L'ORTOLANO
Emberiza hortulana, Linneo 1758

di Giorgio Truffi

I CARATTERI DISTINTIVI

Uccello noto a tutti, ornitofili e, almeno tempo addietro, gastronomi, l'ortolano è uno zigolo di piumaggio elegante per il delicato accostamento di toni e di colori.
Lungo 16,5 cm, ala 8,8, coda 6,7, tarso 2,1, del peso medio di gr. 25 (la femmina ha dimensioni e peso lievemente minori) il maschio adulto in inverno ha vertice e nuca fra il gtigiastro e il verde oliva, parte posteriore del collo verdastra tendente al bruno, dorso, groppone e sopraccoda bruno giallastri, mantello e scapolari nerostriate, timoniere brunastre tendenti al nero con frangiature e stretti margini esterni castani o fulvicci.






Redini, rime palpebrali, gola e manto giallo fulvicci pallidi; auricolari, stria ai mustacchi, parti laterali del collo ed alto petto verde oliva; rimanenti parti fulvicce o giallastre. Becco carnicino, gambe e piedi brunastro rossicci. In estate, per abrasione, la testa, la nuca e l'alto petto sono più grigi. La femmina è simile al maschio ma con toni in generale più sfumati e più offuscati.

I giovani hanno solitamente la testa più rossiccia e l'anello palpebrale biancastro anzichè giallo.

Il pulcino ha abbondante piumino bianco sporco lavato di rosso fulviccio. L'interno della bocca è rosso vivo senza macchie. I margini esterni sono color crema.





LA DISTRIBUZIONE

La specie è monotipica (Dementiev e altri, 1954, e Vourie, 1959) anche se il Brichetti (1976) parla della «sottospecie» presente in Italia come estiva e nidificante, probabilmente, in contrasto con la rimanente autorevole letteratura, attribuendo valore sottospecifico alla forma locale edisabethae segnalata in Mongolia nel 1944 dal Johansen e posta poi in sinonimia della forma tipo da tutti gli autori successivi.
Distribuita inegualmente in Europa dal 68° N al Mediterraneo, con esclusione dell'Islanda, della Gran Bretagna (dove è rarissima), delle isole del Mediterraneo occidentale e centrale (presente invece a Cipro ed a Creta) e dell'Italia meridionale dove anzichè estiva e nidificante è piuttosto di solo passo ed in qualche raro caso forse residente invernale; abita anche l'Asia Minore, la Persia, la Palestina, l'Afganistan, la zona della Transcaucasia e degli Urali sino alla Mongolia. In Africa è presente nelle zone settentrionali (dove però non nidifica ma passa su larghi fronti) ed a sud del Sahara sino all'Abissinia.





In Italia l'ortolano è estivo e nidifica nelle regioni centro settentrionali ed in alcune parti del meridione (Calabria, vedi Di Carlo 1961) mentre nel resto della penisola pare essere di solo passo.

L'affermazione del Brichetti che la specie è sporadicamente invernale nelle Puglie, pur avendo forse origine da una citazione del Di Carlo, non trova conferma nel dettagliato studio del Di Carlo stesso condotto su quella regione, anche se già nel 1913 l'Arrigoni degli Oddi scriveva, cosa d'altronde già affermata dal Giglioli (1907) con cauta formula dubitativa, essere la specie svernante nelle zone meridionali d'Italia e in Sicilia, affermazione che forse, almeno per quanto si riferisce alla Sicilia, era probabilmente ripresa dal Doderlein (Avifauna del Modenese e della Sicilia, Palermo 1869-74) che testualmente scriveva essere l'ortolano
«..stazionario nelle provincie meridionali dell'Isola», cosa non confermata dai più recenti studi avifaunistici locali che danno la specie come di passo, principalmente in primavera, e molto scarsa localmente (Massa, 1976) e più specificatamente ci dicono che
«... per quanto sia scritto un po' dappertutto che questa specie è invernale in Sicilia, non ci è mai stato dato di incontrarla nei mesi della brutta stagione. In ogni caso si tratta di specie molto scarsa da noi». (Sorci, Massa e Cangialosi, 1972).
In Sardegna l'ortolano se presente è comunque raro (Arrigoni degli Oddi 1913, Giglioli 1907,<c.. a quanto pare manca in Sardegna», Baliani 1910.



