Il nuovo editoriale dal titolo ""PASSIONE ARRICCIATI "" - a disposizione gratuita dei nostri soci e simpatizzanti, nell'apposita sezione Editoriali dell’A.O.E.
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Discussione: Di Valli in Valli

  1. #1
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    Di Valli in Valli

    Di Valli in Valli, un modo per trascrivere alcune pagine del “Il Canto de gl’ Augelli” di Antonio Valli da Todi, un modo per far conoscere gli insegnamenti e i consigli di un esperto ornitologo-allevatore di 411 anni fa. Insegnamenti e consigli antidiluviani che vi faranno sorridere. Ma io vi posso assicurare, che quando frequentavo le prime classi della scuola elementare, quasi una ottantina di anni fa, e cominciavo a tenere in gabbia i miei primi passeri, i vecchi cacciatori, senza conoscere il Valli, mi dicevano le stesse cose.

    Iniziamo con l’ampollosissima dedica.

    All’ Illustrissimo, e Reverendissimo S. Patron mio colendissimo, Il Signor
    Cardinal Rusticucci.
    Al discreto, e saggio Mercadante, illustrissimo, e Reverendissimo Signore, che raccolte, e messe insieme diverse sue mercantie, e ricchezze fa disegno di portarle in diverse parti del Mondo, acciò più s'accrescano le sue facoltà, fama, e riputatione, fa di megtieri d'una buona e sicura nave, e però prese diverse sorti li legni, e fattone scelta và cercando esquisiti maestri per fabricarla, della qual dopò lungo tempo vedendone il desiato fine, e volendola porre in acqua per esseguir il suo desiderio, è solito avanti si metta nel già determinato, camino dar, il nome della nave, e mettervi stendardo di qualche Prencipe, talche essendo poi in camino scorgendovisi il stendardo di esso vien rispettata da tutti; suol ancor raccomandarla, e dedicarla a qualche Santo, o Santa suoi, devoti e protettori, a' quali poi sempre, e particolarmente quando si trova in qualche perigliosa fortuna con sospetto di naufragio raccomanda la nave con tutte le sue ricchezze e mercantie, e anco la vita istessa, e di tutti li naviganti, che in essa si trovano. Non altrimenti Illustrissimo, e Reverendissimo Signor essendomi caduto in pensiero dopo lunga fatica, e esperienza dì dar in luce à dilettamento de studiosi, e virtuosi la presente dichiaratione di sessanta sorte d'ucelli esperimentati che cantano, con il modo di pigliarli, allevarli, cibarli, ammaestrarli, domasticarli, e guarirli delle loro infirmità, con venti sorta di Caccie con le sue figure naturali (cosa non più intesa ne data in luce da veruno) per totalmente compirla, e mostrar al vivo, quanto più sia possibile le figure d'Ucelli, e Caccie, che in essa si contengono, ho fatto scelta dell'egregio M. Antonio Tempesti Fiorentino, col’industria, e virtù del quale ultimamente già si è compilata, e ornata l'opra conforme al mio ,desiderio. Hora avendola da esporre nel mare della volontà di diversi lettori, avanti esca fuori, confidato nella benignità, clemenza, e autorità idi V. S. Illustrissima e Reverendissima, come quella si suoi dilettar di simil cose, mi sono arrischiato indrizzarglila, e dedicarglila rendendomi sicuro, che sebene sarà continuamente in detto mare, travagliata, sindicata, nondimeno scortovi l'Illustrissimo e Reverendissimo suo nome, cesserà ogni procella e fortuna de malevoli. Nacciagli dunque Illustrissimo e Reverendisimo S. accettarla sotto la sua ombra, e protetione, che il tutto l'aggiongerò all'infinitissimi obblighi, che tengo a V. S. Illustrissima, e Reverendissima, alla qual bacio reverentemente le Sacrate vesti.
    D. V. S. Illustrissima, e Reverendissima Humil.mo e dev.mo Ser.te, Antonio Valli, da Todi.

