Iniziamo dicendo che ci sono due termini molto ricorrenti quando si parla di mutazioni:
• fenotipo
• genotipo
Il fenotipo non è altro che l'insieme di tutte le caratteristiche estetiche visibili su ogni individuo, quindi il suo aspetto esteriore.
Il genotipo è invece l'insieme di caratteri genetici che ogni individuo ha nel suo DNA, cioè il suo bagaglio genetico ereditato dai genitori.
Quando si parla di "soggetti ancestrali" ci si riferisce a quegli esemplari che nel loro fenotipo manifestano tutte le caratteristiche che la specie ha nella sua forma selvatica, cioè quella che esiste in natura. I soggetti selvatici puri hanno fenotipo e genotipo ancestrali, sia esteriormente che geneticamente essi sono portatori dei caratteri tipici della specie, in cattività non sempre è così, un ancestrale può essere portatore di uno o più dei tanti geni mutati, che causano le mutazioni che sono state selezionate in cattività.
Quando si può definire "mutato" un esemplare?
Quando esso, oltre che nel genotipo, manifesta la mutazione pure sul suo fenotipo, andando a distinguersi rispetto al fenotipo ancestrale.
Le mutazioni attualmente riconosciute nel DdG si suddividono in:
• recessive autosomiche
• recessive legate al sesso
• a dominanza incompleta legata al sesso
• a dominanza completa o incompleta autosomiche.
Ma non si possono apprendere a pieno questi concetti senza prima fare accenno ai cromosomi, perché tutte le informazioni che regolano la disposizione e la distribuzione dei pigmenti sono "scritte" proprio nei cromosomi.
Nell'organismo sono presenti due tipi di cromosomi:
• quelli sessuali che determinano il sesso e la differenza fenotipica (dimorfismo) tra i due sessi
• e quelli autosomici, liberi da vincoli sessuali.
I cromosomi sono sempre appaiati (coppia cromosomica), ed ogni esemplare eredita il 50% dei cromosomi paterni e il 50% dei cromosomi materni, quindi ogni coppia di cromosomi è composta da un cromosoma del padre e uno della madre.
Entrambi i tipi di cromosomi, sia quelli autosomali che quelli sessuali, possono contenere le informazioni che riguardano le caratteristiche genetiche ed estetiche di ogni soggetto.
Quindi ci sono cromosomi per ogni tipo di caratteristica, comprese quelle estetiche, che sono quelle che ci interessano.
Quando il gene mutato si trova in uno solo dei cromosomi, della coppia cromosomica, il soggetto viene definito "eterozigote", se invece i geni mutati si trovano su entrambi i cromosomi il soggetto viene definito "omozigote".
• In caso di mutazioni recessive gli eterozigoti non sono altro che i cosiddetti "portatori", cioè quei soggetti che apparentemente sembrano normali ma che hanno nel loro DNA le informazioni per trasmettere le mutazioni, mentre gli omozigoti sono i cosiddetti "mutati", cioè quei soggetti in cui la mutazione è evidente.
• In caso di mutazioni dominanti gli eterozigoti sono i cosiddetti "singolo fattore", cioè quei soggetti in cui le caratteristiche della mutazione si sono combinate al 50% con quelle ancestrali e la differenza è solo parzialmente espressa, mentre gli omozigoti sono i cosiddetti "doppio fattore", cioè soggetti in cui la mutazione è pienamente espressa al 100%.
Approfondisco anche il concetto di cromosomi sessuali.
A differenza dei mammiferi, in cui il "sesso forte" a livello genetico sono le femmine (cromosomi X,X) e i maschi il "sesso debole" (cromosomi X,Y), negli uccelli sono i maschi ad avere la coppia cromosomica sessuale più forte (Z,Z), e le femmine quella debole (Z,W).
Come abbiamo detto anche nei cromosomi sessuali possono risiedere geni mutati, il meccanismo ereditario è lo stesso (un cromosoma del padre ed uno della madre) ma, dato che solo il cromosoma X può ospitare tali geni, gli effetti sono diversi.
Quindi solo i maschi possono essere eterozigoti (X ancestrale + X mutato) o omozigoti (X mutato + X mutato), mentre le femmine possono essere solo normali (X ancestrale + W) o mutate (X mutato + W).
Più avanti riprenderemo e approfondiremo ulteriormente tali concetti.