GLI ANIMALI NELL'ANTICA ROMA
(Da " Il posto degli animali nel pensiero umano " di Evelina Martinengo)
Roma, la città eterna, comincia con una storia di animali. Per quanto più-lungi nel passato si possa risalire oltre la supposta data della lupa umanitaria, i suoi discendenti non saranno mai espulsi dalla grotta capitolina, nè cesseranno i bambini (l'unica autorità degna di nota quando si tratta di leggende) di credere che quel meraviglioso impero che fu poi Roma, non sarebbe mai esistito senza l'opportuno intervento di una bestia amica!
La fama della Lupa mostra quanto avidamente l'umanità afferra qualsiasi fatto naturale, vero o favoloso, che paia stabilire una parentela fra tutte le creature. Roma fu altrettanto orgogliosa della sua lupa quanto lo fu di dominare il mondo. Gli annali storici riguardo agli animali non sono brillanti. Le crudeltà dell'arena non macchiano i primi ricordi romani : il più antico esempio provato di un combattimento di bestie feroci risale solo al 186 A. C. ed anche dopo che era iniziata questa pratica non arrivò subito alle proporzioni mostruose dei tempi posteriori. Quando la passione per gli spettacoli dell'arena fu al suo punto culminante, i Romani sentirono un enorme interessamento per gli animali : infatti vi furono dei momenti in cui non pensarono ad altro.
Era un interessamento accompagnato da indifferenza per il loro soffrire : si può dire che sia stato peggiore che una totale mancanza di interessamento. Se l'unica attrazione di questi spettacoli fosse stata la loro crudeltà, dovremmo conchiudere che i Romani tutti erano afflitti da una rara, ma non sconosciuta forma di pazzia. La stessa cosa era in gran parte vera per le lotte dei gladiatori. Fino ad un certo punto, ciò che attirava la gente a questi giuochi era quello che oggi ancora 1' attira ad una gara di foot-ball o di scherma. Oltre questo punto, e solo oltre di esso, entrava in azione l'elemento che fa dell'uomo una tigre, ma per lo più ciò avveniva inconscientemente. Roma doveva essere tutta un vasto giardino zoologico e la visita agli strani animali era il primo dovere dei forestieri. Pausania rimase profondamente impressionato dai « tori etiopici che chiamano rinoceronti » ed anche dai camelli indiani di colore simile a quello dei leopardi. Egli vide pure un daino tutto bianco che gli tornò alla mente quando vide dei merli bianchi sul monte Cilene in Arcadia. Come fosse possibile eseguire il trasporto di queste masse di animali destinati all'arena, rimarrà sempre un mistero. Per l'inaugurazione del Colosseo venivano massacrati cinquemila animali feroci e seimila domestici ; nè è questo il numero mas• simo per un'occasione simile. Probabilmente una gran parte degli animali era
mandata dai governatori di provincie lontana, che volevano conservarsi il favore delle autorità centrali. Ma una gran quantità ne fu anche importata da speculatori che li vendevano al miglior offerente o al più influente. Chiunque mirava al potere politico o semplicemente ad essere ascritto al « gruppo degli eleganti » spendeva delle somme enormi per i giuochi pubblici : in quanto a volgare ostentazione il ricco mondo romano eclissava le imprese dei moderni milionari. Se qualcuno lo credesse impossibile, gli raccomando di leggere nel Satyricon di Petronio la relazione delle feste da farsi da un duce della moda per nome Tito. Non soltanto dei gladiatori, ma anche un gran numero di liberti dovevano prendervi parte : non sarebbe stata una miserevole farsa, ma una vera carneficina ! Tito era così ricco da potersi permettere un lusso simile. Roma nei suoi giorni più grandi si era gloriata di questi spettacoli : come poteva essere patriota un uomo che si opponesse a costumi che seguirono le aquile romane in tutto il mondo ? Quante volte da allora si è preteso che patriottismo significasse estinzione del senso morale !
Uno degli spettacoli più piacevoli del circo era quello degli animali ammaestrati. Benché i presentatori di cotesti animali siano oggi talvolta accusati di crudeltà, non si può negare che il pubblico che va a vederli è composto precisamente di quelle persone che più amano le bestie.