    Proemio
    Dicono i Savii, che qualunque vuol trattare d'alcuna cosa, deve co-minciare dalla prima Origine di quella, acciò più agevolmente possa esser inteso il mezzo, e il fine. E ciò non facendo rende poca satisfattione a chi l'ascolta, che non può interamente comprendere, e più se stesso con¬fonde, mentre si vol sforzare di far capace altrui, ,di quella cosa, che egli medesimo con, difficoltà può esprimere. Dovendo io dunque trattare del modo di governare tutte sorte d'Uccelli, quelli cioè, che si tengano nelle gabbie, più nell'Ucelliere per pigliarsi diletto di loro piacevoli canti, e suavissime voci, m'havevo preposto nell'animo di voler minutamente nar¬rar l'origini, .e natura loro: Ma visto, che sopra, di ciò sarebbe ogni fatica stata vana massime non potendo dire finalmente altro che quello hanno Aristotile, Plinio, Alberto Magno, e altri Auttori, che hanno scritto la vita dalli Animali, o veramente quello, ch'ingegnosamente, non s'habbiano fabulato i Poeti. M'è parso di valer più chiaramente, con più brevità che sia possibile trattare solamente del modo, che s'habbia a tenere per pigliarli, nutrirli, e governarli, secondo le loro qualità, e sapere alcun difetto in natura, conoscer l'infermità d'Ucello, per Ucello, così di nido, como di quelli che si prendono nelle Rete, overo l'allevati, e come si habbiano à reggere per mantenerli sani con bona dispositione; più come s’habbiano a aiutare nelle loro infermità, di che s'habbino a pascere, di che pasto, in che tempo se gli habbino a mutare, o crescere, come s'habbiano a conoscere i maschi, dalle femine per l'elettione di migliori, più parmi ,ch'importi più che questo alla salute delli Ucelli, e che non habbiano a cavar molto, maggior profitto, quelli, che si dilettano di tenerli, di questi mia fatiga, della quale se nè dà il sapore. — Valete. —

    Dell' ordine dell' opera
    CAPITOLO I
    Essendo la cognitione delli Uccelli sè necessaria à coloro, che se ne delettano, mi parve essere cosa conveniente scrivere di quella il modo, e trattato del numero di sessanta sorte di Ucelli che cantano, e servano, e anco di Vinti sorte di Caccia, con suoi segreti bellissimi esperimentati e acciò brevemente ciascuno potesse imparare in quello quel che conviene all'intelligenza, e natura de gli ucelli, e anco che altri scrittori habbino trattata questa medesima materia. Però la differenza stà in questo, che gl'altri trattarno più principalmente la Theorica di quella dèchiarando quello .che apparteneva all'intelligenza di queste cose; ma qui presupposta la Theorica, solamente si tratta la vera ,pratica, e esperienza, ch'è più certa, e ferma dell'altra, alla quale tutto questo s'indrizza, e ordina. Hora l'ordine che terremo, sarà d'Ucello, in Ucello già trattando, e eleggendo prima quelli, c'hanno più soave canto, e ar¬monia. Tra, quali tutti, parmi sia, e è di comun consenso il Rossignuolo, l'origine del quale non pretendo qui contare (come di tutti gli altri) per esser favolosa e materia più tosto de Poeti che di veri Scrittori; lasciarò dunque le favole, e apparecchiarommi a trattare non quello che li Poeti, altri Scrittori m'hanno insegnato, ma si bene quello, che dalla longa pratica, e esperienza di sedeci anni continui hò esperimentato, e potuto conoscere.

