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Come è noto, nel 1960 l'esportazione degli uccelli dall'Australia venne proibita per giuste ragioni protezionistiche. Lo studio del comportamento animale era
ancora agli inizi ed i prodotti alimentari disponibili sul mercato non
avevano raggiunto l'elevato standard attuale, per
cui si fu obbligati a ricorrere a qualsiasi mezzo per riprodurre
specie ornitiche delicate e rare. Intervenne a questo punto il Passero del Giappone che, prodotto di reincroci, non è in possesso di specifiche caratteristiche etologiche e non ha espresso caratteristiche semantiche originali nei propri pulii pur avendo (reincrocio sin che si vuole, ma è un uccello) assunto dalle forme parentali ancestrali il carattere appreso dell'accettazione e del riconoscimento della prole in funzione del luogo in cui questa si trova, e cioè il nido (per la discussione, cfr. TRUFFI, 1980). Si adatta così con estrema facilità a covare
le uova e ad allevare i piccoli di tutte le specie di Astrildidi a becco grosso ed anche
alcune di quelle a becco sottile che pure gli sono filogeneticamente
meno vicine.
Decisivo,
perché l'allevamento abbia luogo, è l'impiego di Passeri del Giappone che abbiano uova o piccoli allo stesso stadio di sviluppo di quelli
dei quali devono prendersi cura. E'
però consigliabile sostituire le loro uova e trasferire ad altri i loro
piccoli ad evitare che la stessa coppia debba dedicarsi contemporaneamente
all'allevamento dei propri nidiacei (che sarebbero immancabilmente meglio
alimentati ed accuditi, almeno in linea di larga massima) e di quelli
di altre specie. Da quando, l'allevamento dei diamanti australiani si
è rivelato economicamente positivo, le coppie
di riproduttori vengono isolate ed alloggiate in gabbie da cova (a volte
anche piuttosto anguste) ponendo loro a disposizione nidi rudimentali
in cui le femmine depongono uova che vengono regolarmente sottratte
e passate alle balie per la cova e lo svezzamento, procedimento che
provoca una ovideposizione più numerosa di
quanto non si verificherebbe se i genitori naturali dovessero accudire
alla propria nidiata.
E'
questo uno dei motivi per cui negli allevamenti
amatoriali di uccelli esotici si incontrano facilmente tanti ibridi
con il Passero del Giappone,
dovuti il più delle volte al caso.
E'
chiaro che le positive caratteristiche di domesticità
evidenziate hanno fatto del Passero
del Giappone un soggetto ideale per l'ibridazione amatoriale.
Quasi sempre sono state impiegate le femmine,
proclivi alla deposizione senza difficoltà alcuna, accoppiate a maschi
di altre specie, tutte però appartenenti alla famiglia degli Astrildidi. Le
vecchie notizie risalenti ad oltre cinquant'anni
fa (e mai più riconfermate) relative ad avvenute ibridazioni con il
Canarino domestico e forse altri uccelli del genere Serinus
appaiono in verità scarsamente credibili. Elencare
le ibridazioni ottenute di cui esiste traccia nella letteratura (non
in tutti i casi affidabile) non è cosa semplice
e fatalmente si corre il rischio di presentare dati incompleti oppure
di prestare a certe notificazioni, necessitanti di verifica, più credibilità
di quanto nella realtà non meritino. Praticata
anche negli allevamenti italiani, tanto è vero che alle esposizioni
vengono presentati F 1 di notevoli caratteristiche che giustamente
ottengono lusinghieri riconoscimenti, l'ibridazione del Passero del
Giappone si è sviluppata in tre differenti
direzioni. La
prima, con precisi intendimenti
scientifici e sistematici (scuola tedesca, e molto dobbiamo in questo
senso al Russ, che se ne occupò alla
fine del secolo scorso) per stabilirne le origini. La
seconda (scuola tedesca in
un primo tempo, successivamente olandese e
danese ed ultimamente ancora tedesca) volta alla ricostruzione di soggetti
monocolori scuri e con nette squamature sulle
parti inferiori allineate e precise come previsto dai più rigorosi standards
