Il nuovo editoriale dal titolo ""PASSIONE ARRICCIATI "" - a disposizione gratuita dei nostri soci e simpatizzanti, nell'apposita sezione Editoriali dell’A.O.E.
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Discussione: Il Coda d’aceto (A.Capecchi)

  1. #1
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    Il Coda d’aceto (A.Capecchi)




    Il Coda d’aceto Estrilda caerulescens (Vieillot) 1817
    Alamanno Capecchi

    Il Coda d’aceto è Specie monotipica dell'Africa centro-occidentale con areale che si estende dalla Repubblica centro africana al Senegal (Howard and Moore).
    Il piumaggio non è appariscente ma gradevole. Il colorito di base è grigio
    lavagna con toni lievemente più chiari sulla gola e sulle guance. Groppone,
    coda, basso ventre e sottocoda: rosso vinoso. Sui fianchi sono presenti, e
    irregolarmente disposti, alcuni puntini bianchi. Redini nere. Becco nerastro
    con sfumature perlacee. I sessi sono simili. Nei giovani il colore rosso degli
    adulti è sostituito da bruno rossastro. Lunghezza totale: cm 11-11, 2.



    Vita in natura

    Predilige praterie disseminate di cespugli e alberi, spostandosi continuamente alla ricerca di piccoli semi di erbe in fiore, ma soprattutto di insetti, di cui in
    prevalenza si nutre.
    Nel periodo riproduttivo i maschi ingaggiano spesso violente zuffe per la
    conquista delle femmine.
    I nidi sono costruiti nel folto della vegetazione a non grande altezza dal suolo. Uova deposte: 4-6. Periodo d’incubazione: circa 13 giorni. I nidiacei allevati con insetti ed alimenti vegetali, raggiungono in breve l'indipendenza. Anche nei periodi dell'anno non dedicati alla riproduzione i Coda di aceto integrano l'alimentazione ordinaria, a base di grani e sostanze vegetali fresche, con prede vive.

    Riproduzione in cattività

    Qui di seguito quanto riportato da alcuni autori.

    Menassé
    La riproduzione in cattività — tentabile in voliera — è molto difficile e solo
    pochi allevatori sono riusciti a conseguirla; anche riuscendo ad ottenere lo
    svezzamento di qualche nidiata, è facile che i giovani nati periscano al
    sopravvenire della cattiva stagione. La somministrazione di prede vive a volontà è indispensabile nel periodo dello svezzamento
    ”.

    Orlando
    Qualche volta si è riprodotto con successo in schiavitù, ma purtroppo
    abitualmente si limita alla costruzione del nido ed alla deposizione delle uova
    senza completare l'incubazione. I nidiacei sono estremamente delicati e
    muoiono facilmente ai primi freddi
    ”.

    Eoli

    Riproduzione: molto difficile in cattività. Il più delle volte le coppie si
    limitano alla costruzione del nido e alla deposizione delle uova, senza portare
    a termine la cova
    ”.

    Gentili

    Riproduzione: Molto difficile nelle gabbie domestiche, più facile in voliera”.

    Cristina

    In voliera è spesso indaffarato a costruire nidi e qualche volta depone le uova,ma senza portare a termine l'incubazione”.

    de Baseggio

    Si riproduce in cattività, meglio in voliere che in gabbie spaziose”.

    Maranini

    Un allevatore fiammingo ( Verlooy, 1971) ha ottenuto la riproduzione un grande aviario esterno munito di piante sempreverdi, e i polli, nati dopo 12 giorni di incubazione, sono vissuti soltanto due settimane nonostante la coppia avesse nutrito la nidiata esclusivamente con insetti, presenti numerosissimi tra le piante dell’ aviario”.

    Mignone

    Dopo aver trascritto quanto riportato in proposito su testi affidabili inglesi
    « ... apparently has nested in captivity » (apparentemente ha nidificato in cattività), aggiunge: “Nonostante ciò, a me risultava ottenuta per certo la riproduzione in cattività già nel 1954

    H. Bechtel

    « In cattività nidifica sicuramente se la voliera ha una fitta vegetazione ».