    Tra una settimana la seconda parte delle cinque previste.
    Ultima modifica di Fabio Musumeci; 02-03-12 a 21: 31
    Alamanno Capecchi


  2. #2
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    Errore

    Mi sono accorto di un errore di battuta. Per favore vi prego sostituire “… di un esperto ornitologo-allevatore di 511 anni fa” con “ … di un esperto ornitologo-allevatore di 411 anni fa” grazie
    Alamanno Capecchi


  3. #3
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    Seconda parte

    Del Rossignuolo
    CAPITOLO II
    Il Rossignuolo è un Ucello notissimo per tutto il Mondo, e da Latini chiamato Philomena; il canto del quale è sì suave; che meritamente ottiene il primo luogo fra tutti gli uccelli da spasso. E quest'Ocello viene dalle parte di Levante, e arriva in queste parti verso il giorno della Santissima Annuntiata, continuando alli 25 d'Aprile in circa. Il suo venire o passaggio, ciò è secondo la stagione fredda, o calda; essendo calda si sogliono travar i nidi con figli verso l'ultimo di Maggio, e sogliono far quattro, e cinque figliuoli, e detta sorte d'Ucelli habita in lochi freschi, opachi, e ombrosi, appresso qualche bosco folto, e in questi luoghi la Rossignuola suol far il nido, come anco in qualche cespo d'arbore, o fratte ben folte, e continua a far detto nido, per tutto il mese d'Agosto; e gli Augustini sono megliori de gli altri, per essere più calidi. — Il solito, è di far doi, e tre nidi l'anno, non essendo molestati; è necessario tenerlo appresso à un Boscareccio, acciò faccià il suo naturale, altramente farà versi stravaganti, e volendoli levar dì Nido li metterete in un fondo di fiasco, o cosa simile col medesimo nido, o in una medesima cosa, copren¬doli acciò non eschino, né gli si pieghino le gambe e così li nutrirete col cuore fatto a pezzetti della grossezza d'una penna da scrivere, otto o dieci volte il giorno e si terranno in detto luogo coperti, fin tanto che si potranno regger bene in piedi, poi si metteranno in gabbia, e quando vorranno magnar da se stessi, ve n'accorgerete, che vi levaranno il cuore dal stecco; e così pigliando poi di detto core netto da pelli, nerbo, e grasso a guisa della grossezza d'una noce, l'attaccarete a detta gabbia per co¬noscer il maschio dalla femina, del che v'accorgerete, che mentre il ma¬schio ha magnato si tira in alto,e comincia a ciangottare movendo sotto la gola, e alcuna volta con velocità scorre la gabbia, ma la femina è più posata, e non fa niente in quel principio, e non ci è altro segno più naturale de nidacei. — Il sopra detto Ucello subito che arriva in que¬ste parti si piglia una franchitia, ,overo luogo, e non vuole che in esso ci entri altro Rossignuolo che la sua femina, e venendoci altri Rossignuoli si danno, e si mette a cantare nel mezzo ,di detto loco, e il suo nido lo fa un tiro di sasso lontano dove canta; e mai canta vicino al suo nido dubi¬tando de serpi, o altri animali, che gli ritrovino il nido; e quando saranno usciti del nido, presi con ragna, saran megliori delli altri, e si domesticaranno come nidaci e cantano tutto l'inverno.
    Per conoscere il maschio de' Boscarecci, si conoscerà a mezz'Aprile, per tutto Giugno, che haverà il fondamento sollevato, e l'occhio più grosso, la testa più grossa e tonda, becco più grosso e longo, gambe più grosse, il coderizzo più largo con una linea in mezzo, qual par sparti il coderizzo in doi parti; et la femina ha la testa piatta, becco corto, minuto l'occhio, piccolo coderizzo, più aguzzo e il fondamento piatto. — Per conoscer il Rossignuolo dal Cipriotto, che è ;simigliante a lui overo Petto Rosso, che i nidaci si simigliano tutti tre insieme ne' colori delle penne, il Rossignuolo proprio ha da dichiarar questa parola (ziscra, ciscra) che gli altri ucelli non fanno così, e molti si sono gabbati in questa maniera. Il nido di Rossignuolo è di foglie d'arbore, e dentro scorze de vita e vitabbia; in gabbia ben tenuto arriva la sua vita a anni dieci.