di eccellenza, anche se forse attualmente un po' lontani dallee
realtà di allevamento tanto è vero che i criteri di giudizio tedeschi
prevedono in ogni categoria sia soggetti con disegno sia a ventre chiaro
e non disegnato. La
terza, di scuola latina (se
così si può affermare, dato che assolutamente nulla di concreto è stato
fatto se non lasciando che il caso si sbizzarrisse a suo piacere) si
è sviluppata senza alcuna finalizzazione razionale e tendendo a produrre
ibridi ai soli fini espositivi, appaganti sotto il profilo estetico,
giudicati in relazione alla maggiore o minore
estrinsecazione delle caratteristiche delle specie che hanno contribuito
alla loro realizzazione. Analizziamole in dettaglio. Allevato
dai giapponesi sin dagli inizi del 1700 (e in un tempo relativamente
breve arrivarono a selezionarne oltre quaranta varietà, tutte abbastanza
stabilmente fissate) e di probabile provenienza cinese, il Passero del Giappone fece la sua prima comparsa
in Europa ad una esposizione inglese nel 1860. Successivamente
il Russ
ne importò alcune coppie in Germania negli ultimi anni dell'ottocento
e ne curò l'allevamento, rendendolo se non popolare almeno abbastanza
conosciuto con il pubblicarne note pertinenti su una rivista amatoríale
da lui diretta. Per lungo tempo si è ritenuto che all'origine avessero contribuito incroci fra specie e sottospecie asiatiche e persino africane, quali il Domino Lonchura punctulata ed il Becco d'argento Lonchura malabarica cantans, dato che questi uccelli sotto certi aspetti presentano caratteri fenotipici di disegno e colore che richiamano abbastanza da vicino quelli del Passero del Giappone. Da qui la tesi ancora oggi diffusa di " uccello artificiale ".
La
letteratura è invece attualmente concorde nell'affermarne
la diretta discendénza dal Cappuccino
a coda lunga Lonchura striata, anch'esso
da lungo tempo presente allo stato captivo
negli allevamenti amatoriali asiatici.
Il
Cappuccino a coda lunga presenta
un'ampia suddivisione in sottospecie e razze geografiche, che hanno
tra loro differenze più o meno marcate. Le stesse variazioni si riscontrano
nel disegno scuro del Passero
del Giappone e non furono inizialmente notate forse perché
nei primi ottant'anni del suo allevamento
come uccello da gabbia tutte le attenzioni
erano dedicate a produrre soggetti pezzati di bianco. Con la
domesticazione tutti gli animali manifestano prima
o poi uno schiarimento del pelo o delle penne perché non necessitano
più di protezione mimetica in quanto già protetti dall'uomo. Originariamente
si ebbero solo alcune parti del piumaggio di colore bianco che a seguito
dell'allevamento di selezione si estesero sino allo schiarimento totale
con tutte le gradazioni intermedie, da una preponderanza delle zone
di colore scuro ad una preponderanza di quelle chiare.
La
forma tipo, Lonchura striata striata
(Linneo 1776), è superiormente, compreso testa
e collo, di colore quasi esclusivamente nero bruno mentre inferiormente
presenta un crema luminoso che a distanza può apparire quasi bianco.
Esistono
varie sottospecie, di cui alcune endemícamente
insulari, come Lonchura striata fumigata (Walden
1873) delle isole Andamans e Lonchura striata semistriata (Huma
1874) delle isole Nicobar, con il groppone
scuro ed altre, tutte continentali, con il groppone chiaro,
come Lonchura striata acuticauda (Hodgson
1836) in cui il piumaggio nero bruno del dorso viene interrotto solo
scarsamente da piccole striscioline chiare longitudinali. Forse per
il disegno, ma più sicuramente per ragioni geografiche, le forme subspecifiche
con il groppone scuro parrebbero a mio avviso non essere state usate
dai cinesi per la selezione del Passero del Giappone,
ma piuttosto, oltre a Lonchura striata acuticauda,
anche Lonchura striata subsquamicollis
(Stuart Baker 1925)
il cui areale di diffusione confina con la Cina
e Lonchura striata swinhoei
(Cabanis 1882) endemica della Cina meridionale.