    M. M. Wriendes

    Si riproducono bene e regolarmente, particolarmente se non ci sono altri uccelli della stessa specie nella voliera”.

    D. Alderton

    Nidificano piuttosto facilmente”.

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  2. #2
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    Il Coda d'aceto - seconda parte

    Esperienza personale

    Da un mio articolo, in parte modificato, scritto molti anni fa per “Avifauna”.
    Osservazioni e considerazioni su un caso di nidificazione di Coda d'aceto Estrilda caerulescens)
    Quante volte, nel passato, questa ormai cronica passione per l'ornitologia mi ha spinto a soffermarmi, anche durante la cattiva stagione, davanti ai negozi dei rivenditori di uccelli per osservarne l'interno attraverso le vetrine. Quante volte ho ammirato nelle grandi gabbie allineate sui trespoli immagini ormai consuete.
    I " civettuoli” Becchi di corallo dagli occhi truccati di rosso; gli eleganti Cordonblu; i Guancia arancio, piccoli e scodinzolanti pagliacci; i vispi Ventre arancio, così minuscoli e sempre in movimento, e gli appariscenti Amaranto maschi.
    Tutti, o quasi, con le loro penne a posto e in buone condizioni di salute.
    Tra questi, qualche volta, dei poveri irascibili esserini, agitati e miseramente spiumati: i Coda d'aceto.



    Quel loro aspetto così miserando non invogliava certo all'acquisto. Quando con il passare dei giorni mi soffermavo a guardarli provavo un senso di pena, apparivano sempre più nudi e con le ali cadenti e tremanti, alla continua ricerca di qualcosa che non potevano trovare. Poi non li vedevo più.
    Molti anni fa ne acquistai uno in perfetta forma. Eravamo, mi sembra, verso la fine di settembre. Lo tenevo libero nello studio: al posto della gabbia un cestino addobbato con fiori e foglie finte, un piccolo nido di vimini e due vaschette per il cibo e l’acqua. Si era affezionato così tanto al cestino che se lo prendevo per il manico e lentamente uscivo dalla stanza, vi volava sopra entrando nel nido.
    Si mantenne sempre in ottime condizioni di piumaggio; poi una mattina, sul finire dell'anno, lo trovai morto all’interno del nido.
    Quasi tutti i libri di ornitocoltura, reperibili in lingua italiana, trattano il Coda d’aceto.
    Tutti più o meno concordano sulle difficoltà di acclimatazione e di mantenimento legate alla delicatezza propria della specie, alla particolare alimentazione e al bisogno di ampi spazi. Discordi sono invece i pareri sulle possibilità di riproduzione in cattività, una volta superati gli altri ostacoli.
    Sono abbastanza pessimisti Eoli, G. Mandahl - Barth, M.G. Peyrot-Maddalena, Orlando, Cristina e Menasse.
    Di parere diverso, Bechtel che testualmente dice: «In cattività nidifica sicuramente se la voliera ha una fitta vegetazione ».
    D'altra parte non c'è appassionato di ornitologia pratica che non conosca per esperienza le profonde differenze che spesso si riscontrano nelle caratteristiche e nel comportamento di alcune specie allevate direttamente se confrontate con quelle riportate per le stesse, nelle descrizioni di testi anche autorevoli.
    Senza prendere in considerazione le gabbie, vere e proprie prigioni, anche disponendo di ampie voliere ricche di verde, queste sono chiaramente dissimili tra loro per forma, vegetazione, microclima e tutte con un habitat
    profondamente diverso da quello dove vivono gli uccelli da noi allevati.
    E' logico che in un ambiente così diverso da quello originale, per condizioni atmosferiche, vegetazione, alimentazione e materiali per i nidi, giochino un ruolo determinante la resistenza fisica e le capacità di adattamento dei singoli individui.
    I libri di ornitocoltura che sono l'espressione delle proprie e delle altrui esperienze non possono che risentire di questo stato di cose.
    Per questo descriverò dettagliatamente un caso di nidificazione di Coda d’aceto: per aggiungere una pietruzza al grande mosaico.
    Nel febbraio del 1979 acquistai, insieme ad altri piccoli estrildidi, quattro Coda d'aceto, gli unici che aveva il rivenditore, tutti ben impiumati e in buona salute; due per me e due per un amico. I miei due li misi in una gabbia, neppure tanto grande, con altri sei piccoli ospiti; una coppia di Cordon blu, una di Becchi di corallo e una di Amaranto.
    Li alloggiai in una stanza non riscaldata e somministrai un vitto spartano; un miscuglio per esotici del quale mangiavano solo il panico, sostanze calcaree e saltuariamente alcune gocce di un polivitaminico nell' acqua. All'inizio della buona stagione fornii anche semini immaturi di erbe prative. Apparentemente non risentirono di questa alimentazione priva d'insetti. Liberati, alla fine della primavera insieme a molti altri uccellini, in una grande stanza a tetto, con il soffitto rustico in laterizio e travicelli, rivelarono, però, subito la loro preferenza per il cibo vivo.
    In continuazione ispezionavano travi e travicelli, appesi a questi con l’abilità dei Paridi, o, attaccati alla parete con l'abilità di un Picchio muraiolo, cercavano tra le crepe del legno e l’asperità dell'intonaco grezzo, minuscoli animalucci.