    Per far cantare il Rossinuolo presto
    CAPITOLO III.
    Bisogna haver le bacchette foderate di roverso verde, e per esser solito di praticar molto dove fanno herba, chiamata muschia, ho esperimentato con mettere un grano di muschio con bambace nelle cannuccie foderate, che quell'odore li ha mosso di tal maniera il canto, che lassava il magnare, ma quando è in amore il tenercelo 'continuo li fà danno, provarete e goderete l'esperienze fatte e essendo troppo grasso li darete spesse volte de' vermi palombi doi o tre alla volta, e non più acciò non li causi danno, e questi lo smagriranno. Li sopradetti vermi si trovano fra la farina, o vero semola, e di questi se li darà a 'mangiare tre volte la settimana, fin tanto che smagrirà, e l'inverno si deve mantenere, un poco grasso.

    Alamanno Capecchi


  4. #4
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    Terza parte

    Del Canario
    CAPITOLO VIL
    Il Canario e Ucello simile e poco più grosso, è del color del Verzellino, è tanto simile, che molti si gabbano; ma la differenza è, che il Canario ha più longa la coda; è ucello focosissimo, nasce nelle parti di Canaria, e non se ne può haver se non sono portati in queste parti. L'Isola di Canaria, altrimenti dette Isole fortunate, che in quelle tanto è la notte, quanto il giorno, luogo e paese temperatissimo, e non se ci conosce inverno, e per essere detti paesi tanto temperati il Canario a rispetto dell'altri ucelli, raddoppia la calidezza dell'altri ucelli e il canto suo non ha paro: la gorgia dura tanto, ch'è impossibile à credersi, e ucello duro e sano, e suol campar quindici, e vinti anni come ho ritrovato, e esperimentato da quelli che se n'è tenuto gran cura e diligenza. — Si mantengono sempre con un cibo solo, cioè panico, o canapuccia, avertendovi, che se il detto Canario venendo da quelle parti, sarà avezzo a magnar panico, se li darà panico, se canapuccia, canapuccia, perché mutandoli dal solito cibo facil cosa sarebbe a dargli danno. Se li darà spesso della bieta, che è herba rinfrescativa, o vero crespigni, che rallegra assai.
    Il Canaro maschio sarà giallo intorno al mento, e al petto.
    Si trovano anco de Canarii bastardi scesi dalli naturali nell'Isola dell' Elba, in questo modo, che venendo una nave di Canaria per queste parti, patì naufragio nelli scogli di detta Isola, e portando molti di questi ucelli se ne vennero in detta Isola, dove si trovano, e sono della grossezza della Lecora, ma più gialli assai nel mento ,ch'il Canario naturale, e ha i piedi negri, e questo sarà il maschio de bastardi. Il panico sarà meglior d'ogni altro cibo.


    Del Caponero
    ,CAPITOLO IX.
    Il Caponero fra gl'altri ucelletti di gabbia è di natura allegro, di canto soavissimo, e dilettoso di vista sopra modo, vago, e gratioso, fà il suo nido due volte l'anno; cioè la prima, nell'ultimo di Maggio e la seconda di Agosto e fa in arboscelli, e siepi d'edere è lauri; e alcune volte s'annidano, chi più presto è chi più tardi; li lor nidi sono di radici d'herbe sottilissime, e anch'ora scorze di vitalbia, ò vite, secondo la commodità de lochi dove s'annidano, e sogliono far tre, quattro, e cinque, figliuoli, e scorrerno volontieri la lor macchia sempre verseggiando nella Primavera.
    I boni son i giovanetti presi alla ragna, quali presi subito se gli legarà le punte dell'ale, acciò non si sbattino, e la pasta sarà la medesima del Rossignuolo, e con core al medesimo modo allevati; e faranno il boscareccio, e pigliaranno .altre sorte de versi de Fanelli imparati, over' altri ucelli e i nidaci imparano tutto quel che gli è insegnato.
    Per conoscere i Caponeri, da Occhicotti, che hanno il medesimo capo nero, e si simigliano, haverà il Caponero dentro la bocca color rosso ac¬ceso, e l'Occhiocotto sarà di color giallo dentro la bocca, e molti si son gabbati in questo. — Questo suol vivere ,cinque, over sei anni se sarà ben tenuto.