Sono
entrambe di colore cioccolato, soprattutto al collo, e presentano
su tutto il piumaggio una maggiore striatura. Le parti inferiori sono
decisamente grigio bruno. In complesso sono di colori più tenui
ed il groppone è spruzzato di grigio. L'aspetto generale è piuttosto
monocorde e Lonchura striata subsquamicollis
si differenzia da Lonchura
striata swinhoei per il groppone ancora
più chiaro, simile a quello di
Lonchuraa striata acuticauda. Queste
differenze di disegno e di intensità di colore
ritornano nella semi totalità dei casi nella maggior parte dei Passeri del Giappone
e si possono ancora ritrovare abbastanza riconoscibili nei soggetti
pezzati di chiaro. Pezzati più scuri mostrano
al collo piume brune più chiare e sono generalmente molto chiari sull'alto
petto e nella parte bassa del collo. E' ancora sufficientemente distinguibile
una striatura diritta grigio bruna. Se invece i Passerí del Giappone fossero derivati (cosa che a mio avviso non è)
dalla forma tipo, le zone attorno alla gola e sul groppone avrebbero
dovuto essere prevalentemente bianche ed il groppone anche scuro monocolore,
come abbiamo ricordato in precedenza accennando alle varie forme subspecifiche.
Il groppone dei pezzati con colore di base scuro è di solito lavato
di grigio. Si
può ragionevolmente quindi concludere che gli
antenati ancestrali si limitino (più che a Lonchura striata acuticauda ) a Lonchura striata subsquamicollis e Lonchura striata swinhoei, mentre invece tutte le
deviazioni di colore o disegno sono da ricondursi a mutazioni spontanee
oppure ad incroci con altre specie, che ancora oggi esercitano nella
discendenza la loro influenza sulle caratteristiche del fenotípo. Nei
primi decenni dell'allevamento del Passero
del Giappone
la tendenza dei selettori era orientata a far riprodurre i soggetti
importati dal Giappone cercando di ottenere sfumature di colore diverse
e più chiare. Si ebbe così la creazione di varietà
ormai ben codificate, dal bruno al giallastro al crema al nero diluito
ai pezzati, sino al bianco. Successivamente si è venuto da anni delineando l'orientamento ad eliminare nuovamente
il bianco delle pezzature e la diluizione di colore per ritornare a
soggetti completamente scuri. Su base selettiva la cosa però si presenta
difficile, dato che si tratta di invertire la tendenza (dopo un secolo
di allevamento) che aveva prodotto uccelli
in cui il bianco (più o meno esteso e regolare) era quasi sempre presente.
In un primo tempo si pensò di procedere, per il " reincrocio all'indietro ", con le diverse sottospecie
di partenza ma ben presto questa strada venne
abbandonata dopo Fu
ritenuto quindi opportuno, ed in parecchi casi positivamente gratificante,
l'introdurre sangue nuovo procedendo in direzione di
accoppiamenti con specie filogeneticamente
vicine (per un esame più approfondito cfr.
RADTKE 1979). Senza entrare in questa sede in una
analisi tecnica dettagliata dei risultati ottenuti e delle verifiche
da questi scaturite, argomenti che dovranno comunque essere oggetto
di discussione sulla stampa specializzata e che prima o poi bisognerà
affrontare per uscire dal generico e sviluppare, acquisendo nel nostro
bagaglio di cognizioni le esperienze conseguite all'estero, un corretto
lavoro finalizzato di specializzazione, mi limiterò ad accennare che
gli ibridi ottenuti ai fini della ricostruzione della tipicità non presentano,
all'occhio del profano, né pregi né caratteristiche particolari ed in
sede espositiva sono scarsamente interessanti ( se il giudicante è padrone
della materia li valorizzerà nelle voci appropriate della scheda) mentre
invece possono costituire materiale validissimo in allevamento per il
miglioramento dei ceppi, anche se la fertilità in F 1 riscontrata (
ma assolutamente non generalizzata) nei maschi è pressoché nulla nelle
femmine ed è quindi giocoforza continuare l'allevamento in R 1, accoppiando
i maschi con Passeri del Giappone
femmina o, più raramente, con femmine della specie parentale.