E' certo che anche più recentemente non è stato notato nella zona di Olbia nè in quella delle Bocche di Bonifacio dal Moltoní e dal Tornielli. Per quanto concerne le isole italiane minori, è estivo e nidificante nell'arcipelago Toscano (Moltoni e Di Carlo, 1970) e di passo alle Egadi (Sorci, Massa e Cangialosi, 1973), alle Pelagie (Moltoni, 1970) ed a Pantelleria (Moltoni, 1973). Sconosciuto altrove, anche se al riguardo delle isole Eolie e di Ustica il Moltoni 41970) ipotizza che da queste isole debba passare.



D'altro canto, gli studi relativi ( del1'Aloja per quanto si riferisce ad Ustica e di Moltoni e Frugis, oltre ad un esame del1'Allavena localizzato alla sola Panarea, per quanto si riferisce alle Eolie) non ne danno conferma. Sconosciuto per le rimanenti isole. A Malta solo di passo ma scarso, con frequenza maggiore in occasione della risalita primaverile, cosa che d'altro canto concorda con le affermazioni del Massa (cit.) per quanto si riferisce alla Sicilia.

L'HABITAT E LA NIDIFICAZIONE

Nonostante il nome, raramente lo si incontra negli orti o nei giardini.
Predilige terreni aperti e collinosi, cespugliati, vigneti, margini di boscaglie, stoppie e pascoli di altopiano.

Dalla prima metà di maggio in poi, la sola femmina costruisce un nido a coppa con erba secca e sottili radici, tappezzato di radichette più fini e talvolta di crini animali. La nidificazione avviene di norma presso il suolo fra i cespugli, sulle rive dei fossi, nei campi ed ai margini dei campi; eccezionalmente, ci dice Geroudet, su di un arbusto.





Recentemente una comunicazione di Meda e Frigerio (1977) ha riproposto all'attenzione il fatto che, in Lombardia dove queste piante avevano un tempo un'ampia diffusione (necessario alimento, la loro foglia, per il baco da seta), gli ortolani nidificavano anche sugli alberi di gelso, abitudine che pare ora essersi persa anche localmente (anche se i due autori ci dicono che questo tipo di nidificazione è stata accertata ancora nel 1975) data l'attuale rarefazione di questa coltura.





Riproposto, dicevo, perchè la cosa era già stata segnalata da circa quarant'anni (1939) dal Trapletti che in un suo manualetto pratico lapidariamente diceva:
«... Nidifica da noi, generalmente sui gelsi, più in pianura che sui monti...».
E' al riguardo interessante osservare che questo tipo di nidificazione non è sino ad ora stato riportato dagli Autori, i quali tutti (indipendentemente dalla zona geografica presa in esame) concordano nell'affermare che l'ortolano costruisce il proprio nido sul terreno o, al più, in qualche raro caso su bassi cespugli in prossimità del suolo.

La cova, cui provvede per lo più la sola femmina, inizia dopo la deposizione dell'ultimo (in qualche caso del penultimo) uovo e si protrae per un periodo oscillante dagli 11 ai 14 giorni. La colorazione delle uova varia dal bianco bluastro al rosato, al grigio rossiccio, al ruggine, in ogni caso can macchie scure rotonde e strie nerastre o brune, come quelle di tutti i congeneri.
Dopo la schiusa i piccoli, nutriti da entrambi i genitori per lo più con alimentazione insettivora ma anche con semi di piante erbacee, lasciano il nido a circa due settimane di età.




Generalmente vengono effettuate due covate di 4-6 uova ciascuna.
Durante il periodo della cova il maschio canta da una prominenza del terreno che può anche distare parecchio dal nido (sino a 40 - 50 m) e quando va a1 nido non scende direttamente sul suolo nelle vicinanze di questo ma cala a terra ad una certa distanza, percorrendo poi a piedi l'ultimo tratto.

IN CATTIVITA' E ALLE MOSTRE

Sull'ortolano in cattività esiste una copiosissima letteratura classica, risalente ancora al periodo in cui di questo uccello si faceva allevamento non amatoriale, ornitofilo, ma gastronomico.
Delle pagine del Bacchi della Lega è stata recentemente curata una ristampa, di quelle del Savi, che ne descrive le catture con le reti, e dell'Olina, anche, grazie alla sensibilità ed al gusto di quell'estroso artista che fu il Ferriani (manco a dirlo, ci rimise un sacco di quattrini), ristampa a sua volta purtroppo pressochè introvabile ed incanalata ormai nel mercato della speculazione antiquaria.
Degli altri, dal Tirabosco all'Alberti al Tanara al Guarinoni, nomi entrati, e giustamente, a far parte di quell'empireo di cui poco si sa ma di cui tutto si vorrebbe conoscere, giungono a noi soltanto frammenti e citazioni, essendo le poche copie esistenti dei loro volumi ben custodite in fortunate biblioteche.