    Modo di far cantar gli ucelli
    CAPITOLO LVIII.
    Tutti gli Ucelli sogliono mutar le penne di Agosto per tutto Settembre, e per questo lassano il lor canto insin'à tanto che non hanno purifi¬cato il lor sangue per causa della muta, è bene assicurargli le penne con sbruffarli di vino, non troppo fumoso, e sciuttandole al Sole, causarà tanto prima à qual si voglia à repigliar il canto; e volendo sforzar seme di lino, pignoli, zafarano, doi, o tre fila in beveratoro uno ,di questi per volta, e herba verde continuo, che si rallegri di maniera, che con la caldezza di dentro, con herbe lor naturali, che se li mostraranno se li rappresentarà la Primavera. — E da vertire, che le gabie de ucelli da seme se gli tengano a tutte dentro i beveratori, quali è necessario di tenere netti, e mutargli l'acqua ogni mattina, le gabie vogliono essere grandette, e dargli doi, o tre volte la settimana erba, come si è detto altrove; alli ucelli da pasta, se costuma tenere il beveratoro fuora de la gabia, si costuma bene mettergli alle volte dentro alcuni baratoli con acqua, acciò si possino lavare, e l'Inverno si mette fieno, o paglia interrotta, e l'Estate l'arena. La Nizola di pantano, Prispola, Occhicotti, Capocecera, Perasacco, Graulo, Codozinzole, tutti questi cantano qualche poco, e ponno servire per ucelliera, e sono belli da vedere, per tanto non diremo di loro altro. — Vi è il Golo, che può servire per ucelliera, il suo cibo sarà pasta.
    La Rondinella canta assai, e è mediocre canto, questo non si puol allevare ne mantenere in gabia.
    Alamanno Capecchi


  5. #5
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    Parte quarta.

    Del Pappagallo
    CAPITOLO XXIIII.
    Il Pappagallo è ucello notissimo tra tutti gl'altri ucelli e non si trova ucello simile a lui. — I suoi colori son diversi, e nel dire è perfetto e raro, specificando le parole simile all’ huomo, massime quando sono imparati ,dall'altri. Suol cantar musica insieme con l'huomo, ;contrafar gli animali, chiamar l'arti, che passano, burlar la gente con fischi naturali. Di questo ucello non ne tratterò molto, perché ogn'uno non lo può havere, e tener, perché costano gran prezzo, e vengono ;dall'Indie nove e ve ne sono gran copia, e di diverse ,spetie, suol far il nido in scogli, e luoghi aspri, secondo che ho inteso fanno doi ova, e i nidaci sono i buoni, perchè gl'altri non esprimano bene, sol vivere perfin a vinti anni in circa. Chi vuoi che impari bene è ;di mistiero, che circa un'hora di notte tra la gabbia, chi glinsegna vi sia un specchio; che l'ucello vi sé veda, e creda che sia quello, che parla della ,sua spetie, la voce vuol'essere gentile, e se sarà di donna sarà meglio, ,perché ha la voce più soave, e è ucello più tosto da Principe, che da gentil' huomo. Il suo cibo sarà canapuccia, pane bagnato, mele, ,castagne, pere, roco, e girasole. Il maschio sarà più grosso della femina, è giallo, e rosso intorno al . mento, cioè li naturali. E necessario à quest'ucello accomodargli il beccò spesse volte almeno doi, o tre volte l'anno, e gli darà giovamento, e anco farà un'altro effetto, che non rovinerà le gabbie, secondo che fanno; saranno atti ad accomodargli il becco i gabbiari pratichi, che longo tempo habbino esercitato, è non da novitii, che ci và diligenza, overo da strozzieri, o altri simili, che si dilettano accomodar il becco à ocelli di rapina.