Gli R i presentano buona fertilità anche nelle femmine ed è quindi possibile procedere ad accoppiamenti compensativi e meglio indicizzati soprattutto per quanto si riferisce al tipo, dato che gli ibridi ottenuti possono a volte essere migliorativi ai fini del colore e del disegno ma quasi sempre presenteranno caratteristiche debordanti per la sagoma, troppo affusolata in alcuni casi e troppo raccolta ed arrotondata in altri, e per la posizione assunta, quasi sempre eccessivamente eretta sul posatoio. A titolo di informazione ricordo che i giudici olandesi considerano non fra gli ibridi ma come Passeri del Giappone i risultati dell'accoppiamento con le varie forme di Lonchura striata (VAN DEN MOLEN 1971) . Gli
R 2 e gli R 3 sono totalmente fecondi in entrambi
i sessi. Le ibridazioni conseguite ai fini sopra accennati sono state ottenute per lo più con specie asiatiche del genere Lonchura (i Cappuccini) e precisamente (almeno per quanto a mia conoscenza) con: Cappuccino del Borneo Lonchura fuscans, Cappuccino a ventre ondulato Lonchura molucca, Cappuccino montano Lonchura kelaarti, Cappuccino di Giava, Lonchura leucogastroides, Cappuccino triste Lonchura tristis, Cappuccino a testa bianca Lonchura maja, Cappuccino a testa nera Lonchura malacca, Cappuccino tricolore Lonchura malacca atricapilla, Domino Lonchura punctulata.
Poco
interessanti, poiché di taglia ridotta, gli ibridi con la Nonnetta Lonchura cucullata e con la Nonnetta nana del Madagascar Lonchura nana (quest'ultima il più delle volte impiegata senza coerenti finalizzazioni). Il ROBERTS
( 1989) e così pure il RADTKE ( 1989) ci parlano di F 1 ottenuti con
la Nonnetta bicolore Lonchura bicolor e con la Nonnetta maggiore
Lonchura fringílloides
sull'esistenza dei quali avevo in precedenza avanzato
riserve (TRUFFI 1982) che ora mi pare però doveroso ammettere meritevoli
di ripensamento dopo la comunicazione giuntami ( Forgani,
com. pers. ) che
nei primi mesi del 1982 si è avuta in un allevamento amatoriale dell'Emilia
- Romagna la schiusa di tre pulli figli di
Nonnetta maggiore maschio e Passero
del Giappone femmina.
Di non spiccate caratteristiche anche gli ibridi ottenuti
con il Becco d'argento Lonchura malabarica cantans e con il
Becco di piombo Lonchura malabarica malabarica,
interessanti però per l'armonica fusione delle sfumature di colore della
livrea, disturbata da una più o meno vistosamente presente tacca gulare bíanchíccia bordata di nerastro,
ed a mio parere più che accettabili per quanto si riferisce al tipo. La
letteratura ( ROBERTS 1982, RADTKE 1985) dà notizia di
altre ibridazioni con il Diamante
pappagallo Erythrura psittacea, il
Gola tagliata Amadina fasciata ed il Cordon blu Uraeginthus bengalus, che
cito per dovere di cronaca ma che sono senz'altra
poco comuni e non mi risultano sino ad ora presentate in Italia. BIBLIOGRAFIA
Ali S. and
Buchan J., 1981 - Foreign Birds, exibítion and menagement, Saiga Publishing, Hindhead. Cheng T.H., 1976 - Distributional
list of Chinese
Birds, Academia Sinica, Peking (testo in cinese).
Molen (van den) D.J., 1971 - Moineaux du Japon unicolores, Le Monde des Oiseaux, 26 (7).
Domestizierte Prachtfinchen, Albtecht Philler, Minden. Roberts M.F., 1979 - Society finches, T.F.H., Neptune
Cíty.
Truffi
G., 1980 - Il Diamante mandarino, S.A.F.E. Edizioni Zootecniche, Udine.
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