Alcune con il materiale giocano, ma altre cominciano seriamente a rifinire il nido: solo a queste ne viene dato ancora, finché il nido non è completato.
So che molti allevatori trovano pratico usare i nidi in gommapiuma: per quel po' di psicologia degli uccelli che conosco, ritengo che sia un errore, perché, nelle sequenze di comportamento che si concludono con l'accoppiamento, la costruzione del nido è una tappa importante, che contribuisce a mettere in condizione riproduttiva la femmina (cfr. ad esempio « Instinct in animals » di Niko Tinbergen ) .

Quando il nido è pronto e la femmina vi indugia sopra alla sera, con la luce ormai attenuata introduco il maschio prescelto.
Non agisco in tal modo perché indulgo a strane romanticherie, ma perché talora una femmina, se ha modo di vedere per bene il maschio introdotto, può rifiutarlo, ma, nella luce fioca della sera, reagisce immediatamente alla presenza del partner invitandolo alla copula, che quasi sempre avviene nel giro di secondi, in mia presenza. A proposito di copula, va ricordato che è ottima norma spiumare la cloaca dei soggetti, perché, specie se si tratta di brinati dal folto sottopiumaggio, ci potrebbero essere impedimenti alla fecondazione.
Quando compare il primo uovo nel nido (e anche prima, se lo stesso maschio è uno stallone che deve lavorare con più femmine) il maschio è tolto dalla gabbia e vi ritornerà solo per fecondare nuovamente la femmina, il giorno in cui i piccoli, vecchi di 21 giorni, saranno ormai indipendenti e separati dalla madre.
Le femmine di Lizard sono tutte covatrici di uno scrupolo eccezionale. Non è un caso, ma la regola che non riesca mai a vedere una femmina fuori dal nido dal momento in cui le restituisco le sue uova da covare fino al giorno della schiusa.




Benché tranquille, sono un po' suscettibili in questo periodo dell'anno e io, per favorire il loro bisogno di privacy, schermo i nidi (appesi al frontale della gabbia) con un cartoncino.
Questa loro riservatezza e gelosia del nido si accentua quando nascono i piccoli. Per controllare che imbecchino regolarmente, devo letteralmente spiarle, perché se si accorgono della mia presenza mentre' stanno accudendo ai piccoli si irrigidiscono e rimangono immobili o furtivamente si risiedono sul nido. Solo quando i piccoli sono cresciuti e reclamano a gran voce cibo, qualche femmina, combattuta tra la paura per la mia presenza e il richiamo della prole, finisce per imbeccare davanti a me i nidiacei.

Tali osservazioni stanno ad indicare che alle Lizard più che alle altre canarine è indispensabile per allevare bene i piccoli di essere il più indisturbate possibile.
Personalmente io cerco di interferire il minimo indispensabile, entrando nella stanza solo la mattina per dare la dose di paltoncino, la mela e il centocchio, a mezzogiorno e alle quattro del pomeriggio sempre per gli stessi motivi e alla sera per dare l'acqua, i semi e per effettuare un controllo sull'andamento dei nidiacei.




Sono abituato a sostenere con un pasto allo stecco alla sera quei nidiacei che vengono su più stentati e che generalmente prima di notte presentano il gozzo vuoto.
Con questo aiuto le perdite di piccoli diventano veramente una cosa rara. Hand-rearing, dicono gli inglesi, pays dividends.
Il supplemento di imbeccata paga dividendi! Non tutte le femmine mangiano il paltoncino quando hanno i piccoli (magari sono proprio quelle che più avidamente ne mangiavano quando dovevano deporre): i primi anni ne facevo una tragedia e arrivavo a togliere i semi per costringerle a mangiarlo, perlopiù con risultati disastrosi. Ora non me ne preoccupo troppo perché, sebbene
più lentamente, i piccoli - se la madre è attiva - crescono ugualmente.