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  3. #3
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    IL Coda d'aceto - terza parte

    A metà ottobre li collocai in una gabbia di cinquanta centimetri di lunghezza e li trasferii in una stanza non riscaldata dove trascorsero l'inverno. Benché la
    temperatura fosse tutt’altro che ottimale (in certe mattine il termometro sfiorava zero gradi centigradi) e l'alimentazione carente ( semi secchi, vitamine, sabbia e sostanze calcaree) superarono abbastanza bene la stagione critica.
    Solo nel febbraio inoltrato la femmina perse progressivamente buona parte delle piume del collo e del dorso e in certi momenti apparve leggermente sofferente.
    La deplumazione fu spontanea perché, nonostante le ristrettezze del contenitore, regnò sempre un perfetto accordo.
    Poco dopo il venti di marzo del 1980 li alloggiai nella grande voliera esterna ricca di verde, di piante spontanee e d’insetti. Il rimpiumo della femmina fu lento e si protrasse fino ai primi di agosto.



    Verso la fine della seconda decade dello stesso mese, su una biforcazione di un ramo di un arbusto sempre verde, a circa un metro e quaranta dal suolo, in un punto bene in vista e abbastanza scoperto, iniziarono la costruzione del nido che li impegnò per una settimana. Ad opera ultimata risultò molto diverso da quello degli altri estrildidi africani. Estremamente voluminoso rispetto alla mole dell'uccellino, aveva forma ovale e, quantunque riunito in un unico corpo, era formato da tre parti distinte; nido vero e proprio, corridoio di accesso e nido supplementare con apertura laterale. Nell'insieme ricordava un volto barbuto con un solo occhio in fronte.
    Interessante e certamente rara tra gli estrildidi (Grzimek) questa caratteristica: il corridoio che immetteva nella camera di incubazione era perpendicolare al suolo con accesso da sotto il nido attraverso una piccola apertura circolare posta sul vuoto. Questa particolare ubicazione costringeva gli uccellini a laboriose manovre per accedere all'interno. Erano infatti costretti a ripetuti tentativi, volando da un ramo all'altro, prima di trovare la posizione adatta per librarsi nell'aria e
    penetrarvi " a razzo ". L'accesso era così ben nascosto con steli di varia lunghezza che solo seguendo la coppia si poteva scoprire, altrimenti si aveva l'impressione, anche per la forma dell'insieme, che vi fosse un solo nido: quello " supplementare ".
    Quest'ultimo fu costruito esclusivamente dal maschio e progressivamente adornato all'interno con gusci di uova e di chiocciole, cosicché, con il tempo prese più l'aspetto di un brutto soprammobile fatto con conchiglie marine che
    di un nido. Fu utilizzato dal maschio per passarvi la notte (prima e dopo la nascita dei piccoli) e durante il giorno da i due membri della coppia, per sostare alcuni secondi, prima di accingersi al difficile ingresso nel nido e alimentare i piccoli. Sembrava seguissero un preciso rituale. Durante la nidificazione, la cova e l'allevamento,si rivelarono non paurosi ed
    estremamente tolleranti. L’occasione fu una gravissima salmonellosi da typhimurium che mi causò gravi perdite, soprattutto tra i Passeri del Giappone i Diamanti mandarino.