    Del Parrochetto
    CAPITOLO XXV.
    Il Parrocchetto è ucello bellissimo à vedere, e è di penne gialle, ha una coda lunghissima, e è molto meno ,del Pappagallo si della testa, come del becco, viene dalle Parti d'Egitto, e fa medesimamente nelli scogli, e nel resto è conforme al Pappagallo, e è necessario accomodargli il becco al meno ,doi volte l'anno, come si è ,detto del Pappagallo, e non capita se non in mano de Principi, e se ben parla non è pari al Pappagallo, perché suol far un fischio acuto, e non a tutti piace: ma per esser così bello a vedere è desiderato, e è tenuto da Signori. Il suo ,cibo è pan bagnato, castagne, pere, mele, noci, e canapuccia, roco, e girasole, e questo è quanto occorre trattarne. Il maschio haverà intorno al collo la collana di tre colori, e sarà tutto verde, che renderà in giallo. — Ha di vita dodici, o quindici anni in circa, secondo lo diligentia.

    Alamanno Capecchi


  6. #6
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    Quinta parte

    Modo dí guarire I' infermità, che possono
    accadere all' infrascritti ucelli
    CAPITOLO LIX.
    In prima se haverà la podagra mostrara al piede gonfio, scabioso, di color gesso. — Et per guarirli pigliarete radica d'alebro bianco, con acqua fattelo bollire, e così caldo, che si possa soffrire se gli lavaranno li piedi due volte il giorno, per quattro, o cinque giorni, e non volendo detto Ucello pigliarlo nelle mani, con un pennello ontarli il piede, con l'acqua vita, non havendo l'alebro, che gioverà assai.
    Per posteme della testa, pigliarete un ferro della grossezza dell'occhio del detto Ucello amalato, o poco meno con infocarlo, e con detto ferro si percuoterà quel loco, e se sarà acquoso, si sciugarà bene, e se sarà a similitudine di gesso sarà medemamente consumato, ongendolo con sapon nero liquido, over'olio, e cenere calda.
    Sogliono nelle cannuccie dove si posano far pidocchietti, devono esser nette spesse volte.
    Suol venir alcuna volta infermità, o male al Codarizzo, si deve spremere e non tagliare.
    Suoi venire uscite, l'acqua ferrata, o sorbe bollite, overo ,crognali bolliti, l'alessatura sua è bona.
    Sogliono alle volte arrocchire, si pigliarà genzole, fichi, regolitia pista, e facendoli bollire tutti insieme per spatio d'un quarto di hora, e prima che se li dia da bevere questa, li darete nel beveratoro per un giorno intiero un poco di calce viva della grossezza d'una nocchio, e poi lavato l'abbeveratoro vi si porrà dell'acqua pettorale, con un poco di zuccaro e doi giorni, continuata, poi questa, doi altri giorni. o tre suco di bieca, e con questo guarirà.
    Sogliono rompersi alcuna volta la gamba, non è bono se non stoppa, ma pochissima, con un poco d'olio di sasso.
    Alle volte si suol seccar alcuna gamba, bisogna tagliarla avanti che va la più inanti, e con un ferro caldo percuotere detta tagliatura, e ontarla con olio, e cenere, overo sapon negro, liquido, che è contro il foco, che levarà il dolore.
    Alcuna volta sogliono venir bottaccioli all'occhi, li percuoterete con latte di fico, overo schizzarli con scorze di merangolo, o agre¬sta, overo ontarli con acqua d'alebro bianco, o acqua vita per esser cosa diseccativa, toccando con il fuoco sarà più speditiva, se bene col medesimo guarisce.
    Il Fanello di continuo vuol' haver un calcinaccio in gabbia, perché in se stesso, è stitico, e dargli alcuna volta, quando si vede, che si spreme, mostrando non poter andare, un poco di zuccaro rosso, con un filo di zaffarano nel beveratore.
    L'Ucelli sogliono patir di non poter' evacuar. — Si pigliarà una penna ongendola d'olio commune, e ponendola nel sesso due volte il giorno per doi giorni continui, sarà libero, e da qui causa alcuna volta, che si gonfiano per il gran spremito, e causa ancora di cascar del brutto male, per dargli fomenti, e ,alterationi nella testa, e havendo il sopradetto male sarà pugato col darli doi giorni ,suco di bieta nel beveratoro, e la notte posto al sereno coperto, che non li caschi sopra la guazza se sarà d'Estate, e non es¬sendo d'Estate non occorrerà a metterlo fuora, e a tutti gli ucelli che s'allevaranno di nido, osservarete a darli da magnar due, o tre volte in un'hora per il patimento della notte, e in tutto il giorno saranno imboccati otto, o dieci volte e se sono Rossignoli otto volte per esser ucello più difficile alla digestione.
    L'infermità tisica si conoscerà al petto, che sarà molto secco, pigliarete seme di mellone, e zuccaro pisto, sarà posto nel beveratoro con acqua, e acciaccarli la canapuccia la metterete con seme di mellone trito avanti, e a qualsivoglia sorte d'ucelli, che si darà, farà servitio.
    Quando poi li vedarete malinconici li metterete un filo di zaffarano nel beveratoro, che lo rallegrerà assai, e gli darete anco delle crespigne, che è cosa che rallegra.
    Per sanar l'asma a qualsivoglia sorte d'ucello che spesse volte aprisse la bocca una volta appresso l'altra, li guardarete intorno alla lingua, che non ci fosse attortigliato alcun nerbetto, o altra cosa sommessa, nettar ben d'intorno, e di poi pigliarete un baiocho d'ossimele con penna, e li gocciarete dentro della gola due, o tre goccie, e l'altro nel beveratoro incorporato con acqua chiara per doi giorni continui lo lasserete stare, che in questo tempo guarirà.