Tutti i bambini se ne dilettano perché ai lori intelletti essi appaiono una conferma della credenza fortemente istintiva nascosta nell'anima di ogni bambino, che vi è fra uomo ed animale una differanza molto minore di quella che i benpensanti adulti ritengono : ciò fa parte del segreto sapere dell' infanzia, che ha la sua origine nell'infanzia del mondo. I cavalli ed i buoi erano gli animali generalmente ammaestrati a fare degli scherzi : ma i più abili tra tutti gli artisti animali erano naturalmente i cani. I leoni addomesticati costituivano uno dei tanti esempi delle predilezioni aberranti nell'antica Roma. I cagnolini maltesi diventano un flagello : Teofrasto, nel ritratto di un elegante insopportabile, ricorda che questi fa scrivere sulla pietra sepolcrale che ricopre il suo cane prediletto : « Maltese puro ». Molti erano gli uccelli che cadevano vittime del desiderio di tenerli rinchiusi in gabbie riccamente ornate, nelle quali si lasciavano morire di fame, dice Epitetto, piuttosto che adattarsi alla schiavitù.
Il canarino, che si adatta più facilmente alla cattività, rimase sconosciuto 'sino al sedicesimo secolo quando fu portato in Italia. Vi -erano invece i pappagalli, ma i pappagalli romani non vivevano a lungo. I pappagalli di Corinna e di Migliore, che avrebbero dovuto vivere un secolo o almeno avere la fortuna di morire di dolore per la perdita dei loro padroni (come fece un. pappagallo che io conobbi) godettero fame e fortuna per un tempo così breve come il passero di Lesbia. Il pappagallo di Migliore non solo aveva delle brillanti penne verdi, ma anche molte preziose qualità che ci sono descritte dall'amico del suo padrone, il poeta Stazio. Una volta si trattenne metà della notte ad un ban-
chetto, saltando da un ospite ad un altro e parlando in modo da eccitare una grande ammirazione, prese anche parte alla mensa, ma la mattina seguente mori. Il poeta Stazio fu rimpoverato per aver mostrato tanta gentilezza di sentimenti per un ....pappagallo ! Il critico aveva ragione in una cosa : la gentilezza di sentimenti c'è d'avvero ; ma chi sa quale compagno può essere un uccello, apprezzerà queste patetiche parole : « Tu non ti sentivi mai solo, caro Migliore, con la gabbia aperta davanti a tè! ». Ora la gabbia è vuota: è la « gage sans oiseaux » che Victor Hugo pregava gli fosse risparmiato di vedere. E qualungue sia la morale di tenere gli uccelli in gabbia, è pur vero che poche cose sono più tristi che la vista di una dimora vuota, muta, che ieri era ancora piena di amore svolazzante.
Cicerone dice che distinzione principale tra 1' uomo e gli animali è che questi guardano solo il presente, prestando poca attenzione al passato ed al futuro : mentre l'uomo guarda avanti e indiero, pesa causa ed effetti, costruisce delle analogie ed esamina tutta la via della vita preparando le cose necessarie per percorrerla.
Espresso nel tono dell'ottimismo antico invece che in quello del pessimismo moderno, il giudizio è identico a quello del Burns nei suoi versi ,al topo campagnolo :
« E pure tu sei benedetto in mio confronto ! Solo il presente ti tocca : ma ahimè ! io rivolgo il mio occhio indietro su tristi prospettive ! E innanzi, benché non possa vedere, io congetturo e temo ». Ed è anche uguale a quello del Leopardi nel suo canto di un Pastore errante nell'Asia :
« O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai !
Quanta invidia ti porto ! »
Dovunque vengono fissati i limiti dell'intelligenza degli animali, rimane indiscutibile per 1' uomo l'obbligo di trattare umanamente le creature senzienti. Questo riconosceva Marco Aurelio quando scriveva l'aureo precetto : « In quanto agli animali che non sono dotati di ragione.... poichè tu hai la ragione ed essi non l'hanno, serviti di essi con spirito generoso e liberale ».