    Fui infatti costretto a numerosi interventi: prima per le disinfezioni, per le cure del caso e per cercare e raccogliere gli uccellini deceduti; poi per togliere a più riprese i superstiti (cosa abbastanza laboriosa e difficile) lasciando solo i Coda d'aceto e gli Amaranto, ancora intenti ad allevare la terza nidiata. Lo scompiglio che portai tra gli ospiti, cacciati a lungo con il retino, è facilmente intuibile.
    Intervenni anche due volte, lavorando vicinissimo al nido, per crearvi un riparo dalla pioggia. Malgrado tutto questo continuarono a covare ed allevare i nati. Se mi sedevo fuori della voliera, nei pressi dell'arbusto per osservarli, continuavano nella loro attività senza curarsi minimamente della mia presenza.
    Eppure, a parte queste caratteristiche positive, seguendoli durante il ciclo riproduttivo, notai marcate differenze nelle abitudini alimentari e nel comportamento tra i Coda d’aceto e altri estrildidi africani e che potrebbero, forse, chiarire le difficoltà che si incontrano nella riproduzione di questa specie, anche quando sono stati superati tutti gli altri problemi legati al primo anno di cattività.
    Se dovessi sintetizzare le osservazioni scritte allora risulterebbe quanto segue.

    1) Difficilmente utilizzabili i nidi artificiali per la particolare voluminosità e
    soprattutto forma del nido naturale
    .

    2) Per avere qualche possibilità di riuscita è indispensabile che l'aviario sia molto ampio con piante, fondo naturale seminato in parte a panico e ricco d'insetti e di ragni. Sia perché necessitano di molto spazio dopo l'immobilità imposta dal turno di cova. (Appena usciti dal nido, prima di mangiare, volavano per alcuni minuti da un capo all'altro della voliera, che è lunga venti metri). Sia perché durante l'allevamento dei piccoli, con il passare dei giorni, subentra una sempre più forte competitività nella ricerca e nell'assunzione del cibo, anche quando questo è abbondante, competitività che li spinge ad aggredirsi e inseguirsi reciprocamente disturbandosi a vicenda.
    Che ciascun membro, della coppia agisca indipendentemente dall'altro ne ebbi conferma dal seguente episodio. Un giorno mentre somministravo dei semi, la femmina uscì fuori e per più di tre ore svolazzò tra le piante del giardino in cerca d'insetti, completamente dimentica del nido e del partner. Da parte sua il maschio la ignorò per tutto il tempo, anche quando a più riprese si posò vicinissima alla voliera, continuando ad occuparsi dei nidiacei come aveva sempre fatto.
    Ma il vero grosso ostacolo sta nel risolvere il problema legato al tipo di alimentazione necessario per portare all'indipendenza i nati. A differenza dei Becchi di corallo, Amaranto, Cordon blu, Astri mani, Guancia arancio e Ventre arancio che durante il ciclo riproduttivo ricercavano il cibo prevalentemente a terra e appetivano le tarme della farina, i Coda d'aceto si spostavano in continuazione tra le crepe dei muri, i travicelli, le maglie della rete, le edere e gli altri sempre-verdi con un comportamento che richiamava subito alla mente i Codibugnoli e i Regoli, ignorando le tarme della farina e le drosofile, che avevo provveduto ad allevare nei pressi del nido. Non li vidi mai cacciare le piccole farfalline notturne frequenti tra le piante. Non ebbi neppure la certezza che appetissero le zanzare (maschi) numerosissime tra le foglie della voliera.
    Ghiottissimi invece di ragni al punto di ingaggiare delle vere lotte anche con le grosse Epeire alle quali staccavano e mangiavano in particolare le zampe. Consumavano anche buone quantità di piccole spighe di panico ancora verde.
    Nonostante numerosi tentarvi il risultato fu soltanto parziale.
    Il quindici settembre sentii i pulli per la prima volta durante l'imbeccata e con il passare dei giorni il richiamo, dapprima molto flebile, (è composto da due note distinte e aspre, una più alta e una più bassa, sì da ricordare il rumore di un
    piccolo asse non lubrificato) divenne sempre più forte. Il sei ottobre non sentendoli più canticchiare e constatato che i genitori dopo aver mangiato, invece di entrare nel nido si riposavano su due distinte piante (i1 tempo volgeva ormai decisamente al brutto) decisi di intervenire. Nel nido vi erano due piccoli, uno con il gozzo vuoto, più immaturo, ormai moribondo, e uno apparentemente in perfette condizioni con il gozzo parzialmente pieno al quale però sarebbero occorsi altri quattro o cinque giorni prima di abbandonare il nido. Ben impiumato, di colore molto simile genitori, aveva già sopra la piccola coda alcune penne rosso vinato, solo di poco più smorte rispetto a quelle degli adulti.
    A parte il colore, per la forma della testa e nell'insieme, ricordava molto da vicino un nidiaceo di Amaranto. Tentai di nutrirlo con " pappa " di Epeira (reclamava a gran voce il cibo ) ma già alla sera le feci, all'inizio perfette, si erano modificate denunciando grossi problemi digestivi. Quando il giorno successivo, di primo mattino, mi alzai per imbeccarlo, lo trovai moribondo.