Si pensi che più di una volta mi è capitato di dimenticarmi dell'avvenuta schiusa in un nidodopo qualche giorno, accortomene, temevo di trovare un disastro: durante l'incubazione infatti io non somministro paltoncino, ma sola scagliola e niente frutta né verdura (tanto, nella loro foga di covare la lasciano immancabilmente appassire).
Ebbene, in questi casi ho trovato piccoli di 3, 4 e una volta addirittura di 5 giorni che si erano sviluppati normalmente, anzi una comparazione tra i piccoli di una femmina giovane nutrita a paltoncino e i nidiacei di 5 giorni nutriti a sola scagliola da una femmina adulta era a vantaggio di questi ultimi.
Tutto ciò beninteso non significa che io esorti a bandire il paltoncino e le verdure, ma sta a indicare che, se una femmina è ben matura dal punto di vista fisiologico, sa tirar fuori il « latte » con cui nutrire la propria prole anche da un alimento « povero » come la scagliola.
A cavallo tra la seconda settimana di vita e la terza è assai opportuno offrire alla femmina tra le sbarre dei batuffoli di cotone con cui giocare se sente nuovamente l'istinto della nidificazione. Non è raro infatti che qualche femmina spiumi i piccoli e questo tipo di inconveniente, spiacevole con tutti i canarini è particolarmente grave con i Lizard, perché compromette la qualità e la tessitura del piumaggio, da cui deve saltar fuori il disegno.
A tre settimane giuste, pena la deposizione di uova chiare, a 21 giorni dunque dalla nascita dei piccoli, questi vanno separati e alla madre dato un nuovo nido e subito il maschio.

I piccoli sono di una prontezza nell'imparare a mangiare veramente straordinaria: non è raro che già nella prima ora di separazione, superato lo choc indotto dalla novità dell'ambiente, comincino a beccare il paltoncino e a pelluccare la mela.
Per aiutarli a concentrarsi a questa vitale attività io uso da qualche anno, con eccellenti risultati, un espediente appreso dagli allevatori inglesi.

E' costituito da una tavoletta bordata, che mediante 4 ganci si appende nella gabbia, alla quale vanno tolti tutti i posatoi. Nella tavoletta-vassoio (gli inglesi la chiamano weaning tray che letteralmente significa vassoio da svezzamento) si mette il pastoncino: i piccoli sempre appollaiati sui bordi di essa vedono continuamente davanti agli occhi il cibo e sono indotti a beccare con maggiore continuità di quanto facciano se ci sono i posatoi e per mangiare bisogna scendere o comunque spostarsi. Con questo trucco le perdite in svezzamento, che già erano trascurabili (dell'ordine del 4 o 5%) sono nulle.
Quando i piccoli hanno 30 giorni, al pastoncino e alla mela bisogna sostituire i semi: io mi trovo benissimo col ravizzone e poi con la scagliola bolliti per 5 minuti scarsi e poi di colpo passati nell'acqua fredda; il repentino sbalzo di temperatura sguscia quasi i semi, senza doverli bollire troppo e impoverirli così delle loro sostanze.
Verso i 40, 45 giorni essi sono in grado di mangiare semi secchi e sempre nel vassoio da svezzamento si mette il pastoncino.
Si ritornarna a dare verdure, oltre a far loro bene li tiene impegnati e li distrae da un altro passatempo ben più pericoloso per l'allevatore: quello di beccarsi tra loro le piume, con le conseguenze che si accennava sopra.
E' questa la ragione per cui gli inglesi, che per di più hanno il problema della colorazione artificiale, da iniziare verso la ottava settimana di vita, ingabbiano da soli i soggetti più promettenti ai fini espositivi. Senza arrivare a tanto, conviene però tenere distratti i giovani anche con spaghi di canapa pendenti dal tetto della gabbia e sorvegliare il comportamento dei più aggressivi, specie verso sera quando litigano per accappararsi il posatoio, onde eventualmente isolarli.


Ernesto Benussi