    --------------------------------------------------------------

    Chiudo qui questo breve ricordo del “Il canto de gl’ Augelli”, opera rarissima del “misterioso” Antonio Valli da Todi. Sappiamo soltanto che “Il canto de gl’Augelli” piacque al novarese Giovan Pietro Olina che lo copiò, senza riguardo per allestire il testo del suo libro “Uccelliera” suscitando le critiche dei posteri. Tra i tanti riporto le parole di Alberto Bacchi Della Lega, tratte da “Caccie e costumi degli uccelli silvani”
    “L'Olina saccheggiò il libro del Valli da indiscreto. Prese i rami che gli fecero comodo, specialmente quelli delle caccie: prese l'ordinamento del testo, come si può vedere confrontando le due tavole delle materie. Di più ripeté gli insegnamenti dell'uccellatore todino, senza poi darsi la briga di cambiarne le parole ma però senza fargli l'onore di ricordarlo una volta sola. Basta confrontare alcuni passi dell'uno e dell'altro autore, perché il lettore vegga e giudichi. Ab uno disce omnes… “
    Alamanno Capecchi


  7. #7
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    Per finire

    Nel capitolo intitolato “Modo di far cantar gli ucelli”, il Valli riporta nomi “strani” come: Nizola di pantano, Capocecera, Graulo e Codozinzole.

    Piccola ed innocua domanda: quale è il vero nome di questi quattro uccelli?
    Alamanno Capecchi


  8. #8
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    Ci provo: Migliarino di palude (Nizola di pantano), Sterpazzola (Capocecere) e Ballerina (Codozinzola)...il Graulo mi sfugge
    Leo



    Uccello in gabbia, o canta per amore, o canta per rabbia...

  9. #9
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    Bravo!!! Bel colpo: tre centri su quattro!!! Con questo aiutino il quarto centro è sicuro.
    Attenzione: piumaggio appariscente. Alcuni dicono: sembra un esotico… ma non è il gruccione
    Alamanno Capecchi


  10. #10
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