Il Messadaglia (1954), in una decina di gustosissime pagine, ci fa fare un salto all'indietro nel tempo riportandoci, con passione di storico, di filologo e di letterato, all'epoca dei «fasti degli ortolani in Italia», fasti purtroppo di solo tipo pantagruelico, cui diedero avallo i nomi prestigiosi di quei due cuochi da leggenda che furono lo Scappi e il Brillat-Savarin.

Per fortuna, fortuna degli ortolani, la legge sulla caccia in Italia opera in modo che da quasi cent'anni la specie è salvata dalle massicce catture di un tempo dato che, particolarmente sensibile al freddo, l'ortolano abbandona il nostro paese in agosto e quando comincia il passo degli altri uccelli, che grosso modo coincide con l'apertura della caccia, è già passato e ricompare da noi, con il ripasso primaverile, con fortunato ritardo e a caccia chiusa, da aprile ai primi di maggio.

Vive bene in cattività, sia in gabbia che in voliera purchè quest'ultima sia fornita di unriparo per la cattiva stagione, dove' si alimenta con granaglie che per altro tendono a farlo ingrassare, soprattutto in gabbia, ad un punto tale da rendergli difficile il movimento.




E' opportuno somministrargli, ogni volta che lo si vede ingrassare troppo, una miscela composta di semi condizionatori, farina di granoturco, pochissimo granulato e verdura tritata finemente. Così alimentato porta bene a termine la muta (precoce: fine luglio, agosto) ed anche un ricambio parziale delle piccole piume che, unico fra tutti gli zigoli, effettua da gennaio a marzo.

In cattività l'ortolano può talvolta andare soggetto al fenomeno del melanismo presentando, più o meno uniformemente, piumaggio molto più scuro del normale, probabilmente a causa dell'influenza che sia l'alimentazione che agenti esterni quali temperatura e stato igrometrico possono avere, in alcuni individui predisposti o particolarmente sensibili, sul funzionamento delle ghiandole surrenali.
Va comunque notato che tale fenomeno colpisce in misura preponderante i soggetti sottoposti alla chiusa ed in ambienti umidi e non quelli ospitati in voliere.

Non mi sono noti casi di avvenuta riproduzione in cattività e non trovo traccia nella letteratura, e tanto meno sono a conoscenza, di casi in cui l'ortolano si sia ibridato.
Per amore di cronaca ed a solo titolo di curiosità ricorderò che il Menassè, nel suo «Trattato enciclopedico di canaricoltura» del 1974 dice, parlando di ibridi con la canarina, che questa con gli Zigoli (anche l'ortolano è uno zigolo) da «.., ibridi molto interessanti; con questo incrocio si può dare al canarino una forma più slanciata».
E non aggiungo commento.

Per quanto si riferisce alle mostre, un'unico consiglio di carattere pratico: prima di presentarlo è opportuno porlo in un ampio contenitore che gli possa consentire un comodo esercizio di volo e somministrargli almeno per due settimane l'alimentazione più sopra accennata, in modo da poterlo portare in piena forma, slanciato ed affusolato, e non appesantito dal grasso che gli farebbe prendere sul posatoio una posizione goffa ed accovacciata.
Non c'è da dire altro se non ricordare che alle mostre il soggetto non compare spesso perchè relegato nel limbo degli uccelli che non fanno premio e giudicato su di una pressapochistica scheda valutativa valida per tutte le specie ornitiche europee (dal lucherino quindi al capovaccaio) che forzatamente, proprio per l'estensione della sua validità, non serve a niente se non a consentire un giudizio globale e sommario, tale da giustificare almeno formalmente la spesa del prezzo dell'ingabbio.

Alle nostre mostre (AON) lo si incontra spesso e viene giudicato, tenendo conto delle caratteristiche dello standard e della stagione in cui viene presentato, nella categoria degli zigoli italiani, in competizione quindi solo con i suoi congeneri nidificanti sul territorio nazionale.

Giorgio Truffi



BIBLIOGRAFIA
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