    BIBLIOGRAFIA
    [FONT="Arial Narrow"][I]Bechtel H. 1976 -Il libro degli uccelli da gabbia e da voliera - ed. Muzzio e C., Padova.
    Cristina P, 1969. - Uccelli da gabbia e voliera di tutto il mondo - ed. Hoepli, Milano.
    Eoli P. 1976 - Uccelli da gabbia e da voliera - cd. F.11i Fabbri, Milano.
    Grzimek B. 1971 - Vita degli Animali - Uccelli, vol. 3" - ed. Bramante, Milano.
    Mandahl - Barth e Peyrot 1965 - Maddalena - Uccelli da gabbia e da voliera - ed. SAIE, Torino.
    Maranini N. 1979 - Il Coda d'aceto - Avifauna », maggio-giugno
    Menassé V. 1971 - Enciclopedia dell'ornicoltore - ed. Encia, Udine.
    Orlando V. 1959 - Uccelli esotici - ed. Encia, Udine.
    Ronna E. 1915 - Gli uccelli esotici nei loro costumi - ed. Battiato 'F., Catania.
    Sparks J. - Il comportamento degli uccelli - ed. Mondadori, Milano, 1970.
    Gentili M. 1988 – Uccelli esotici domestici – Ed. Olimpia, Firenze
    De Baseggio G. 1971 – I Ploceidi – Ed agricole, Bologna
    Mignone 1981 - Riproduzione ed allevamento di Estrilda caerulescens (Vieillot)
    (estrildidae - passeriformes) realizzata con esemplari in cattività - Avifauna
    Matthew M. Vriends, 1985 - Uccelli da gabbia e da voliera – A. Mondatori, Milano
    R. Massa, L. Bottoni, C. Violani, 1993 – Lista in lingua italiana degli uccelli di tutto il mondo -
    Università degli studi di Milano
    R. Howard and A. Moore, 1991 – A complete Checklist of the birds of the World – Academic
    Press, London .


    Alamanno Capecchi



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  4. #4
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    Interessantissimo, come sempre. Grazie Professore! :D


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    ex-RNA FOI 76FE

  5. #5

    Altro articolo interessantissimo e dettagliato su una specie affascinante.
    Grazie anche da parte mia!

  6. #6
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    Grazie come al solito per l'interessante articolo, non pensavo che fossero così difficile la riproduzione in cattività. Ho avuto anche loro una decina di anni fà naturalmente senza nessun risultato riproduttivo, solo la gioia di averli in voliera per alcuni anni!!!!! Insieme a tanti altri piccoli esotici africani!!!!

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